LE ORE DELLA PASSIONE



 Per avere invece  le rivelazioni del Padre ad Eugenia Ravasio 
dovete scrivere  ad :  "Associazione  Dio è Padre" Casa Pater   cap  135-67100 -  Aquila - . email:    avemaria@armatabianca.org
sito:www.armatabianca.org

vi faccio sapere inoltre che  chi vuole i libri di Luisa Piccarreta in forma cartacea ed in offerta libera può  richiederlo chiamando a questo numero 3881934654(wind)





PREGHIERA DI SANTA GERTRUDE che può liberare mille anime dal purgatorio e salvare mille anime ancora viventi sulla terra, dalla dannazione eterna 

Nostro Signore disse a Santa Geltrude la Grande che la seguente preghiera libererebbe mille anime dal Purgatorio ogni volta che venga detta con amore.
La preghiera è stata poi estesa anche ai peccatori viventi.



Eterno Padre, io offro il Preziosissimo Sangue del Tuo Divin Figlio, Gesù, in unione con le Messe dette in tutto il mondo, oggi, per tutte le Anime sante del Purgatorio per i peccatori di ogni luogo, per i peccatori della Chiesa universale, quelli della mia casa e dentro la mia famiglia.
Amen 

PREGHIERA DI SANTA GERTRUDE che può liberare mille anime dal purgatorio e salvare mille anime ancora viventi sulla terra, dalla dannazione eterna MODIFICATA DA GIUSEPPE MESSINA

Eterno Padre io ti offro per mezzo di Maria il preziosissimo sangue del tuo Divin Figlio ,Gesù, le sue piaghe,lacrime,il suo cuore trafitto,la sua passione atto per atto e delle 24 ore, tutti i suoi meriti e atti, in unione con le Messe dette in tutto il mondo oggi e nell’eternità,per tutte le anime del purgatorio,per i peccatori di ogni luogo, per i peccatori della Chiesa universale, per quelli della mia casa e dentro la mia famiglia , amen, e la offro a nome di tutti, nella Divina Volontà .

 (questa preghiera lo modificata per arricchirla di piu’ grazie immense ; aggiungendo la parola  finale  :”nella Divina Volontà” metto tutta la preghiera dentro la Divina Volontà e Gesù la sentirà  ovunque perchè la divina volontà si trova ovunque come dice Gesu’ a Luisa Piccarreta ed in vece di dire:  ” in unione a tutte le messe che si celebrano ora nel mondo” io dico : in unione  di tutte le messe nell’eternità” per me  e molto meglio perchè l’offerta del prezioso sangue  di Gesù l’ offriamo in unione a tutte le messe passate ,presenti e future che sono  di numero  maggiore  di quelle  che dice  santa Gertrude e ho aggiunto anche  l’offerta di tutto quello che Gesù è ed ha ed ha fatto come :” il cuore suo trafitto sgorgante sangue ed acqua come sorgente d’infinita misericordia per noi e le sue santissime piaghe la sua passione atto per atto  che ha sofferto in tutta la sua vita  e la sua passione  finale delle 24 ore perchè leggendo tutte le rivelazione  degli altri Santi come ,Margherita Alacoque sul cuore di Gesù, di Maria Marta Chambon sulle santissime piaghe  di Gesù, di Santa  Faustina Kowalska sulla passione di Gesù , di suor Amalia sulle lacrime di Maria, e le rivelazioni  sulle 24 ore  della passione di Luisa, mi sono reso conto  che ogni cosa che  Gesù ha fatto e patito  è importante per ottenere  tutti  i tipi di grazia  che ci abbisognano).


        IMPORTANTISSIMO

"CREDO CHE GESU' VOGLIA DARE ANCHE IN ALTRI PUNTI DEL MONDO LA STESSA ACQUA MIRACOLOSA DEL DIVINO VOLERE E DELL' INFINITA MISERICORDIA DI GESU' ,PERO' SOLO A QUEI FIGLI DEL DIVINO VOLERE CHE CON FEDE INDEFETTIBILE PORRANNO NEL LUOGO CHE LE INDICHERA' NEL CUORE LA DIVINA VOLONTA' :
1) L'IMMAGINE DELLA MADONNA DEL DIVINO VOLERE DI PORTO EMPEDOCLE ( LA FOTO CHE C'E' NEL MIO BLOG CON LA MADONNINA DI LOURDES ED IL PORTO DI PORTO EMPEDOCLE),

2) IL GESU' MISERICORDIOSO DI VILNUS  CON LA PREGHIERA SOTTO :"GESU' INFINITAMENTE MISERICORDIOSO, CONFIDO E SPERO IN TE,DONAMI LA TUA VOLONTA' IN TUTTI I MIEI ATTI E PRENDITI SEMPRE LA MIA , NELLA DIVINA VOLONTA'. POI SOTTO SCRIVERE IL MIO BLOG:  

 http://acquamiracolosa33.blogspot.it/

 DIETRO IL QUADRO DI GESU' MISERICORDIOSO METTETE  A META'  BUSTO LA MADONNA DI THIALJINA E LUISA PICCARRETA ANCHE A META BUSTO ED IN FORMATO PICCOLO  15 CM PER 15CM I VEGGENTI MARIJA PAVLOVIC  E IVANKA IVANKOVIC ,  SANTA RITA CHE MI HA FATTO CONOSCERE I LIBRI DI LUISA PICCARRETA ,PADRE PIO CHE MI HA CONVERTITO, SAN MICHELE ARC. CHE MI ASSISTE  E MI LIBERA SEMPRE DAL NEMICO, PADRE JOZO  PARROCO DELLA CHIESA  DI MEDJUGORJE  NEL PERIODO DELLE PRIME APPARIZIONI, SAN PADRE  ANNIBALE  MARIA DI FRANCIA DI MESSINA CHE MI  HA FATTO  AVERE I LIBRI  DIFATTI HO LETTO I LIBRI  QUANDO LUI E' STATO FATTO BEATO E LUI  E' STATO  QUELLO CHE  HA CREDUTO IN LUISA E HA PUBLICATO  I SUOI LIBRI  . SOTTO ANCORA  IL MIO BLOG  :     ACQUAMIRACOLOSA33.BLOGSPOT.IT  METTETE LA SCRITTA:" IN QUESTO BLOG TROVERETE TUTTI I LIBRI DI LUISA PICCARRETA LA SANTA DEL DIVINO VOLERE CHE  HA RICEVUTO DA GESU'  LE VERITA' ETERNE SUL DIVINO VOLERE IN CIRCA 40 VOLUMI. ATTRAVERSO QUESTI SCRITTI GESU' DICE A LUISA CHE L'UOMO RITORNERA' ALLO STATO D'ORIGINE PRIMA DEL PECCATO  CIOE' SEMPRE UNITO AL DIVINO VOLERE  VIVRA' COME UN ANGELO SULLA TERRA, LA SUA SANTITA' SARA' SIMILE A QUELLA DI MARIA E OTTERRA' GRAZIE  INFINITE, OGNI COSA CHE VORRA' TUTTO SARA' DATO IN EREDITA'  AI FIGLI DEL DIVINO VOLERE CHE NASCERANNO DAGLI INSEGNAMENTI DI  QUESTI SCRITTI SULLA DIVINA VOLONTA', UNO SOLO DI QUESTI SANTI SARA' PIU' SANTO DI TUTTI I SANTI MESSI INSIEME , SARA' COME UN SOLE CHE ILLUMINA TUTTI  IN TUTTI I TEMPI,GESU' DICE A LUISA DI ENTRARE SEMPRE NELLA SUA UMANITA' E DI UNIRSI ALL'ATTO UNICO DELLA DIVINA VOLONTA', DI PREGARE SEMPRE  :GESU' TI DO LA MIA VOLONTA' TU DONAMI LA TUA  E DESIDERARE SEMPRE CHE SIA GESU'  A FARE  TUTTE LE NOSTRE AZIONI."


3) UNA SCRITTA PER TERRA NEL GIARDINO CON LE PIETRE COLORATE :"DIVINA VOLONTA'" 

4) IL QUADRETTO DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARET COME L'HO MESSO IO NEL GIARDINO VICINO LA MADONNINA DI LOURDES  PER TERRA , UN PO RIALZATO DALLA PARTE SUPERIORE E DECORATO AI LATI CON PIETRE COLORATE .

5) LA STESSA POESIA (INNO AL DIVINO VOLERE )AFFIANCO ALLA MADONNA DEL DIVINO VOLERE DI PORTO EMPEDOCLE BEN ESPOSTA APPESA A 2 CATENE SOTTO 2 TRONCHETTI D'ALBERO DI ARANCIO O LIMONE A FORMA DI U LARGA CAPOVOLTA .



                   POESIA:                 INNO AL DIVINO VOLERE

"Nel Voler Divin solea alzar ineffabili canti nei monti e valli

L’eco risuonar di rumor di carri

Guerre dei funesti eventi riecheggiar come bombe nei nostri cuor

Alzatevi o eroi combattenti come negli antichi tempi per il Signor,

unitevi nell’Amor e prendete le vostri armi, nella Santità per distruggere l’eterno nemico infernale

il serpente tentator che avanza nel fuoco delle campagne di Armagheddon

ove l’ira di Dio lo farà tremar e lo invaderà il terror per la disfatta che lo coglierà ,

il grido dei bimbi che giocano in festa si ode già nelle piazze per il nostro trionfar"

LA POESIA , I QUADRI DELLA MADONNA DEL DIVINO VOLERE , DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARET, DI GESU' MISERICORDIOSO DI VILNUS, ED IL QUADRO CON LA MADONNA DI THIALJINA E LUISA PICCARRETA , POTETE PROCURARVELO IN UN NEGOZIO DI STAMPA DIGITALE CHE USANO MATERIALI E TECNICHE STAMPANTI CHE NON SI SCOLORANO SE LE IMMAGINI SACRE SONO ESPOSTI AL SOLE ED ALLA PIOGGIA .



Il presente libro, Le Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, fu scritto da Luisa Piccarreta, “La Piccola Figlia della Divina Volontà”, intorno all’anno 1914, in obbedienza all’autorità ecclesiastica di allora, l’ormai Beato Annibale Maria di Francia. Questa breve presentazione è stata presa in gran parte dalla prefazione della quarta edizione scritta dallo stesso Beato.
Luisa aveva diciassette anni (lei stessa racconta que­sti fatti nel primo dei trentasei volumi che scrisse in ob­bedienza al suo confessore). Nell’ultimo giorno d’una novena di Natale, che Gesù stesso le aveva ispirato di fare, egli la sorprese con un’esperienza straordinariamente viva dei misteri meravigliosi del suo amore. Ecco le parole che le disse Gesù:
“Figlia, rinata per il mio amore, su, levati alla vita della mia grazia e del mio amore; corrispondimi in tutto, e come mi hai fatto compagnia con le nove considerazioni sull’eccesso del mio amore lungo la novena della mia Natività, così continua a fare altre ventiquattro considerazioni circa la mia passione e morte di croce, distribuendole nelle 24 ore della giornata, nelle quali scor­gerai altri eccessi più sublimi del mio amore e mi sarai di continuo sollievo nelle dolorosissime pene che mi vengono dalle ingrate creature; ed in vita sarai del tutto amante della mia sepoltura ed in morte avrai l’ottima parte della mia gloria”.
Circa trentadue anni più tardi, dopo che Luisa giorno per giorno aveva vissuto le Ore della Passione intensamente tutti questi anni, il Beato Annibale Maria di Francia, che era il delegato ecclesiastico per quanto riguardava gli scritti di Luisa e che era venuto a conoscenza di questa sua pia pratica, le diede l’obbedienza di scrivere queste Ore. Ed è così che si diede inizio all’opera, Le Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Fu allora che il Beato Annibale di Francia la pubblicò per la prima volta, e a questa edizione ne seguirono altre sette: cinque in italiano e due in tedesco, e sempre con i dovuti permessi ecclesiastici. Di recente è stata pubblicata anche in inglese e in spagnolo.
Quando Luisa ebbe finito di scrivere Le Ore della Passione, scrisse una lettera che consegnò, insieme con il libro, al Beato Annibale, il quale la incluse nella prefazione quando ne fece la pubblicazione. Ed è per questa lettera che conosciamo quanto Gesù si compiace, e quanti benefici vengono elargiti all’anima, quando questa fa il quotidiano esercizio delle Ore della Passione, come uno che consuma un pane indispensabile alla vita. Ed ecco la lettera inviata da Luisa al Reverendo Canonico Di Francia:
“Ecco finalmente, le rimetto le Ore scritte della Passione, e tutto a gloria di Nostro Signore. Le accludo pure un altro foglietto in cui si contengono gli effetti e le belle promesse di Gesù per chi fa queste Ore della Passione.
Io credo che, se colui che le mediterà è peccatore, si convertirà, se è imperfetto diverrà perfetto, se è santo si farà più santo, se è tentato troverà la vittoria, se è sofferente troverà in queste Ore la forza, la medicina, il conforto; e se l’anima sua è debole e povera, troverà un cibo spirituale ed uno specchio dove si rimirerà di continuo per abbellirsi e farsi simile a Gesù nostro modello.
È tanto il compiacimento che ne prova Gesù benedetto dalla meditazione di queste Ore, che vorrebbe che di queste meditazioni vi fosse almeno una copia per ogni città o paese, e si praticassero. Allora avverrebbe che in quelle riparazioni Gesù sentirebbe riprodursi la sua stessa voce e le sue preghiere, quali le elevava al Padre suo nelle ventiquattro ore della sua dolorosa passione; e se ciò si facesse almeno in ogni paese o città da altrettante anime, Gesù pare che mi faccia intendere che la divina giustizia rimarrebbe in parte placata, e verrebbero in parte arrestati e come smorzati i suoi flagelli in questi tristi tempi di strazi e di spargimento di sangue.
Faccia lei, Reverendo Padre, appello a tutti: compia così l’operetta che il mio amabile Gesù mi ha fatto fare.
Onde le dico pure che lo scopo di queste Ore della Passione, non tanto è di raccontare la storia della passione, perché molti libri ci sono che trattano questo pietoso argomento, e non sarebbe stato necessario farne un altro; ma lo scopo è la riparazione, unendo insieme i diversi punti della passione di Nostro Signore con la diversità di tante offese, e insieme a Gesù farne degna riparazione, rifacendolo quasi di tutto ciò che le creature tutte gli debbono.
E da ciò i diversi modi di riparare, in queste Ore. Cioè, in alcuni punti si benedice, in altri si compatisce, in altri si loda, in altri si conforta il penante Gesù, in altri si compensa, in altri si supplica, si prega, si domanda.
Perciò lascio a lei, Reverendo Padre, di far conoscere con una prefazione, lo scopo di questi scritti”.
Perciò in ogni paese, città e nazione formiamo tanti cenacoli di preghiera, in cui queste ventiquattro Ore della Passione vengano meditate e vissute. Come tanti orologi viventi, segnino fedelmente le ore di ogni giornata, e così faremo compagnia a Gesù con il nostro amore, la nostra riparazione e la nostra gratitudine, poiché egli non è amato come merita, anzi i suoi stessi figli l’offendono e lo crocifiggono di nuovo nel loro cuore col chiudere le porte di esso alla grazia, alla Divina Volontà.


Giacché questo libro diventerà senz’altro una sorgen­te principale delle vostre meditazioni quotidiane, vorremmo suggerire alcuni modi di meditare Le Ore della Passione.
Il metodo migliore e la meta a cui dovremmo tendere, è di fare individualmente una o due delle Ore ogni giorno, nell’ora corrispondente a quella della giornata, variando le Ore ogni giorno. In questo modo, in breve familiarizzeremo con tutte le Ore della Passione, così da poter meditare mentalmente ogni Ora nello scorrere delle ore della giornata. Allora con quest’assidua meditazione della passione di Nostro Signore, ora per ora, giorno dopo giorno, in noi viene formata, come vita nostra, la stessa vita di Gesù.
Un’altra maniera sarebbe di meditare un’Ora differente ogni giorno, facendone la lettura in famiglia o in gruppo. Con ciò, col trascorrere di ventiquattro giorni, vengono a completate tutte le ventiquattro Ore, per poi ricominciarle da capo. Questo si può fare per esempio, dopo la recita quotidiana del santo rosario, come si suole fare in molte famiglie e associazioni pie. Ricordiamo che un buon orologio non si ferma mai; la vita stessa non conosce sosta. Le offese che Gesù riceve sono continue, quindi anche le riparazioni devono essere senza sosta, continue.
Un altro metodo da adoperare sarebbe di formare un gruppo di ventiquattro persone (che potrebbe includere anche più componenti della stessa famiglia) che si impegnano seriamente alla meditazione giornaliera di una delle ventiquattro Ore assegnate loro. Con ciò l’Orolo­gio della Passione segna ogni giorno tutte e ventiquat­tro le ore della giornata. Poi di comune accordo, dopo un periodo di tempo, diciamo due settimane o un mese, l’Ora che ciascuno stava meditando scatta in avanti di un’ora. Per esempio, colui che faceva l’Ora dalle 8 alle 9 (Gesù innanzi a Pilato) passa avanti e medita l’Ora seguente: dalle 9 alle 10 (Gesù coronato di spine).
Inoltre, i partecipanti alle Ore potrebbero concordare di riunirsi di tanto in tanto, per esempio ogni mese o due, per scambiarsi impressioni, per aiutarsi mutuamente e per meditare insieme una delle Ore per una intenzione particolare. Questa intenzione però deve essere di genere universale come quelle dello stesso Gesù, e mai di genere individualistico. Per esempio, per le intenzioni del Santo Padre, per i sacerdoti, in riparazione delle offese commesse conto l’Eucaristia, in riparazione dei peccati commessi conto la purezza ecc.
Senz’altro questi gruppi possono essere integrati dai Cenacoli della Divina Volontà, ove ogni suo membro s’impegna già a meditare una o due delle Ore. Siamo convinti infatti che una delle occupazioni principali dei Figli del Divin Volere deve essere il meditare e il vivere la passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Da tenere presente che coloro che, per motivi di lavoro e necessità di dormire, trovano difficoltà nel fare la loro Ora all’ora corrispondente del giorno o della notte, possono spostarla a un altro momento che favorisce il buon esercizio di essa. Per esempio, se a qualcuno tocca una delle Ore notturne, come quella dalle tre alle quattro, egli può meditarla prima di coricarsi. Comunque di tanto in tanto questi potrà sacrificare un’ora di riposo per offrire a Gesù anche questo sacrificio. Ricordate il dolce rimprovero che fece Gesù ai suoi amati discepoli nell’Orto del Getsemani, dopo aver dato inizio alla sua agonia: “Non potevate vegliare un’ora con me?”.
Fare un’Ora della Passione significa leggerla con attenzione, meditarla, contemplarla, viverla intensamente. Sì, perché non si tratta di leggere nel modo come pare ad ognuno, ma di fondersi nella Divina Volontà in questo modo particolare e speciale, ispirato da Gesù stesso nel suo infinito amore per noi. Facendo così, succede che la sua vita interiore, tutto quanto egli faceva durante la sua dolorosa passione, viene duplicato continuamente in noi.
Però è molto importante, per chi si impegna a meditare queste Ore, rimanere fedele ogni giorno alla parola data. Il fatto che si ripeta la stessa Ora per più giorni non deve destare noia, giacché quando la si medita con attenzione e con tutto l’amore che merita, sempre si trova qualcosa di nuovo. Oltre a ciò è bene essere costanti nell’esercizio fedele delle Ore, non badando se piace a noi o no, ma se piace a Gesù. Di conseguenza succederà che anziché essere di peso, sarà una sorgente perenne di grazia e d’amore. Coll’andare del tempo, toccheremo con mano che gli effetti e le promesse di Gesù si stanno realizzando in noi, e così diventerà l’agognato pane nostro quotidiano.
Meditare Le Ore della Passione significa ricevere una nuova formazione che ci porta a vivere una vita nuova, la vita di Gesù, anzi la sua vita interiore. In breve tempo costateremo che questo atto non corrisponde ad una semplice lettura che stiamo facendo delle Ore, ma che a poco a poco di esse ci si sta riempiendo la mente e il cuore durante la giornata, sia quando siamo occupati con qualche faccenda, sia quando ci troviamo in compagnia di altre persone. Insomma, sentiremo con chiarezza che di giorno in giorno, di ora in ora, è Gesù che sta vivendo la sua stessa vita divina in noi e che egli ci sta trasformando in sé.
Infine vogliamo raccontare un aneddoto molto interessante, che è accaduto al tempo della prima pubblicazione delle Ore della Passione, intorno all’anno 1914. Erano quelli i tempi in cui molte delle signorine che spesso andavano a visitare Luisa, mentre insieme con lei confezionavano lini per l’altare ed arredamenti per la chiesa, meditavano Le Ore della Passione. Molte di loro le sapevano addirittura a memoria.
Ebbene una volta quando il Beato Annibale Di Francia andò alla casa di Luisa, le raccontò cosa gli era successo durante una delle sue frequenti visite al Papa San Pio X. Mentre conversavano insieme, Padre Annibale volle fargli conoscere il libro Le Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, che egli stava diffondendo. Allora lesse alcune pagine dal libro al pontefice, per l’appunto dall’Ora della crocifissione. Arrivato che fu ad un certo punto della lettura, il papa lo interruppe, dicendogli: “Padre, questo libro si dovrebbe leggere in ginocchio: è Gesù Cristo che sta parlando!”.
I Figli del Divin Volere


O Signor mio Gesù Cristo, prostrata alla tua divina presenza, supplico l’amorosissimo tuo cuore che voglia ammettermi alla dolorosa meditazione delle 24 ore, in cui per nostro amore tanto volesti patire nel corpo adorabile e nell’anima tua santissima fino alla morte di croce. Deh! dammi aiuto, grazia, amore, profonda compassione e intelligenza dei tuoi patimenti, mentre ora medito l’Ora... (si dica quale).
E per quelle che non posso meditare, ti offro la volontà che avrei di farle, e intendo intenzionalmente meditarle in tutte le ore che sono costretta o ad applicarmi ai miei doveri o a dormire.
Accetta, o misericordioso Signore, la mia amorosa in­tenzione, e fa che sia di profitto per me e per molti come se effettivamente e santamente eseguissi quanto desidererei praticare. Intanto grazie ti rendo, o mio Gesù, che per mezzo della preghiera mi chiami all’unione con te, e per piacerti di più, prendo i tuoi pensieri, la tua lingua, il tuo cuore, e con questo intendo pregare, fondendomi tutta nella tua Volontà e nel tuo amore; e stendendo le braccia per abbracciarti, poggio la mia testa sul tuo cuore ed incomincio.


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Mio amabile Gesù, tu mi hai chiamata in quest’Ora della tua passione a tenerti compagnia, ed io son venuta. Mi parve di vederti angosciato e dolente, pregare, riparare e patire, e con le voci le più tenere ed eloquenti perorare la salvezza delle anime. Ho cercato di seguirti in tutto e ora, dovendoti lasciare per le mie solite occupazioni, sento il dovere di dirti un Grazie e un Ti benedico.
Sì, o Gesù, Grazie ti ripeto le mille e mille volte, e ti lodo e benedico per tutto ciò che hai fatto e patito per me e per tutti. Grazie e Ti benedico per ogni goccia di sangue che hai versato, per ogni tuo respiro, palpito, passo, parola, sguardo, e per ogni amarezza e offesa che hai sopportato. Per tutto, o mio Gesù, intendo segnarti con un Grazie e un Ti benedico.
Deh, o Gesù, fa che tutto il mio essere ti mandi un flusso continuo di ringraziamenti e benedizioni, in modo da attirare su di me e su tutti il flusso delle tue grazie e benedizioni!
Deh, o Gesù, stringimi al tuo cuore colle tue santissime mani e segna tutte le particelle del mio essere col tuo Ti benedico, per fare che da me altro non possa uscire che un inno continuo verso di te! Perciò mi lascio in te, per seguirti in ciò che farai; anzi opererai tu stesso per me. Ed io, fin d’ora, lascio i miei pensieri in te per difenderti dai tuoi nemici, il respiro per corteggio e compagnia, il palpito per dirti sempre Ti amo e a rifarti dell’amore che non ti danno gli altri; le gocce del mio sangue a ripararti e a restituirti gli onori e la stima che ti tolgono i tuoi nemici con gl’insulti, sputi e schiaffi, e tutto il mio essere per guardia.
Dolce mio Amore, sebbene debbo attendere alle mie occupazioni, resto nel tuo cuore; ho paura d’uscirne. Tu mi terrai in te, non è vero? I nostri palpiti si intenderanno a vicenda e si confonderanno insieme in modo da darmi vita, amore, stretta unione inseparabile con te. Mio Gesù, se vedi che sto per sfuggirti, il tuo palpito si acceleri nel mio, le tue mani mi stringano più forte al tuo cuore, i tuoi occhi mi guardino e mi gettino saette di fuoco, affinché io, sentendoti, mi lasci subito tirare al­l’unione con te.
Deh, mio Gesù! Dammi il bacio del divino amore, abbracciami e benedicimi; io ti bacio nel dolcissimo tuo cuore, e mi resto in te.






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Dal Volume 12 del 28 novembre 1920 (141)
[Luisa dice:]
Stavo pensando quando il mio dolce Gesù, per dar principio alla sua dolorosa passione, volle andare dalla sua Mamma a chiederle la sua benedizione, ed il benedetto Gesù mi ha detto:
“Figlia mia, quante cose dice questo mistero! Io volli andare a chiedere la benedizione alla mia cara Mamma per darle occasione che anche essa mi chiedesse la benedizione; erano troppi i dolori che doveva sopportare ed era giusto che la mia benedizione la rafforzasse; è mio solito che quando voglio dare chiedo. E la mia Mamma mi comprese subito, tanto vero che non mi benedisse se non quando mi chiese la mia benedizione, e dopo benedetta da me mi benedisse lei.
Ma questo non è tutto: per creare l’universo dissi un Fiat e col solo Fiat riordinai ed abbellii cielo e terra; nel creare l’uomo il mio alito onnipotente gl’infuse la vita. Nel dar principio alla mia passione volli, con la mia parola onnipotente e creatrice, benedire la mia Mamma, ma non era solo lei che benedicevo. Nella mia Mamma benedicevo tutte le creature, era lei che teneva il primato su tutto, ed in lei benedivo tutti e ciascun pensiero, atto, parola ecc. Benedivo ciascuna cosa che doveva servire alla creatura, come quando il mio Fiat onnipotente creò il sole e questo sole che, senza diminuire né di luce né di calore, sta per tutti e per ciascun mortale facendo il suo corso; così la mia parola creatrice benedicendo, restava in atto di benedire sempre, sempre, senza mai cessare di benedire, come mai cesserà di dare la sua luce il sole a tutte le creature.
Ma non è tutto ancora: con la mia benedizione volli rinnovare i pregi della creazione, volli chiamare il mio celeste Padre a benedire per comunicare alla creatura la potenza, volli benedire a nome mio e dello Spirito Santo per comunicare la sapienza e l’amore, e così rinnovare la memoria, l’intelletto e la volontà della creatura restituendola sovrana di tutto. Sappi però che nel dare voglio, e la mia cara Mamma comprese, e subito mi benedisse, non solo per sé, ma a nome di tutti.
Oh! Se tutti potessero vedere questa mia benedizione, la sentirebbero nell’ac­qua che bevono, nel fuoco che li riscalda, nel cibo che prendono, nel dolore che li affligge, nei gemiti della preghiera, nei rimorsi della colpa, nell’abbandono delle creature, in tutto sentirebbero la mia parola creatrice che loro dice (ma sventuratamente non sentito): “Ti benedico nel nome del Padre, di me Figlio e dello Spirito Santo; ti benedico per aiutarti, per difenderti, per perdonarti, per consolarti; ti benedico per farti santo”. E la creatura farebbe eco alle mie benedizioni col benedirmi anche essa in tutto; questi sono gli effetti della mia benedizione, in cui la mia Chiesa ammaestrata da me mi fa eco, e quasi in tutte le circostanze, nelle amministrazioni dei sacramenti ed altro, dà la sua benedizione”.



(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
O celeste Mamma, l’ora del distacco già s’appressa, ed io da te vengo. O Madre, dammi il tuo amore e le tue riparazioni, dammi il tuo dolore, perché insieme con te voglio seguire passo passo l’adorato Gesù.
Ed ecco che Gesù viene e tu, coll’animo traboccante d’amore, gli corri incontro, e nel vederlo sì pallido e triste, il cuore ti si stringe per il dolore, le forze ti vengono meno e sei già per cadergli ai piedi.
O dolce Mamma mia, sai tu perché è venuto da te l’adorabile Gesù? Ah, egli è venuto per darti l’ultimo addio, per dirti l’ultima parola, per ricevere l’ultimo abbraccio! O Madre, a te mi stringo con tutta la tenerezza di cui è capace questo mio povero cuore, affinché stretta e avvinta a te, anch’io possa ricevere gli abbracci del­l’adorato Gesù. Mi disdegnerai tu forse, o piuttosto non è un conforto per il tuo cuore avere un’anima a te vicina che ne divida le pene, gli affetti, le riparazioni?
O Gesù, in quest’ora sì straziante per il tuo tenerissimo cuore, quale ammaestramento non ci dai tu di filiale ed amorosa obbedienza verso la Mamma tua! Qual dolce armonia non passa fra te e Maria! Che incanto soave di amore che sale fino al trono dell’Eterno, e si dilata a salvezza di tutte le creature della terra!
O celeste Mamma mia, sai tu che vuole da te l’ado­rato Gesù? Non altro che l’ultima benedizione. È vero che da tutte le particelle del tuo essere altro non escono che benedizioni e lodi al tuo Creatore; ma Gesù, nel congedarsi da te, vuol sentire la dolce parola: Ti benedico, o Figlio; e quel Ti benedico storna tutte le bestemmie dal suo udito, e dolce e soave scende al suo cuore; e, quasi a mettere un riparo a tutte le offese delle creature, Gesù vuole il tuo Ti benedico.
Anch’io mi unisco con te, o dolce Mamma: sulle ali dei venti voglio girare il cielo per chiedere al Padre, allo Spirito Santo, agli angeli tutti, un Ti benedico a Gesù, affinché, andando a lui, gli possa portare le loro benedizioni. E qui in terra voglio andare da tutte le creature e chiedere da ogni labbro, da ogni palpito, da ogni passo, da ogni respiro, da ogni sguardo, da ogni pensiero, benedizioni e lodi a Gesù; e se nessuno me le vorrà dare, intendo io darle per loro.
O dolce Mamma, dopo aver girato e rigirato per chiedere alla Triade Sacrosanta, agli angeli, alle creature tut­te, alla luce del sole, al profumo dei fiori, alle onde del mare, ad ogni alito di vento, ad ogni favilla di fuoco, ad ogni foglia che si muove, al luccicar delle stelle, ad ogni movimento della natura, un Ti benedico, vengo da te, e insieme alle tue metto le mie benedizioni.
Dolce Mamma mia, vedo che tu ne ricevi conforto e sollievo, e tutte le offri a Gesù le mie benedizioni, a riparazione delle bestemmie e maledizioni che egli riceve dalle creature. Ma mentre io tutto a te offro, sento la tua voce tremante che dice: “Figlio, benedici me pure!”.
O dolce mio Amore, benedici anche me insieme alla Mamma tua: benedici i miei pensieri, il mio cuore, le mie mani, i miei passi, le mie opere, e con la Madre tua tutte le creature.
O Madre mia, nel mirare il volto dell’addolorato Gesù, pallido e triste, straziante, si risveglia in te il ricordo dei dolori che tra poco dovrà egli soffrire. Prevedi il vol­to di lui coperto di sputi, e lo benedici; il capo trapassato dalle spine, gli occhi bendati, il corpo straziato dai flagelli, le mani e i piedi forati dai chiodi, e dovunque egli sta per andare tu lo segui con le tue benedizioni; ed insieme a te lo seguo anch’io. Quando Gesù sarà colpito dai flagelli, trapassato dai chiodi, schiaffeggiato, coronato di spine, dovunque troverà insieme al tuo il mio Ti benedico.
O Gesù, o Madre, vi compatisco; immenso è il vostro dolore in questi ultimi momenti; il cuore dell’uno pare che strappi il cuore dell’altra.
O Madre, strappa il mio cuore dalla terra e legalo for­te a Gesù, affinché stretto a lui, possa prendere parte ai tuoi dolori. E mentre vi stringete, vi abbracciate, vi gettate gli ultimi sguardi, gli ultimi baci, stando io in mezzo ai vostri due cuori, possa ricevere i vostri ultimi baci, gli ultimi vostri abbracci. Non vedete che io non posso stare senza di voi, malgrado la mia miseria e la mia freddezza?
Gesù, Mamma, tenetemi stretta a voi; datemi il vostro amore, il vostro Volere; saettate il povero mio cuore, stringetemi fra le vostre braccia. E insieme con te, o dolce Madre, voglio seguire passo passo l’adorato Gesù, con l’intenzione di dargli conforto, sollievo, amore e riparazione per tutti.
O Gesù, insieme alla Mamma tua ti bacio il piede sinistro, pregandoti di voler perdonare a me e a tutte le creature le quante volte non abbiamo camminato verso Dio.
Bacio il tuo piede destro: perdona a me e a tutti le quante volte non abbiamo seguito la perfezione che tu volevi da noi.
Ti bacio la mano sinistra: comunicaci la tua purità.
Bacio la tua mano destra: benedicimi tutti i miei palpiti, pensieri, affetti, affinché avvalorati dalla tua benedizione, tutti si santifichino; e con me benedici anche tutte le creature e suggella la salvezza delle loro anime con la tua benedizione.
O Gesù, insieme alla Mamma tua ti abbraccio e, baciandoti il cuore, ti prego di mettere in mezzo ai vostri due cuori il mio, affinché si alimenti continuamente dei vostri amori, dei vostri dolori, dei vostri stessi affetti e desideri, della vostra stessa vita.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, prima di dar principio alla sua passione, va da sua Madre per chiederle la benedizione. In quest’atto Gesù c’insegna l’ubbidienza, non solo esterna, ma anche interna, che dobbiamo avere per corrispondere alle ispirazioni della grazia. Alle volte noi non siamo pronti ad eseguire una buona ispirazione, o perché trattenuti dall’amor proprio a cui si unisce la tentazione, o per rispetto umano, o per non fare santa violenza a noi stessi.
Ma il respingere la buona ispirazione di esercitare una virtù, di compiere un atto virtuoso, di fare una buona opera, di praticare una devozione, fa ritirare il Signore, che ci priva di nuove ispirazioni. Invece la pronta corrispondenza pia e prudente alle sante ispirazioni ci attira maggiori lumi e grazie.
Nei casi dubbi si ricorre prontamente e con retta intenzione, al gran mezzo della preghiera e al retto e probo consiglio. Così il buon Dio non lascia d’illuminare l’anima ad eseguire la salutare ispirazione e ad accrescergliele con sempre maggior profitto della medesima.
Le nostre azioni, i nostri atti, le nostre preghiere, le Ore della Passione, dobbiamo farle con le stesse intenzioni di Gesù, nella sua Volontà, e sacrificando noi stessi come lui, per la gloria del Padre e per il bene delle anime.
Dobbiamo metterci nella disposizione di sacrificarci in tutto per amore del nostro amabile Gesù, uniformandoci al suo spirito, operando con gli stessi suoi sentimenti e abbandonandoci in lui, non solo in tutti i dolori e contrarietà esterni, ma molto più in tutto ciò che potrà disporre nel nostro interno; e così, all’occasione, ci troveremo pronti ad accettare qualunque pena. Così facendo noi daremo al nostro Gesù piccoli sorsi dolci; se poi tutto ciò lo faremo nella Volontà di Dio, che contiene tutte le dolcezze, tutti i contenti ed in modo immenso, noi daremo a Gesù dei larghi sorsi dolci, in modo da mi­tigare l’attossicamento che gli arrecano le creature, e consolare il suo divin cuore.
Prima di cominciare qualunque azione invochiamo sempre la benedizione di Dio, per fare che le nostre azioni abbiano il tocco della divinità e attirino su di noi, non solo, ma su tutte le creature, le sue benedizioni.
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Mio Gesù, la tua benedizione mi preceda, mi accompagni e mi segua, affinché tutto ciò che faccio porti l’impronta del tuo Ti benedico.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio adorabile Gesù, mentre insieme con te ho preso parte ai tuoi dolori e a quelli dell’afflitta Mamma, vedo che ti decidi a partire per andare dove il Voler del Padre ti chiama. È tanto l’amore tra Figlio e Madre che vi rende inseparabili, per cui tu ti lasci nel cuore della Mamma, e la Regina e dolce Mamma si depone nel tuo, altrimenti vi sarebbe stato impossibile il separarvi. Ma poi, benedicendovi a vicenda, tu le dai l’ultimo bacio per rafforzarla negli acerbi dolori che sta per sostenere, le dai l’ultimo addio, e te ne parti.
Ma la pallidezza del tuo volto, le tue labbra tremanti, la tua voce soffocata come se volesse dare in pianto nel dirle addio, ah, tutto mi dice quanto l’ami e soffri nel lasciarla! Ma per adempiere la Volontà del Padre, coi vostri cuori fusi uno nell’altro, a tutto vi sottoponete, volendo riparare per quelli che, per non vincere le tenerezze dei parenti ed amici, ed i vincoli e gli attaccamenti anche leciti e santi, non si curano di adempiere il Voler santo di Dio e di corrispondere allo stato di santità a cui Dio li chiama. Qual dolore non ti danno queste anime nel respingere dal loro cuore l’amore che vuoi dar loro, per contentarsi dell’amore delle creature!
Amabile Amor mio, mentre con te riparo, permettimi che rimanga con la tua Mamma per consolarla e sostenerla mentre tu parti; poi accelererò i passi per venirti a raggiungere. Ma con sommo mio dolore vedo che la mia angosciata Mamma trema, ed è tanto il dolore che, men­tre fa per dire al Figlio addio, la voce le muore sulle lab­bra e non può articolar parola, quasi viene meno, e nel suo deliquio d’amore dice:
“Figlio mio, Figlio mio, ti benedico! Che amara separazione, crudele più d’ogni morte!”.
Ma il dolore le impedisce ancora di parlare e la rende muta.
Sconsolata Regina, lasciami che ti sostenga, ti asciughi le lacrime e ti compatisca nel tuo amaro dolore. Mamma mia, io non ti lascerò sola, e tu prendimi con te; insegnami in questo periodo sì doloroso per te e per Gesù ciò che devo fare, come devo difenderlo, come ripararlo e consolarlo, e se devo mettere la mia vita per difendere la sua. No, non mi sposterò da sotto il tuo manto; ai tuoi cenni volerò da Gesù e gli porgerò il tuo amore, i tuoi affetti, i tuoi baci insieme ai miei, e li metterò in ogni piaga, in ogni goccia del suo sangue, in ogni pena ed insulto, affinché, sentendosi in ogni pena i baci e l’amore della Mamma, le sue pene restino raddolcite. Poi ritornerò sotto il tuo manto, portandoti i suoi baci per raddolcire il tuo cuore trafitto.
Mamma mia, il cuore mi batte, voglio andare da Gesù; e mentre io bacio le tue mani materne, tu benedicimi come hai benedetto Gesù e permettimi che vada da lui.
Mio dolce Gesù, l’amore mi addita i tuoi passi, e ti raggiungo mentre percorri le vie di Gerusalemme insieme ai tuoi amati discepoli. Ti guardo e ti vedo ancora pallido, sento la tua voce dolce sì, ma mesta, tanto da spezzare il cuore dei tuoi discepoli che ne sono conturbati.
“È l’ultima volta”, tu dici, “che percorro queste vie da me solo; domani le percorrerò legato, trascinato, tra mil­le insulti”.
E additando i punti dove sarai più vituperato e strazia­to, segui a dire:
“La mia vita sta per tramontare quaggiù, come sta per tramontare il sole, e domani a quest’ora non ci sarò più. Ma come sole risorgerò il terzo giorno”.
Al tuo dire, gli apostoli divengono mesti e taciturni e non sanno che rispondere. Ma tu soggiungi:
“Coraggio, non vi abbattete, Io non vi lascio, sarò sempre con voi; però è necessario che Io muoia per il bene di voi tutti”.
Sì dicendo, sei commosso, ma con voce tremula continui ad istruirli. E prima che ti chiudi nel cenacolo, guardi il sole che tramonta, come sta per tramontare la tua vita, offri i tuoi passi per quelli che si trovano al tra­monto della vita, e dai loro la grazia che la facciano tra­montare in te, riparando per quelli che, ad onta dei dispiaceri e disinganni della vita, si ostinano a non arrendersi a te.
Poscia guardi di nuovo Gerusalemme, il centro dei tuoi prodigi e predilezioni del tuo cuore che, per contraccambio, già ti sta preparando la croce, aguzzando i chiodi per compiere il deicidio, e tu fremi, ti si schianta il cuore e piangi la sua distruzione. Con ciò ripari per tante anime a te consacrate che, con tanta cura, cercavi di formarne portenti del tuo amore, ed esse, ingrate ed incorrispondenti, ti fanno patire più amarezze. Voglio ri­parare insieme con te, per raddolcire lo schianto del tuo cuore.
Ma vedo che resti inorridito alla vista di Gerusalemme e, ritirando lo sguardo, entri nel cenacolo. Amor mio, stringimi al tuo cuore, affinché faccia mie le sue amarezze, per offrirle insieme con te, e tu guarda pietoso l’anima mia, e versando in essa il tuo amore, benedicimi.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, con prontezza, si separa dalla sua Santissima Madre, sebbene il suo cuore tenerissimo ne subisca uno schianto. Siamo noi così pronti a sacrificare, per adempiere i divini voleri, anche gli affetti più legittimi e santi? (Esaminiamoci specialmente nei casi di allontanamento della divina presenza sensibile, o della sensibile devozione).
Gesù, facendo gli ultimi passi, non li faceva a vuoto; in questi glorificava il Padre e chiedeva la salvezza delle anime. Nei nostri passi dobbiamo mettere le stesse intenzioni che metteva Gesù, cioè, di sacrificarci per la gloria del Padre e per il bene delle anime. Dobbiamo inoltre immaginarci di mettere i nostri passi in quelli di Gesù Cristo. E come Gesù Cristo non li metteva a vuoto, ma racchiudeva nei suoi tutti quelli delle creature, riparando tutti i passi cattivi, per dare al Padre la gloria dovuta, e vita a tutti i passi cattivi delle creature perché potessero camminare per la via del bene, così faremo ancora noi, mettendo i nostri passi in quelli di Gesù Cristo, con le sue stesse intenzioni. Per la strada andiamo modesti, raccolti, in modo da essere di esempio agli altri?
Mentre l’afflitto Gesù camminava, rivolgeva di tanto in tanto qualche parola agli apostoli, parlando loro della sua imminente passione. E nei nostri discorsi, che dicia­mo? Facciamo noi, quando si offre l’occasione, argomento dei nostri discorsi la passione del divino Redentore?
L’amante Gesù, vedendo gli apostoli tristi e scoraggiati, cercava di confortarli. Nei nostri discorsi, mettiamo noi l’intenzione di sollevare Gesù Cristo? Cerchiamo noi di farli nella Volontà di Dio con l’infondere negli altri lo spirito di Gesù Cristo?
Gesù va al Cenacolo. I pensieri, gli affetti, i palpiti, le preghiere, le azioni, il cibo, il lavoro, dobbiamo racchiu­derli nel cuore di Gesù Cristo nell’atto di operare, e così facendo, le nostre azioni prenderanno l’attitudine divina. Ma essendo difficile poter tenere sempre quest’attitudi­ne divina, perché l’anima difficilmente può fondere con­tinuamente in lui i suoi atti, può supplire allora con l’at­titudine della sua buona volontà, e Gesù lo gradirà tanto che si farà vigile sentinella d’ogni suo pensiero, d’ogni parola, d’ogni palpito; e se li metterà in corteggio dentro e fuori di sé, guardandoli con grande amore come frutto del buon volere della creatura.
Quando poi l’anima, fondendosi in lui, fa i suoi atti immediati con Gesù, il buon Gesù si sentirà tanto tirato verso quest’anima, che farà insieme ciò che essa fa, e trasmuterà in divino l’operato della creatura. Tutto questo è effetto della bontà di Dio, che fa conto di tutto e premia tutto, anche un piccolo atto nella Volontà di Dio, per fare che la creatura non resti defraudata in nulla.
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O mia Vita e mio Tutto, i tuoi passi dirigano i miei, e mentre calpesto la terra, fa che i miei pensieri siano nel cielo.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)





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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
O Gesù, già arrivi al Cenacolo insieme con gli amati discepoli e ti metti a cena con loro. Quanta dolcezza, quanta affabilità non mostri in tutta la tua persona, nel­l’abbassarti a prendere l’ultima volta il cibo materiale! Tutto è amore in te. Anche in questo tu non ripari solo i peccati di gola, ma impetri anche la santificazione del cibo, e come questo si converte in forza, così impetri per noi la santità anche nelle cose più basse e più comuni.
Gesù, mia Vita, il tuo sguardo dolce e penetrante pare che scruti tutti gli apostoli, ed anche in quell’atto di prendere il cibo, il tuo cuore rimane trafitto nel vedere i tuoi cari apostoli deboli e fiacchi ancora, specie il perfido Giuda, che già ha messo piede nell’inferno. E tu, dal fondo del cuore, amaramente dici: “Qual è l’utilità del mio sangue? Ecco un’anima da me tanto beneficata, è perduta!”.
E con i tuoi occhi sfavillanti di luce e di amore lo guardi, come a volergli far comprendere il gran male che si accinge a fare. Ma la tua suprema carità ti fa sopportare questo dolore e non lo fai manifesto neppure ai tuoi amati discepoli.
E mentre ti addolori per Giuda, il tuo cuore si riempie di gioia nel vederti alla sinistra il tuo amato discepolo Giovanni, tanto che, non potendo più contenere l’amore, dolcemente attirandolo a te, fai a lui posare il capo sul tuo cuore, facendogli provare il paradiso anticipato. Ed è in quest’ora solenne che nei due discepoli vengono raffigurati i due popoli, il reprobo e l’eletto: il reprobo in Giuda, che sente già l’inferno nel cuore; l’eletto in Giovanni, che in te riposa e gode.
O dolce mio Bene, anch’io mi metto a te vicino, e insieme al tuo amato discepolo voglio poggiare il mio capo stanco sul tuo cuore adorabile, e ti prego di far sentire a me, anche su questa terra, le delizie del cielo, onde la terra non sia per me più terra, ma cielo, rapita dalle dolci armonie del tuo cuore. Ma in quelle armonie dolcissime e divine, sento che ti sfuggono dolorosi palpiti; sono per le anime perdute! O Gesù, deh, non permettere che nuove anime si perdano! Fa che il tuo palpito, scorrendo nel loro, faccia sentire i palpiti della vita del cielo, come li sentì il tuo amato discepolo Giovanni e, attratte esse dalla soavità e dolcezza del tuo amore, possano tut­te arrendersi a te.
O Gesù, mentre rimango nel tuo cuore, dà anche a me il cibo, come lo desti agli apostoli: il cibo dell’amore, il cibo della tua divina parola, il cibo della tua Divina Vo­lontà. O mio Gesù, non mi negare mai questo cibo che tanto tu stesso desideri darmi, perché si formi in me la tua stessa vita.
Dolce mio Bene, mentre me ne sto a te vicino, vedo che il cibo che tu prendi insieme ai tuoi cari discepoli, non è altro che un agnello. E’ questo l’agnello figurativo; e come in questo agnello non rimane umore vitale per la forza del fuoco, così tu, Agnello mistico, che tutto devi consumarti per le creature per forza d’amore, neppure una goccia di sangue serberai per te, versandolo tutto per amore nostro. Sicché, o Gesù, niente tu fai che non raffiguri al vivo la tua dolorosissima passione, che hai sempre presente nella mente, nel cuore, in tutto; e ciò m’insegna che, se anch’io avessi innanzi alla mente e nel cuore il pensiero della tua passione, mai mi negheresti il cibo dell’amor tuo. Quanto te ne ringrazio!
O mio Gesù, nessun atto ti sfugge che non abbia me presente e che non intenda farmi un bene speciale. Perciò ti prego che la tua passione sia sempre nella mia mente, nel mio cuore, nei miei sguardi, nei miei passi, nelle mie pene, affinché dovunque mi volga dentro e fuori di me, trovi te sempre a me presente; e tu fammi la grazia che mai io dimentichi ciò che hai fatto e patito per me. Questa sia la mia calamita, che attirando tutto il mio essere in te, non mi faccia più allontanare da te.
Riflessioni e Pratiche
Prima di prendere il cibo, uniamo le nostre intenzioni a quelle del nostro amabile e buon Gesù, immaginandoci di avere nella nostra bocca, la bocca di Gesù, e muoviamo la nostra lingua e le nostre guance insieme con le sue. Così facendo, non solo attireremo in noi la vita di Gesù Cristo, ma ci uniremo con lui, per dare al Padre la gloria, la lode, l’amore, il ringraziamento, la riparazione completa dovuta dalle creature, e che il buon Gesù faceva in quest’atto di prendere il cibo.
Immaginiamoci anche di stare a tavola vicino a Gesù Cristo, ed ora di dargli uno sguardo, ora di pregarlo a di­videre con noi un boccone, ora di baciare un lembo del suo manto, ora di contemplare il muoversi delle sue labbra, dei suoi celesti occhi, ora di notare il subitaneo annuvolarsi del suo amabilissimo volto, quando prevede tante umane ingratitudini.
Come l’amante Gesù durante la cena parlava della sua passione, così noi, prendendo il cibo, faremo qualche riflessione sul modo come abbiamo fatto Le Ore della Passione. Gli angeli pendono dalle nostre labbra per raccogliere le nostre preghiere, le nostre riparazioni, e portarle innanzi al Padre per mitigare, in qualche mo­do, il suo giusto sdegno per le tante offese che riceve dalle creature, come le portavano quando il nostro Gesù stava sulla terra. E noi, quando preghiamo, possiamo dire che gli angeli sono stati contenti, che siamo stati raccolti, riverenti, in modo da poter essi portare in cielo con gioia, le nostre preghiere come portavano quelle del nostro Gesù, ovvero ne sono stati contristati?
Mentre l’afflitto Gesù prendeva il cibo, restava trafit­to alla vista della perdita di Giuda, e in Giuda, vedeva tutte le anime che dovevano andare perdute; ed essendo la perdita delle anime il più grande dei suoi dolori, non potendo contenerlo, tirò a sé Giovanni per averne ristoro. Così noi gli staremo come Giovanni, sempre d’ap­presso, compatendolo nei suoi dolori, sollevandolo e dandogli riposo nel nostro cuore. Faremo nostra la sua pena, c’immedesimeremo in lui, e così sentiremo i palpiti di quel cuore divino, trafitto dalla perdita delle anime. E noi gli daremo i nostri palpiti per togliere quelle trafitture, e al posto di quelle trafitture gli metteremo le anime che vogliono andare perdute, perché si convertano e si salvino.
Ogni palpito del cuore di Gesù è un ti amo, che si ripercuote in tutti i palpiti delle creature, che vorrebbe racchiudere tutte nel suo cuore, per avere in ricambio il palpito di esse; ma l’amante Gesù, da molti non lo ha, e perciò il suo palpito resta come soffocato ed amareggia­to. E noi, preghiamo Gesù che segni il nostro palpito col suo ti amo, affinché anche il nostro cuore possa fare la vita del suo cuore che, ripercuotendosi nel palpito delle creature, le costringa a dire Ti amo, Gesù! Anzi ci fonderemo in lui, e l’amabile Gesù ci farà sentire il suo ti amo. È tanto immenso questo ti amo, che riempie cielo e terra, circola nei santi, scende in purgatorio. Tutti i cuori delle creature sono toccati da questo ti amo; gli stessi elementi sentono nuova vita, in modo che tutti ne provano gli effetti.
Gesù, anche nel suo respiro, si sente come soffocare per la perdita delle anime; e noi gli daremo il nostro respiro d’amore a suo sollievo; e prendendo il suo respiro toccheremo le anime che si distaccano dalle sue braccia per dar loro vita del respiro divino, affinché invece di fuggire, possano ritornargli, e stringersi di più a lui.
E quando ci troviamo in pena e sentiamo che quasi il nostro respiro non esce libero, pensiamo allora a Gesù che nel suo respiro contiene il respiro delle creature. Anch’egli, come le anime vanno perdute, si sente togliere un respiro; e noi mettiamo allora il nostro respiro dolente e affannato nel respiro di Gesù per sollevarlo, e con la nostra pena corriamo appresso al peccatore per costringerlo a rinchiudersi nel cuore di Gesù.
*
Amato mio Bene, il mio respiro sia grido continuo ad ogni respiro di creatura, che la costringa a rinchiudersi nel tuo respiro.
La prima parola che l’amante Gesù disse sulla croce, fu la parola del perdono, per scusare innanzi al Padre tutte le anime e cambiar la giustizia in misericordia. E noi gli daremo i nostri atti come scusare il peccatore, affinché intenerito dalle nostre scuse, nessun’anima possa andare all’inferno. Ci uniremo con lui per fare la sentinella ai cuori delle creature, affinché nessuna l’offenda. Lo faremo sfogare nell’amore, accettando di buon animo tutto ciò che disporrà di noi: freddezze, durezze, oscurità, oppressioni, tentazioni, distrazioni, calunnie, malattie ed altro, per rinfrancarlo di ciò che riceve dalle creature. Non è col solo amore che Gesù si sfoga con le anime, ma molte volte, quando sente il freddo delle creature, se ne va dall’anima e le fa sentire il suo freddo per sfogare con lei; e se l’anima l’accetta, Gesù si sentirà rinfrancato di tutte le freddezze delle creature, e questo freddo sarà di sentinella al cuore altrui per fare amare l’amante Gesù.
Altre volte, Gesù sente la durezza dei cuori nel suo, e non potendola contenere, vuole sfogare e viene da noi. Fa toccare il suo cuore al nostro, facendoci parte della sua pena; e noi facendo nostra la sua pena, la metteremo intorno al cuore del peccatore per sciogliere la sua durezza e ricondurlo a lui.
Amato mio Bene, tu soffri tanto per la perdita delle anime, ed io per compassione, metto a tua disposizione l’essere mio; prenderò su di me le tue pene e le pene dei peccatori, e lascerò te sollevato, e il peccatore avvinto a te.
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O mio Gesù, deh! Fa che tutto il mio essere si sciolga in amore, affinché possa essere di continuo sollievo per raddolcire tutte le tue amarezze.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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Gesù comunicò se stesso
Dal Volume 11 del 8 Settembre 1916 (126)
[Luisa dice:]
Questa mattina, dopo la comunione, sentivo che il mio amabile Gesù in modo speciale mi assorbiva tutta nel suo Volere, ed io nuotavo dentro di esso. Ma chi può dire ciò che provavo? Non ho parole per esprimermi. E Gesù mi ha detto:
“Figlia mia, per quanto tempo l’anima sta nella mia Volontà, tan­to di vita divina può dire che fa sulla terra. Come mi piace quando vedo che l’anima entra nella mia Volontà per farvi vita divina! Molto mi piace vedere le anime che ripetono nella mia Volontà ciò che faceva la mia umanità in essa.
Quando io istituii il sacramento eucaristico e comunicai gli apostoli, io comunicai me stesso nella Volontà del Padre; e con ciò non solo riparavo tutto, ma trovando nella Divina Volontà l’immensità, l’onniveggenza di tutto e di tutti, quindi abbracciavo tutti, comunicavo tutti. E vedendo che molti non avrebbero preso parte al sacramento, ed il Padre offeso che non volevano ricevere la vita, io davo al Padre la soddisfazione, la gloria, come se tutti avessero fatto la santa comunione, dando al Padre per ciascuno la soddisfazione e la gloria di una vita divina.
Anche tu, fa la comunione nella mia Volontà, ripeti ciò che feci io, e così non solo riparerai tutto, ma darai me stesso a tutti com’io intendevo di darmi a tutti, e mi darai gloria come se tutti si fossero comunicati.
Il mio Cuore si sente intenerito nel vedere che la creatura, non po­tendo darmi nulla da sé che sia degno di me, prende le cose mie, le fa sue, imita come l’ho fatto io, e, per piacermi me le dà. Ed io, nel mio compiacimento, vo ripetendo: Brava alla figlia mia, hai fatto proprio ciò che facevo io”.





(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Dolce Amor mio, incontentabile sempre nel tuo amore, vedo che, mentre finisci la cena legale insieme coi tuoi amati discepoli, ti alzi da tavola e, unito a loro, innalzi l’inno di ringraziamento al Padre, per avervi dato il cibo, volendo riparare con ciò le mancanze di ringrazia­mento delle creature per i tanti mezzi che Dio ci dà per il sostentamento della vita corporale. Perciò, o Gesù, in tutto ciò che tu fai, che tocchi e vedi, hai sempre le parole sul labbro Grazie ti sian rese, o Padre.
Anch’io, Gesù, unita a te, prendo le parole dalle tue labbra e sempre ed in tutto dirò: Grazie per me e per tut­ti, per continuare la riparazione per le mancanze di ringraziamento.
O mio Gesù, sembra che il tuo amore non ha posa. Vedo che fai sedere di nuovo i tuoi amati discepoli; prendi un catino di acqua, ti cingi di bianca tovaglia e ti prostri ai piedi degli apostoli in atto così umile, da attirare l’attenzione di tutto il cielo e farlo rimanere estatico. Gli stessi apostoli rimangono quasi senza moto nel vederti prostrato ai loro piedi. Ma dimmi, Amor mio, che vuoi? Che intendi con quest’atto così umile? Umiltà non mai vista e che mai si vedrà!
“Ah, figlia mia! Voglio tutte le anime e, prostrato ai loro piedi come povero mendico, le chiedo, le importuno e, piangendo, tramo insidie d’amore per averle.
Voglio, prostrato ai loro piedi, con questo catino d’acqua mescolata con le mie lacrime, purificarle da qualunque imperfezione e prepararle a ricevere me nel Sacramento. Mi sta tanto a cuore quest’atto di ricevermi nell’Eucaristia, che non voglio affidare questo ufficio agli angeli e neppure alla mia cara Mamma; io stesso voglio purificarne anche le fibre più intime per disporle a ricevere il frutto del Sacramento; e negli apostoli intendevo preparare tutte le anime.
Intendo riparare tutte le opere sante e l’amministra­zione dei sacramenti, soprattutto fatte dai sacerdoti con spirito di superbia, vuote di spirito divino e di disinteres­se. Ah, quante opere buone mi giungono più per farmi disonore che per darmi onore! Più per amareggiarmi che per compiacermi! Più per darmi morte che per darmi vi­ta! Queste sono le offese che più mi contristano. Ah, sì, figlia mia! Numera tutte le offese più intime che mi si fanno, e riparami con le mie stesse riparazioni; consola il mio cuore amareggiato”.
O mio afflitto Bene, faccio mia la tua vita ed insieme a te intendo ripararti tutte queste offese. Voglio entrare nei più intimi nascondigli del tuo cuore divino, e riparare col tuo stesso cuore le offese più intime e segrete che ricevi dai tuoi più cari. Voglio, o mio Gesù, seguirti in tutto, ed insieme con te voglio girare per tutte le anime che ti devono ricevere nell’Eucaristia, ed entrare nei loro cuori, ed insieme alle tue, metto le mie mani per purificarle. O Gesù, con queste tue lacrime ed acqua con cui lavasti i piedi degli apostoli, laviamo le anime che devo­no riceverti; purifichiamo i loro cuori, infiammiamoli, scuotiamone la polvere di cui sono imbrattati, affinché ricevendoti, tu possa trovare in loro le tue compiacenze anziché le tue amarezze.
Ma, affettuoso mio Bene, mentre stai tutto intento a lavare i piedi degli apostoli, ti guardo e vedo che un altro dolore trafigge il tuo Cuore Sacratissimo. Questi apostoli rappresentano tutti i futuri figli della Chiesa, e ciascuno di loro la serie di tutti i mali che nella Chiesa dovranno esistere, e quindi la serie di tutti i tuoi dolori. In chi le debolezze, in chi gl’inganni, in questo le ipocri­sie, in quello l’amore smodato agl’interessi, in San Pietro le mancanze dei propositi e tutte le offese dei capi della Chiesa, in San Giovanni le offese dei tuoi più fidi, in Giuda gli apostati con tutta la serie dei gravi mali che da questi si commettono. Il tuo cuore è soffocato dal do­lore e dall’amore, tanto che, non potendo reggere, ti soffermi ai piedi di ciascun apostolo e dai in pianto, e preghi e ripari ciascuna di queste offese, ed impetri per tutti il rimedio opportuno.
Mio Gesù, anch’io mi unisco a te; faccio mie le tue preghiere, le tue riparazioni e i tuoi rimedi opportuni per ciascun’anima. Voglio mescolare le mie lacrime alle tue, affinché tu mai sia solo, ma sempre mi abbia con te per dividere insieme le tue pene.
Ma mentre t’inoltri, dolce Amor mio, nel lavare i piedi degli apostoli, vedo che già sei ai piedi di Giuda. Ti sento il respiro affannoso. Vedo che non solo piangi, ma singhiozzi; e mentre lavi quei piedi, te li baci, te li stringi al cuore. E non potendo parlare con la voce perché soffocata dal pianto, lo guardi con quegli occhi gonfi di lacrime e gli dici col cuore:
“Figlio mio, deh, ti prego con le voci delle lacrime, non andare all’inferno! Dammi la tua anima, che prostrato ai tuoi piedi ti chiedo. Dì, che vuoi? Che pretendi? Tutto ti darò, purché non ti perda. Deh, risparmia questo dolore a me, tuo Dio!”.
E ritorni a stringerti quei piedi al tuo cuore; ma vedendo la durezza di Giuda, il tuo cuore è messo alle strette, il tuo amore ti soffoca e stai in atto di venire meno. Cuor mio e Vita mia, permettimi che ti sostenga fra le mie braccia. Capisco che questi sono i tuoi stratagem­mi amorosi che usi con ciascun peccatore ostinato.
Deh! Ti prego, Cuor mio, mentre ti compatisco e ti ri­paro le offese che ricevi dalle anime che si ostinano a non volersi convertire, giriamo insieme la terra e dove stanno peccatori ostinati, diamo loro le tue lacrime per ammollirli, i tuoi baci e le tue strette d’amore per incate­narli a te, in modo da non poterti sfuggire, e così rinfrancarti del dolore della perdita di Giuda.
Mio Gesù, gioia e delizia mia, vedo che il tuo amore corre e rapidamente corre. Ti alzi, dolente come sei, e quasi corri all’altare dov’è preparato il pane e il vino per la consacrazione. Ti vedo, Cuor mio, che prendi un aspetto tutto nuovo e non mai visto. La tua divina perso­na prende un aspetto tenero, amoroso, affettuoso: i tuoi occhi sfolgorano luce più che se fossero soli; il tuo volto roseo è splendente, le tue labbra sorridenti e brucianti di amore; le tue mani creatrici si mettono in atteggiamento di creare. Ti vedo, Amor mio, tutto trasformato: la divinità pare come se traboccasse fuori dell’umanità.
Cuor mio e Vita mia, Gesù, questo tuo aspetto non mai visto chiama l’attenzione di tutti gli apostoli: sono presi da un dolce incanto e non osano neppure fiatare. La dolce Mamma corre in spirito ai piedi dell’altare a mirare i portenti del tuo amore. Gli angeli scendono dal cielo e si domandano tra loro: “Che c’è? Che c’è? Sono vere follie, veri eccessi: un Dio che crea, non il cielo o la terra, ma sé stesso. E dove? Dentro la materia vilissima di poco pane e poco vino!”.
Ma mentre sono tutti intorno a te, o Amore insaziabile, vedo che prendi il pane fra le mani, l’offri al Padre e sento la tua voce dolcissima che dice:
“Padre Santo, grazie ti sian rese, ché sempre esaudisci il Figlio tuo. Padre Santo, concorri meco. Tu, un giorno, mi mandasti dal cielo in terra ad incarnarmi nel seno della Mamma mia, per venire a salvare i nostri figli; ora permettimi che m’incarni in ciascun’ostia per continuare la loro salvezza ed essere vita di ciascuno dei miei figli. Vedi, o Padre: poche ore restano della mia vi­ta. Chi avrà cuore di lasciare i miei figli orfani e soli? Molti sono i loro nemici, le tenebre, le passioni, le debo­lezze cui vanno soggetti. Chi li aiuterà? Deh! Ti supplico che rimanga in ciascun’ostia, per essere vita di ognuno, e quindi mettere in fuga i nemici, ed essere loro luce, forza, aiuto in tutto. Altrimenti, dove andranno? Chi li aiuterà? Le nostre opere sono eterne, il mio amore è irresistibile; non posso, né voglio lasciare i miei figli”.
Il Padre s’intenerisce alla voce tenera ed affettuosa del Figlio. Scende dal cielo; è già sull’altare ed unito con lo Spirito Santo a concorrere col Figlio. E Gesù, con voce sonora e commovente, pronunzia le parole della consacrazione, e senza lasciare sé stesso, crea sé stesso in quel pane e vino.
Poi comunichi i tuoi apostoli; e credo che la nostra celeste Mamma non restò priva dal riceverti. Ah, Gesù! I cieli s’inchinano e tutti t’inviano un atto di adorazione nel tuo nuovo stato di profondo annichilimento.
Ma, o dolce Gesù, mentre il tuo amore resta contentato e soddisfatto non avendo altro che fare, vedo, o mio Bene, su questo altare, tutte le ostie consacrate che si perpetueranno sino alla fine dei secoli, ed in ciascuna ostia, schierata tutta la tua dolorosa passione, perché le creature, agli eccessi del tuo amore, ti preparano eccessi d’ingratitudine e di enormi delitti. Ed io, Cuore del mio cuore, voglio trovarmi sempre con te in ogni tabernaco­lo, in tutte le pissidi ed in ciascun’ostia consacrata che si troverà sino alla fine del mondo, ad emettere i miei atti di riparazione, a seconda delle offese che ricevi.
O Gesù, ti contemplo nell’Ostia santa e, come se ti vedessi nella tua adorabile persona, bacio la tua fronte maestosa ma, baciandoti, sento le punture delle tue spine. O mio Gesù, in quest’Ostia santa quante creature non ti risparmiano le spine! Esse si portano innanzi a te e, invece di mandarti l’omaggio dei loro buoni pensieri, ti mandano i loro pensieri cattivi, e tu di nuovo abbassi la testa come nella passione, e ricevi e tolleri le spine di questi pensieri cattivi. O mio amore, insieme con te, abbasso la testa anch’io, per dividere le tue pene. Metto tutti i miei pensieri nella tua mente per spingere fuori queste spine che tanto ti addolorano, ed ogni mio pensiero scorra in ogni tuo pensiero per farti l’atto di riparazione per ogni pensiero cattivo, e così consolare la tua mesta mente.
Gesù, mio Bene, bacio i tuoi begli occhi: ti vedo in questa Ostia santa con i tuoi occhi amorosi in atto di aspettare tutti quelli che si portano alla tua presenza, per guardarli con i tuoi sguardi d’amore e per avere il ricam­bio dei loro sguardi d’amore. Ma quanti vengono innanzi a te e, invece di guardare e cercare te, guardano cose che li distraggono e così privano te del gusto che provi nello scambio degli sguardi d’amore! Tu piangi; ed io, baciandoti, sento le mie labbra bagnate dalle tue lacrime. Mio Gesù, non piangere. Voglio mettere i miei occhi nei tuoi per dividere insieme queste tue pene e piangere con te; e volendo riparare tutti gli sguardi distratti delle creature, ti offro i miei sguardi sempre fissi in te.











Gesù, mio Amore, bacio le tue santissime orecchie. Già ti vedo intento ad ascoltare ciò che vogliono da te le creature, per consolarle. Ma queste invece, ti fanno giungere alle orecchie preghiere malamente recitate, piene di diffidenze, preghiere fatte per abito; ed il tuo udito in quest’Ostia santa è molestato più che nella tua stessa passione. O mio Gesù, voglio prendere tutte le ar­monie del cielo e metterle nelle tue orecchie per ripararti, e voglio mettere le mie orecchie nelle tue, non solo per dividere insieme queste pene, ma per stare sempre attenta a ciò che tu vuoi e soffri, per fare subito il mio atto continuo di riparazione e per consolarti.
Gesù, mia Vita, bacio il tuo santissimo volto. Lo vedo insanguinato, livido e gonfio. Le creature, o Gesù, vengono innanzi a quest’Ostia santa, e con le loro posizioni indecenti, e con i discorsi cattivi che fanno innanzi a te, invece di darti onore, esse ti danno schiaffi e sputi. E tu, come nella passione, in tutta pace e pazienza li ricevi e tutto sopporti. O Gesù, voglio mettere il mio volto non solo vicino al tuo, per carezzarti e baciarti mentre ricevi questi schiaffi e per toglierti gli sputi, ma nel tuo stesso volto per condividere queste pene. Inoltre intendo del mio essere, fare tanti minutissimi brani, per metterli innanzi a te come tante statue inginocchiate, che, genuflesse continuamente, ti riparino tutti i disonori che vengono fatti innanzi a te.
Gesù, mio Tutto, bacio la tua dolcissima bocca. Vedo che nello scendere nei cuori delle creature, il primo pog­gio che fai è sulla loro lingua. Oh, come ne resti amareggiato, trovando molte lingue mordaci, impure, cattive! Ah, ti senti come attossicare da queste lingue, e peg­gio quando scendi nei loro cuori! O Gesù, se fosse possibile, vorrei trovarmi nella bocca di ciascuna creatura, per addolcirti e per ripararti qualunque offesa che da esse ricevi.
Affaticato mio Bene, bacio il tuo santissimo collo. Ti vedo stanco, sfinito e tutto occupato nel tuo lavorio d’amore. Dimmi, che fai? E Gesù:
“Figlia mia, in quest’Ostia lavoro da mane a sera, for­mando continue catene d’amore, cosicché come le anime vengono da me, faccio loro trovare pronte le mie ca­tene d’amore per incatenarle al mio cuore. Ma sai tu che mi fanno esse? Molte hanno a male queste mie catene e a via di sforzi si svincolano, mettendole in frantumi, e siccome queste catene sono legate al mio cuore, io ne resto torturato e vado in delirio. Esse poi, nello spezzare le mie catene, mandano a vuoto il mio lavorio, cercando le catene delle creature, e questo lo fanno anche alla mia presenza, servendosi di me per raggiungere i loro intenti. Ciò mi addolora tanto, che mi dà febbre violenta da farmi venir meno e delirare”.
Quanto ti compatisco, o Gesù! Il tuo amore è messo alle strette. Deh, ti prego! Per rinfrancarti del tuo lavoro e per ripararti quando le tue catene amorose vengono messe in frantumi, di incatenare il mio cuore con tutte queste catene, per poterti dare per loro il mio ricambio d’amore.
Mio Gesù, Freccero divino, bacio il tuo petto. È tale e tanto il fuoco che in esso contieni che, per dare un po’ di sfogo alle tue fiamme (che troppo in alto si elevano), e volendo fare un po’ di sosta nel tuo lavoro, vuoi anche giocare in questo sacramento. Il tuo gioco è formare frecce, dardi, saette; cosicché come le creature vengono innanzi a te, ti metti a giocare con esse, tirando loro frecce d’amore che escono dal tuo petto per ferirle. Quando queste le ricevono, tu vai in festa e così il tuo gioco viene formato. Ma molti, o Gesù, te le respingono, mandandoti per ricambio frecce di freddezza, dardi di tiepidezza e saette d’ingratitudine, e tu ne resti così afflitto, che piangi, perché le creature fanno fallire il tuo gioco d’amore. O Gesù, ecco il mio petto pronto a ricevere non solo le tue frecce destinate per me, ma anche quelle che ti respingono gli altri; e così non falliranno più i tuoi giochi, e per contraccambio voglio ripararti le freddezze, le tiepidezze e le ingratitudini che ricevi.
O Gesù, bacio la tua mano sinistra, e intendo riparare tutti i tocchi illeciti o non santi fatti alla tua presenza; e ti prego, con questa mano, di tenermi sempre stretta al tuo cuore.
O Gesù, bacio la tua mano destra, e intendo riparare tutti i sacrilegi, specie le Messe malamente celebrate. Quante volte, Amor mio, tu sei costretto a scendere dal cielo nelle mani dei sacerdoti che, in virtù della potestà data loro, ti chiamano, ma trovi quelle mani piene di fango che scolano marciume. E sebbene senti la nausea di quelle mani, tuttavia il tuo amore ti costringe a rimanervi. Anzi in certi tuoi ministri c’è di peggio: in questi tu trovi i sacerdoti della tua passione che, con i loro enormi delitti e sacrilegi, rinnovano il deicidio. Mio Gesù, mi fa spavento solo a pensarlo: un’altra volta, come nella passione, tu te ne stai in quelle mani indegne, qua­le agnellino mansueto, aspettando di nuovo la tua morte. Oh, Gesù, quanto soffri, e quanto vorresti una mano amante per liberarti da quelle mani sanguinarie! Deh, ti prego! Quando ti trovi in queste mani, di farmi essere presente per ripararti. Voglio coprirti con la purità degli angeli e profumarti con le tue virtù, per attutire la puzza di quelle mani e offrirti il mio cuore per scampo e rifugio. Mentre starai in me, io ti pregherò per i sacerdoti, acciocché siano degni tuoi ministri e non mettano più in pericolo la tua vita sacramentale.
O Gesù, bacio il tuo piede sinistro, ed intendo ripararti per quelli che ti ricevono per abitudine e senza le dovute disposizioni.
O Gesù, bacio il tuo piede destro, e intendo riparare per quelli che ti ricevono per oltraggiarti. Deh, ti prego! Quando ardiranno di fare ciò, di rinnovare il miracolo che operasti quando Longino ti trapassò il cuore con la lancia: al flusso di quel sangue che, sgorgando, gli toccò gli occhi, tu lo convertisti e lo risanasti; così al tuo tocco sacramentale converti le offese in amore.
O Gesù, bacio il tuo cuore, centro dove si riversano tutte le offese; ed io intendo ripararti per tutto e per tutti, darti un contraccambio d’amore, e sempre insieme con te dividere le tue pene.
Deh, o celeste Freccero d’amore! Se qualche offesa sfugge alla mia riparazione, ti prego di imprigionarmi nel tuo cuore e nella tua Volontà, affinché nulla mi possa sfuggire. Pregherò la dolce Mamma che mi tenga sempre all’erta, ed insieme con lei ti ripareremo per tutto e per tutti; ti baceremo insieme, e facendoti riparo, ti allontaneremo le onde delle amarezze che purtroppo ricevi dalle creature. O Gesù, ricordati che anch’io sono una povera prigioniera.[1] È vero che le tue prigioni, essendo il piccolo spazio d’un’ostia, sono più strette della mia. Perciò rinchiudimi nel tuo cuore e, con le catene del tuo amore, non solo imprigionami, ma lega uno per uno i miei pensieri, gli affetti, i desideri, incatena le mie mani e i miei piedi al tuo cuore, perché io non abbia altre mani e altri piedi che i tuoi.
Sicché, Amor mio, il mio carcere sarà il tuo cuore; le mie catene, l’amore; i cancelli che mi impediranno di uscire menomamente dal tuo cuore, la tua Santissima Volontà; le tue fiamme saranno il mio cibo, il mio respiro, il mio tutto, e così non vedrò che fiamme, non toccherò che fuoco, che mi daranno vita e morte come quelli che subisci tu nell’Ostia, e così ti darò la mia vita. E mentre io resterò imprigionata in te, tu resterai sprigionato in me. Non è questo il tuo intento nel carcerarti nell’Ostia, per essere scarcerato dalle anime che ti ricevono, prendendo vita in loro?
Ed ora, in segno d’amore, benedicimi e dammi un bacio, mentre io ti abbraccio e resto in te.
O dolce Cuor mio, vedo che dopo che hai istituito il Santissimo Sacramento ed hai visto l’enorme ingratitudine e le offese delle creature agli eccessi del tuo amore, sebbene ne resti ferito ed amareggiato, pure non indietreggi, anzi vuoi tutto affogare nell’immensità del tuo amore.
Ti vedo, o Gesù, che amministri te stesso ai tuoi apostoli, e dopo soggiungi che, ciò che hai fatto tu, devono fare loro, dando loro la potestà di consacrare, e perciò li ordini sacerdoti ed istituisci altri sacramenti. Sicché, o Gesù, a tutto ci pensi, e tutto ripari: le prediche fatte ma­lamente; i sacramenti amministrati e ricevuti senza disposizione e perciò senza effetti; le vocazioni sbagliate dei sacerdoti da parte loro e da parte di chi li ordina, non usando tutti i mezzi per conoscere le vere vocazioni. Ah, niente ti sfugge, o Gesù! Ed io intendo seguirti e ripararti tutte queste offese.
Onde, dopo che hai dato adempimento a tutto, prendi i tuoi apostoli e ti incammini verso l’Orto di Getsemani, per dar principio alla tua dolorosa passione. Ti seguirò in tutto per tenerti fedele compagnia.
Riflessioni e Pratiche
Gesù è nascosto nell’Ostia per dare vita a tutti. Nel suo nascondimento abbraccia tutti i secoli e dà luce a tutti. Così noi, nascondendoci in lui, con le nostre preghiere e riparazioni daremo luce e vita a tutti, ed anche agli stessi eretici ed infedeli, perché Gesù non esclude nessuno.
Che fare in questo nascondimento? Per farci simili a Gesù Cristo dobbiamo nascondere tutto in lui, cioè pensieri, sguardi, parole, palpiti, affetti, desideri, passi ed opere, e fin le stesse preghiere nasconderle nelle preghiere di Gesù. E come l’amante Gesù nell’Eucaristia abbraccia tutti i secoli, così li abbracceremo insieme, e stretti a lui saremo pensiero di ogni mente, parola di ogni lingua, desiderio d’ogni cuore, passo d’ogni piede, opera d’ogni braccio. Così facendo storneremo dal cuor di Gesù il male che vorrebbero fargli tutte le creature, cercando di sostituire a tutto questo male, tutto il bene che ci sarà possibile fare, e in tal modo pressare Gesù a dare a tutte le anime salvezza, santità, amore.
La vita nostra, per corrispondere a quella di Gesù, de­v’essere tutta uniformata alla sua. L’anima deve, con l’intenzione, trovarsi in tutti i tabernacoli del mondo, per fargli continua compagnia e dargli sollievo e riparazione continua, e con questa intenzione fare tutte le azioni del­la giornata. Il primo tabernacolo è in noi, nel nostro cuore, bisogna quindi prestare grande attenzione a tutto ciò che il buon Gesù vuole fare in noi. Molte volte Gesù, stando nel nostro cuore, ci fa sentire il bisogno della preghiera. Ah! È Gesù che vuol pregare e ci vuole con lui, quasi immedesimandosi con la nostra voce, coi nostri affetti, con tutto il nostro cuore, per fare che la nostra preghiera sia una sola con la sua. E così, per fare onore alla preghiera di Gesù, staremo attenti a prestargli tutto il nostro essere, in modo che l’amante Gesù innalzi al cielo la sua preghiera, per parlare al Padre e per rinnovare nel mondo gli effetti della sua stessa preghiera.
Bisogna stare attenti a tutti i nostri moti interni, perché il buon Gesù ora ci fa soffrire, ora ci vuole alla preghiera, ora ci mette in uno stato d’animo, ora in un altro, per poter ripetere in noi la sua stessa vita.
Supponiamo che Gesù ci metta nell’occasione di eser­citare la pazienza. Egli riceve tali e tante offese dalle creature, che si sente spinto a mettere mano ai flagelli per colpire le creature, ed ecco che dà a noi l’occasione di esercitare la pazienza. E noi dobbiamo fargli onore, sopportando tutto con pace come lo sopporta Gesù, e la nostra pazienza gli strapperà di mano i flagelli che da lui attirano le altre creature, perché in noi egli eserciterà la stessa sua divina pazienza. E come della pazienza, così di tutte le altre virtù. L’amante Gesù, nel Sacramento, esercita tutte le virtù, e noi da lui attingeremo la fortezza, la mansuetudine, la pazienza, la tolleranza, l’umiltà, l’ubbidienza.
Il buon Gesù, dà a noi le sue carni in cibo, e noi per alimento gli daremo l’amore, la volontà, i desideri, i pensieri, gli affetti, così gareggeremo con l’amore di Gesù. Non faremo entrare nulla in noi che non sia lui, sicché tutto ciò che faremo, tutto deve servire per alimento al nostro amato Gesù. Il pensiero nostro deve ali­mentare il pensiero divino, cioè pensare che Gesù è nascosto in noi e vuole l’alimento del nostro pensiero, così pensando santamente alimentiamo il pensiero divino; la parola, i palpiti, gli affetti, i desideri, i passi, le opere, tutto deve servire per alimentare Gesù, e dobbiamo mettere l’intenzione di alimentare in Gesù tutte le creature.
O dolce Amor mio, tu in quest’ora transustanziasti te stesso nel pane e nel vino. Deh! Fa, o Gesù, che tutto ciò che dico e faccio, sia una continua consacrazione di te in me e nelle anime.
Dolce mia Vita, quando vieni in me, fa che ogni mio palpito, ogni desiderio, ogni affetto, pensiero, parola, possa sentire la potenza della consacrazione sacramentale, in modo che, consacrato tutto il mio piccolo essere, divenga tante Ostie per poter dare te alle anime.
*
O Gesù, dolce Amor mio, sia io la tua piccola Ostia per poter racchiudere in me, come Ostia vivente, tutto te stesso.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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Le sei ore di agonia di Gesù
Dal Volume 9 del 4 luglio 1913 (36)
[Luisa dice:]
Continuando il mio solito stato pieno di privazioni e d’amarezza, stavo pensando all’agonia di Nostro Signore, ed il Signore mi disse:
“Figlia mia, volli soffrire in modo speciale l’agonia dell’Orto per dare aiuto a tutti i moribondi a ben morire. Vedi bene come si combina la mia agonia con l’agonia dei cristiani: tedi, tristezze, angosce, sudore di sangue. Sentivo le morti di tutti e di ciascuno, come se realmente morissi per ciascuno in particolare; quindi sentivo in me i tedi, le tristezze, le angosce di ciascuno, ed a tutti prestavo con i miei aiuti, conforti, speranza, per fare che come io sentivo le loro morti in me, così loro potessero aver grazia di morire tutti in me, come dentro d’un sol fiato col mio fiato, e subito beatificarli con la mia divinità. Se l’agonia dell’Orto fu in modo speciale per i moribondi, l’agonia della croce fu per aiuto nell’ultimo punto, proprio per l’ultimo respiro; sono tutte e due agonie, ma una diversa dall’altra. L’agonia dell’Orto piena di tristezze, di timori, di affanni, di spaventi; l’agonia della croce piena di pace, di calma imperturbabile. E se gridai: “Ho sete”, era sete insaziabile che tutti potessero spirare nel mio ultimo respiro; e vedendo che molti se ne uscivano da dentro il mio ultimo respiro, per il dolore gridai: “Sitio”. E questo “Sitio” continua ancora a gridare a tutti ed a ciascuno come campanello alla porta d’ogni cuore: “Ho sete di te, o anima, deh! Non uscire da me, ma entra in me e spira con me”.
Sicché sono sei ore della mia passione che diedi agli uomini per ben morire. Le tre dell’Orto furono per aiuto dell’agonia, le tre della croce per aiuto all’ultimo anelito della morte. Dopo questo chi non deve guardare la morte con sorriso? Molto più per chi mi ama, per chi cerca di sacrificarsi sulla mia stessa croce.
Vedi come è bella la morte? E come le cose si cambiano? In vita fui disprezzato, gli stessi miracoli non fecero gli effetti della mia morte, fin sulla croce ci furono insulti. Ma non appena spirato, la morte ebbe la forza di cambiare le cose: tutti si percuotevano il petto confessandomi per vero Figlio di Dio. Gli stessi miei discepoli presero coraggio, ed anche quelli occulti si fecero arditi e domandarono il mio corpo, dandomi onorevole sepoltura; cielo e terra a piena voce mi confessarono Figlio di Dio.
La morte è qualche cosa di grande, di sublime. E questo succede anche per i miei stessi figli, in vita disprezzati, conculcati. Quelle stesse virtù che come luce dovrebbero guizzare in chi li circondano, restano mezze velate; i loro eroismi nel patire, le loro abnegazioni, il loro zelo per le anime, gettano chiarezze e dubbi nei circostanti, ed io stesso li permetto questi veli, per conservare con più sicurezza la virtù dei miei cari figli. Ma non appena muoiono, questi veli, non essendo più necessari, io li ritiro e i dubbi si fanno favorevoli certezze, la luce si fa chiara, e questa luce fa apprezzare i loro eroismi; si fa allora stima di tutto ed anche delle cose più piccole. Sicché ciò che non si può fare in vita, supplisce la morte. E questo per quello che succede di qua, e per quello che succede di là è proprio così sorprendente ed invidiabile a tutti i mortali”.


O mio divino Redentore Gesù, deh! Conducimi con te, insieme ai tuoi tre cari apostoli, per assistere alla tua agonia nell’Orto degli Ulivi. Ammonita dal dolce rimprovero che tu facesti a Pietro e agli altri due dormienti discepoli, io voglio vegliare almeno un’ora con te nel Getsemani; voglio sentire almeno una trafittura del tuo cuore agonizzante, un alito del tuo affannoso respiro. Voglio fissare il mio sguardo sul tuo divin volto e contemplare come s’impallidisce, come si turba, come trambascia, come si curva fino alla polvere.
Già vedo, o penante mio Gesù, come la tua persona vacilla e cade, or da un lato, or dall’altro, come le tue amorose mani irrigidite s’intrecciano. Comincio a sentire i gemiti, le grida di amore e d’incomprensibile dolore che levi al cielo. O mio Gesù, agonizzante nel tetro Orto di Getsemani, fa scorrere su di me, in quest’ora che ti terrò compagnia, un rivolo, uno spruzzo di quell’adora­bilissimo sangue che scorre come torrenti da tutte le tue adorabili membra. Oh, lavacro preziosissimo del mio Sommo Bene che per me agonizza! Deh! Che io ti succhi, ti beva fino all’ultima stilla, e con te succhi e beva un sorso almeno dell’amaro calice del Diletto, e senta dentro di me le pene del suo divin cuore, anzi senta spezzarmi il cuore per il pentimento di aver offeso il mio Signore, che per me si riduce all’agonia di morte.
Ah, mio Gesù! Dammi grazia, dammi aiuto di penare, sospirare e piangere con te, almeno un’ora sola nell’Or­to degli Ulivi!
O Addolorata Madre Maria, fammi sentire la compassione del tuo trafitto cuore per Gesù agonizzante nel Getsemani. Così sia.






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Grazie ti rendo, o dolcissimo mio Signore, che ti sei degnato di tenermi in tua compagnia per un’ora almeno, nella tremenda tua agonia nell’Orto. Ahi, che troppo scarso conforto hai potuto trovare in me, o mio buon Gesù! Ma il tuo infinito amore e la sovrabbondante carità del pietoso tuo cuore, ti fanno trovare sollievo anche nel minimo atto di compassione che la creatura ti dimostra. Ah! Non mi uscirà più dalla mente la vista della tua adorabile persona tremante, abbattuta, affranta, umiliata nella polvere e tutta sparsa di sudore di sangue nel cupo orrore del Getsemani. Io ho provato, o Gesù, che lo stare con te penante, il sentire anche una stilla dell’ango­sciosa amarezza del tuo divin cuore è la sorte più grande che può aversi su questa terra.
O Gesù, generosamente rinunzio alle terrene e fallaci cose; voglio te solo, oppresso, penante, afflitto mio Signore. Dall’Orto al Calvario voglio farti sempre fedele e dolce compagnia.
O Gesù, fammi catturare con te, trascinare con te ai tribunali; fammi parte degli oltraggi, degli insulti, degli sputi, degli schiaffi con cui i tuoi nemici ti copriranno. Conducimi con te da Pilato ad Erode, da Erode a Pilato. Legami con te alla colonna e fammi sentire una parte dei tuoi flagelli; dammi alquanto delle tue spine, Gesù, che mi trafiggano. Fa che con te io sia condannata a morire crocifissa: tu come vittima di amore per me, ed io come tua vittima espiatrice per i miei peccati.
Dammi la sorte del Cireneo per seguirti al Calvario, e lì fa che con te io sia inchiodata sulla croce e con te ago­nizzi e muoia.
O Addolorata Madre, che mi hai dato aiuto per compassionare Gesù agonizzante nell’Orto, dammi aiuto per stare con te crocifissa sulla stessa croce di Gesù, e di sapergli offrire le più degne riparazioni coi meriti stessi della sua passione e morte di croce. Così sia.






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(Preghiera di Preparazione prima di ogni ora, pagina 19)
(Orazione preparatoria
prima di ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 60)
Mio afflitto Gesù, come da corrente elettrica mi sento attirata in quest’Orto. Comprendo che tu, calamita potente del mio ferito cuore, mi chiami; ed io corro, pensando tra me: Che sono queste attrattive d’amore che sento in me? Ah, forse il mio perseguitato Gesù si trova in stato di tale amarezza, che sente il bisogno della mia compagnia! Ed io volo.
Macché! Mi sento raccapricciare nell’entrare in que­st’Orto: l’oscurità della notte, l’intensità del freddo, il lento muoversi delle foglie, che, come flebili voci, annunziano pene, tristezze e morte per il mio addolorato Gesù. Il dolce scintillio delle stelle che, come occhi piangenti, sono tutte intente a guardare, e facendo eco alle lacrime di Gesù, rimproverano me delle mie ingratitudini. Ed io tremo, ed a tentoni lo vado cercando e lo chiamo: Gesù, dove sei? Mi attiri a te e non ti fai vedere? Mi chiami e ti nascondi?
Tutto è terrore, tutto è spavento e silenzio profondo. Ma faccio per tendere le orecchie, sento un respiro affannoso ed è proprio Gesù che trovo, ma che cambiamento funesto! Non è più il dolce Gesù della Cena Eucaristica, cui splendeva nel volto una bellezza smaglian­te e rapitrice, ma è triste, di una tristezza mortale da sfigurare la sua natia beltà. Già agonizza, e mi sento turbare pensando che forse non ascolterò più la sua voce perché pare che muoia. Perciò mi abbraccio ai suoi piedi, mi faccio più ardita, mi avvicino alle sue braccia, gli metto la mia mano alla fronte per sostenerlo, e sottovoce lo chiamo: “Gesù, Gesù”.
E lui, scosso dalla mia voce, mi guarda e mi dice:
“Figlia, sei qui? Ti stavo aspettando, ed era questa la tristezza che più mi opprimeva: il totale abbandono di tutti. Aspettavo te per farti essere spettatrice delle mie pene, e farti bere insieme con me il calice delle amarezze, che tra poco il mio Padre celeste mi manderà per mezzo dell’angelo. Lo sorseggeremo insieme, perché non sarà calice di conforto ma di amarezze intense, e sento il bisogno che qualche anima amante ne beva qualche goccia almeno. Perciò ti ho chiamata, perché tu l’accetti e divida con me le mie pene, e mi assicuri di non lasciarmi solo in tanto abbandono”.
Ah, sì, mio affannato Gesù, berremo insieme il calice delle tue amarezze, soffriremo le tue pene e non mi sposterò giammai dal tuo fianco!
Intanto l’afflitto Gesù, assicurato da me, entra in agonia mortale, soffre pene mai viste né intese. Ed io, non potendo reggere, e volendo compatirlo e sollevarlo, gli dico:
“Dimmi: Perché sei così mesto ed afflitto e solo in quest’Orto e in questa notte? È l’ultima notte della tua vita mortale: poche ore ti rimangono per dar principio alla tua passione. Qui credevo di trovare almeno la celeste Mamma, l’amante Maddalena, i fidi apostoli. Ed invece ti trovo solo ed in preda ad una mestizia che ti dà morte spietata senza farti morire. Oh! Mio Bene e mio Tutto, non mi rispondi? Parlami!”.
Ma pare che ti manchi la parola, tanta è la tristezza che ti opprime. Quel tuo sguardo, pieno di luce sì, ma afflitto ed indagatore, che pare che cerchi aiuto, il tuo volto pallido, le tue labbra riarse dall’amore, la tua divina persona, che da capo a piè trema tutta, il tuo cuore che forte forte batte, e quei battiti cercano anime e ti danno un affanno da sembrare che da un momento al­l’altro tu spiri, mi dicono che tu sei solo e perciò vuoi la mia compagnia.
Eccomi, o Gesù, tutta a te, insieme con te, anzi non mi dà il cuore di vederti gettato per terra. Ti prendo fra le mie braccia, ti stringo al mio cuore. Voglio numerare uno per uno i tuoi affanni, una per una le offese che ti si fanno avanti, per darti per tutto sollievo, per tutto riparazione, e per tutto darti almeno un compatimento.
Ma, o mio Gesù, mentre ti tengo fra le mie braccia, le tue sofferenze si accrescono. Sento, Vita mia, scorrere nelle tue vene un fuoco, e sento che il sangue ti bolle e vuole rompere le vene per uscire fuori. Dimmi, Amore mio, che hai? Non vedo flagelli, né spine, né chiodi, né croce. Eppure, poggiando la testa sul tuo cuore, sento che spine crudeli ti trafiggono la testa, che flagelli spietati non ti risparmiano alcuna particella dentro e fuori della tua divina persona, e che le tue mani sono paralizzate e contorte più che dai chiodi. Dimmi, dolce mio Bene, chi è che ha tanto potere anche nel tuo interno, che ti tormenta e ti fa subire tante morti per quanti tormenti ti dà?
Ah! Pare che Gesù benedetto schiuda le sue labbra fioche e moribonde e mi dica:
“Figlia mia, vuoi sapere chi è che mi tormenta più de­gli stessi carnefici, anzi, quelli sono nulla a paragone di questo? È l’amore eterno che, volendo il primato in tutto, mi sta facendo soffrire tutto insieme e nelle parti più intime, ciò che i carnefici mi faranno soffrire a poco a poco. Ah! Figlia mia, è l’amore che tutto prevale su di me ed in me: l’amore mi è chiodo, l’amore mi è flagello, l’amore mi è corona di spine, l’amore mi è tutto. L’amo­re è la mia passione perenne, mentre quella degli uomini è del tempo. Ah! Figlia mia, entra nel mio cuore, vieni a perderti nel mio amore, e solo nel mio amore comprenderai quanto ho sofferto e quanto ti ho amato, e imparerai ad amarmi ed a soffrire solo per amore”.
Mio Gesù, giacché tu mi chiami nel tuo cuore per far­mi vedere ciò che l’amore ti ha fatto soffrire, io vi entro. Ma mentre vi entro, vedo i portenti dell’amore, che non di spine materiali ti corona la testa, ma di spine di fuoco, che ti flagella non con flagelli di funi ma con flagelli di fuoco, che ti crocifigge con chiodi non di ferro ma di fuoco. Tutto è fuoco che penetra fin nelle ossa e nelle stesse midolla, e, distillando tutta la tua santissima umanità in fuoco, ti dà pene mortali, certo più della stessa passione, e prepara un bagno d’amore a tutte le anime che vorranno lavarsi da qualunque macchia ed acquistare il diritto di figlie dell’amore.
O Amore senza termine, io mi sento indietreggiare in­nanzi a tanta immensità d’amore, e vedo che, per poter entrare nell’amore e comprenderlo, dovrei essere tutta amore. O mio Gesù, non lo sono. Ma, giacché tu vuoi la mia compagnia e vuoi che entri in te, ti prego di farmi diventare tutta amore.
Perciò ti supplico di coronare la mia testa ed ogni mio pensiero con la corona dell’amore. Ti scongiuro, o Gesù, di flagellare col flagello dell’amore la mia anima, il mio corpo, le mie potenze, i miei sentimenti, i desideri, gli affetti, tutto, ed in tutto resti flagellata e suggellata dall’amore. Fa, o Amore interminabile, che non ci sia cosa in me che non prenda vita dall’amore.
O Gesù, centro di tutti gli amori, ti supplico d’in­chiodare le mie mani, i miei piedi coi chiodi dell’amore, affinché tutta inchiodata dall’amore, amore diventi, l’amore intenda, d’amore mi vesta, d’amore mi nutra. L’amore mi tenga tutta inchiodata in te, affinché nessuna cosa dentro e fuori di me abbia ardire di torcermi e distogliermi dall’amore, o Gesù.
Riflessioni e Pratiche
Gesù Cristo, in quest’ora, abbandonato dall’eterno suo Padre, soffrì tale incendio d’infuocato amore, da po­ter distruggere tutti i peccati anche immaginabili e possibili, da poter infiammare del suo amore tutte le creature anche di milioni e milioni di mondi, tutti i reprobi dell’inferno se non fossero eternamente ostinati nella loro pravità.
Entriamo in Gesù, e dopo esserci penetrati in tutto il suo interno, nelle sue più intime fibre, in quei palpiti di fuoco, nella sua intelligenza, che era come incendiata, prendiamo questo amore, e rivestiamoci dentro e fuori del fuoco che incendiava Gesù. Poi uscendo fuori da lui e riversandoci nella sua Volontà, vi troveremo tutte le creature. Diamo ad ognuna l’amore di Gesù, e, ritoccando i loro cuori, le loro menti con questo amore, cerchia­mo di trasformarle tutte in amore. E poi coi desideri, coi palpiti, coi pensieri di Gesù, formiamo Gesù nel cuore di ogni creatura.
Indi gli porteremo tutte le creature, che tengono Gesù nel proprio cuore, e le metteremo intorno a lui, dicendogli: “O Gesù, ti portiamo tutte le creature con altrettanti Gesù nel cuore per darti ristoro e conforto. Non abbiamo altri modi per poter dare ristoro al tuo amore, che portarti ogni creatura nel cuore”.
Ciò facendo, daremo i veri sollievi a Gesù, ché son tante le fiamme che lo bruciano che va ripetendo: “Son bruciato e non v’è chi prenda il mio amore. Deh! Datemi ristoro, prendete il mio amore e datemi amore”.
Per conformarci in tutto a Gesù, dobbiamo rientrare in noi stessi, applicando a noi queste riflessioni: In tutto ciò che facciamo, possiamo dire che è un continuo flusso di amore che corre tra noi e Dio? La nostra vita è un continuo flusso d’amore che riceviamo da Dio: se pensiamo è un flusso d’amore; se operiamo è un flusso d’amore; la parola è amore, il palpito è amore: tutto riceviamo da Dio. Ma tutte queste nostre azioni corrono verso Dio con amore? Gesù trova in noi il dolce incanto del suo amore che corre a lui, affinché, rapito da questo incanto, sovrabbondi con noi di più abbondante amore?
Se in tutto ciò che abbiamo fatto, non abbiamo messo l’intenzione di correre insieme nell’amore di Gesù, entreremo in noi stessi e gli chiederemo perdono di avergli fatto perdere il dolce incanto del suo amore verso di noi.
Ci facciamo lavorare dalle mani divine come si fece lavorare l’umanità di Gesù Cristo? Tutto ciò che succede in noi, che non sia il peccato, dobbiamo prenderlo come lavorio divino. Facendo il contrario, neghiamo la gloria al Padre, facciamo sfuggire la vita divina e perdiamo la santità. Tutto ciò che sentiamo in noi: ispirazioni, mortificazioni, grazie, non è altro che lavorio d’amore. E noi le prendiamo in quel modo da Dio voluto? Diamo la libertà di far lavorare Gesù? Oppure col prendere il tutto in senso umano e come cose indifferen­ti, respingiamo il lavorio divino, e lo costringiamo a pie­garsi le mani? Ci abbandoniamo nelle sue braccia come morti per ricevere tutti quei colpi che il Signore disporrà per la nostra santificazione?
*
Amor mio e mio tutto, il tuo amore m’inondi dappertutto e mi bruci tutto ciò che non è tuo, e fa che il mio corra sempre verso di te, per bruciare tutto ciò che possa contristare il tuo cuore.
(Orazione di ringraziamento
dopo ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 62)
(Preghiera di ringraziamento dopo ogni ora, pagina 20)




















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(Preghiera di preparazione prima di ogni ora, pagina 19)
(Orazione preparatoria
prima di ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 60)
O mio dolce Gesù, è già passata un’ora che ti trovi in quest’Orto. L’amore ha preso il primato in tutto, facendoti soffrire tutto insieme ciò che i carnefici ti faranno soffrire in tutto il corso della tua amarissima passione, anzi supplisce e giunge a farti soffrire ciò che loro non possono farti, nelle parti più interne della tua divina persona.
O mio Gesù, già ti vedo vacillante nei passi, eppure vuoi camminare. Dimmi, o mio Bene, dove vuoi andare? Ah, ho capito! A trovare i tuoi amati discepoli. An­ch’io voglio accompagnarti, affinché, se tu vacilli, io ti sostenga.
Ma, o mio Gesù, un’altra amarezza per il tuo cuore: già essi dormono, e tu, sempre pietoso, li chiami, li svegli e con amore tutto paterno li ammonisci e raccomandi loro la veglia e la preghiera. E torni nell’Orto. Ma ti por­ti un’altra trafittura nel cuore. In quella trafittura vedo, o Amore mio, tutte le trafitture delle anime a te consacrate che, o per tentazione, o per stato d’animo, o per mancanza di mortificazione, invece di stringersi a te, di vegliare e pregare, si abbandonano a sé stesse, e sonnacchiose, invece di progredire nell’amore e nell’unione con te, indietreggiano. Quanto ti compatisco, o Amante appassionato! E ti riparo tutte le ingratitudini dei tuoi più fidi. Sono queste le offese che più contristano il tuo cuore adorabile, ed è tale e tanta l’amarezza che ti fanno andare in delirio.
Ma, o Amore senza confini, il tuo sangue che già bol­le nelle vene, vince tutto e tutto dimentica. Ti vedo prostrato per terra e preghi, ti offri, ripari e per tutti cerchi di glorificare il Padre per le offese fatte a lui dalle creature. Anch’io, o mio Gesù, mi prostro con te, ed insieme con te intendo fare ciò che fai tu.
Ma, o Gesù, delizia del mio cuore, vedo che a turbe a turbe tutti i peccati, le nostre miserie, le nostre debolezze, i delitti più enormi, le ingratitudini più nere ti si fanno incontro, ti si gettano addosso, ti schiacciano, ti feriscono, ti mordono. E tu, che fai? Il sangue che ti bolle nelle vene fa fronte a tutte queste offese, rompe le vene ed a larghi rivi esce fuori, ti bagna tutto, scorre a terra, e dai sangue per offese, vita per morte. Ah, Amore, in che stato ti vedo ridotto! Già tu spiri! O mio Bene, dolce mia Vita, deh, non morire! Solleva la faccia da questa terra che hai bagnata col tuo santissimo sangue. Vieni fra le mie braccia. Fa che io muoia in vece tua.
Ma allora sento la voce tremola e moribonda del mio dolce Gesù, che dice:
“Padre, se è possibile, passi da me questo calice, però non la mia, ma la tua Volontà sia fatta”.
È già la seconda volta che sento ciò dal mio dolce Gesù! Ma che cosa mi fai intendere con questo “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”? O Gesù, ti si fanno avanti tutte le ribellioni delle creature; quel Fiat Voluntas tua[2], che doveva essere la vita di ogni creatura, lo vedi respinto da quasi tutti, ed invece di trovare la vi­ta trovano la morte. E tu, volendo dar la vita a tutti e fare una solenne riparazione al Padre per le ribellioni delle creature, per ben tre volte ripeti:
“Padre, se è possibile passi da me questo calice, cioè, che le anime, sottraendosi alla nostra Volontà, vadano perdute. Questo calice per me è molto amaro, però, non la mia volontà, ma la tua sia fatta”.
Ma mentre dici questo, è tale e tanta la tua amarezza che ti riduci agli estremi, agonizzi e stai in atto di dare l’ultimo anelito.
O mio Gesù, mio Bene, giacché sei nelle mie braccia, voglio anch’io unirmi a te; voglio ripararti e compatirti tutte le mancanze e i peccati che si fanno contro il tuo Santissimo Volere, ed insieme pregarti che in tutto io faccia sempre la tua Santissima Volontà. La tua Volontà sia il mio respiro, la mia aria; la tua Volontà sia il mio palpito, il mio cuore, il mio pensiero, la mia vita e la mia morte.
Ma, deh, non morire! Dove andrò senza di te? A chi mi rivolgerò? Chi mi darà più aiuto? Tutto finirà per me. Deh, non mi lasciare! Tienimi come vuoi, come più ti piace, ma tienimi con te, sempre con te. Non sia mai che anche per un istante resti separata da te. Lasciami piuttosto raddolcirti, ripararti e compatirti per tutti, perché vedo che tutti i peccati di qualunque specie siano, ti pesano sopra.
Perciò mio Amore, bacio la tua santissima testa. Ma che vedo? Tutti i pensieri cattivi. E tu senti ribrezzo per loro. Alla tua sacratissima testa ogni pensiero cattivo è una spina che ti punge acerbamente. Ah, non ha a che farci la corona di spine che i giudei ti metteranno! Quan­te corone di spine ti mettono sul capo adorabile i pensieri cattivi delle creature, tanto che il sangue ti gronda dappertutto, dalla fronte e dai capelli. Gesù, ti compatisco, e vorrei metterti altrettante corone di gloria. E per addolcirti ti offro tutte le intelligenze angeliche e la tua stessa intelligenza, per darti un compatimento e una riparazione per tutti.
O Gesù, bacio i tuoi occhi pietosi, e in essi vedo tutti gli sguardi cattivi delle creature, che fanno scorrere sul tuo volto lacrime di sangue. Ti compatisco, e vorrei raddolcire la tua vista col metterti davanti tutti i piaceri che si possono trovare in cielo ed in terra.
Gesù, mio Bene, bacio le tue santissime orecchie. Ma, che sento? Sento in esse l’eco delle bestemmie orrende, le grida di vendetta e di maldicenza. Non vi è voce che non risuoni nel tuo castissimo udito. Oh, Amore insaziabile, ti compatisco! E voglio consolarti col fare risuonare in esso tutte le armonie del cielo, la voce dolcissima della cara Mamma, gli infuocati accenti della Maddalena e di tutte le anime amanti!
Gesù, Vita mia, un bacio più fervido voglio stampare sul tuo volto, la cui bellezza non ha pari. Ah, questo è il volto innanzi al quale gli angeli non osano levare lo sguardo, poiché è tale e tanta la bellezza che li rapisce! Eppure le creature lo insozzano con sputi, lo percuotono con schiaffi e lo calpestano sotto i piedi. Amor mio, che ardire! Vorrei tanto gridare da metterle in fuga. Ti compatisco, e per riparare questi insulti vado dalla Triade Sacrosanta a chiedere il bacio del Padre e dello Spirito Santo, le inimitabili carezze delle loro mani creatrici. Vado pure dalla celeste Mamma, acciocché mi dia i suoi baci, le carezze delle sue mani materne, le sue adorazioni profonde. Vado poi da tutte le anime a te consacrate, e tutto ti offro per ripararti le offese che si fanno al tuo santissimo volto.
Dolce mio Bene, bacio la tua dolcissima bocca amareggiata da orribili bestemmie, dalla nausea delle ubriachezze e golosità, dai discorsi osceni, dalle preghiere malfatte, dagli insegnamenti cattivi, da tutto ciò che di male fa l’uomo con la lingua. Gesù, ti compatisco, e voglio addolcire la tua bocca coll’offrirti tutte le lodi ange­liche e il buon uso che si fa con la lingua da tanti cristia­ni.
Oppresso Amor mio, bacio il tuo collo, e lo vedo cari­co di funi e catene per gli attaccamenti e i peccati delle creature. Ti compatisco, e per sollevarti ti offro l’unione indissolubile delle Divine Persone. Ed io, fondendomi in questa unione, ti stendo le mie braccia e, formando dolce catena d’amore al tuo collo, voglio allontanarti le funi degli attaccamenti che quasi ti soffocano e, per consolarti, ti stringo forte al mio cuore.
Fortezza Divina, bacio le tue santissime spalle. Le ve­do lacerate e quasi a brani strappate le carni dagli scandali e dai cattivi esempi delle creature. Ti compatisco e, per sollevarti, ti offro i tuoi santissimi esempi, gli esempi della Regina Mamma e quelli di tutti i santi. Ed io, o mio Gesù, facendo scorrere i miei baci su ciascuna di queste piaghe, voglio racchiudervi le anime che a via di scandali ti sono state strappate dal tuo cuore, e così rinsaldare le carni della tua santissima umanità.
Mio affannato Gesù, bacio il tuo petto che vedo ferito dalle freddezze, tiepidezze, incorrispondenze ed ingrati­tudini delle creature. Ti compatisco e, per sollevarti, ti offro l’amore vicendevole del Padre e dello Spirito San­to, la corrispondenza perfetta delle Tre Divine Persone. Ed io, o mio Gesù, immergendomi nel tuo amore, voglio farti riparo per respingere i nuovi colpi che le creature ti lanciano coi loro peccati e, prendendo il tuo amore, voglio ferirle con questo, perché non ardiscano più offenderti, e voglio versarlo sul tuo petto per raddolcirti e risanarti.
Mio Gesù, bacio le tue mani creatrici. Vedo tutte le azioni cattive delle creature che, come altrettanti chiodi, trafiggono le tue santissime mani. Sicché non con tre chiodi, come sulla croce, tu resti trafitto, ma con tanti chiodi per quante opere cattive commettono le creature. Ti compatisco, e per darti sollievo ti offro tutte le opere sante, il coraggio dei martiri nel dare il sangue e la vita per amor tuo. Vorrei insomma, o Gesù mio, offrirti tutte le opere buone per toglierti i tanti chiodi delle opere cat­tive.
O Gesù, bacio i tuoi piedi santissimi, sempre instancabili nel cercare anime. In essi racchiudi tutti i passi delle creature, ma molte di queste te le senti sfuggire e tu vorresti afferrarle. Ad ogni loro passo cattivo ti senti mettere un chiodo, e tu vuoi servirti degli stessi loro chiodi per inchiodarle al tuo amore. Ed è tale e tanto il dolore che senti e lo sforzo che fai per inchiodarle al tuo amore, che tremi tutto. Mio Dio e mio Bene, ti compatisco; e per consolarti ti offro i passi dei buoni religiosi e di tutte le anime fedeli, che espongono la loro vita per salvare le anime.
O Gesù, bacio il tuo cuore. Tu continui ad agonizzare, non per quello che ti faranno soffrire i giudei, ma per il dolore che ti arrecano tutte le offese delle creature.
In queste ore tu vuoi dare il primato all’amore, il secondo posto a tutti i peccati, per i quali tu espii, ripari, glorifichi il Padre e plachi la divina giustizia, e il terzo ai giudei. Così mostri che la passione che ti faranno soffrire i giudei non sarà altro che la rappresentazione della doppia amarissima passione che ti fanno soffrire l’amo­re e il peccato. Ed è perciò che io vedo nel tuo cuore tut­to riconcentrato: la lancia dell’amore, la lancia del peccato, ed aspetti la terza, la lancia dei giudei. Ed il tuo cuore, soffocato dall’amore, soffre moti violenti, affetti impazienti di amore, desideri che ti consumano, palpiti infocati che vorrebbero dar vita ad ogni cuore. Ed è proprio qui, nel cuore, che senti tutto il dolore che ti arrecano le creature, le quali, con i loro desideri cattivi, affetti disordinati, palpiti profanati, invece di volere il tuo amore cercano altri amori.
Gesù, quanto soffri! Ti vedo venir meno, sommerso dalle onde delle nostre iniquità. Ti compatisco, e voglio raddolcire l’amarezza del tuo cuore triplicatamente trafitto, con l’offrirti le dolcezze eternali e l’amore dolcissimo della cara Mamma Maria e quello di tutti i tuoi veri amanti.
Ed ora, o mio Gesù, fa che da questo tuo cuore prenda vita il povero mio cuore, affinché non viva più che col solo tuo cuore. Ed in ogni offesa che riceverai, fa che io sia sempre pronta ad offrirti un sollievo, un conforto, una riparazione, un atto di amore non mai interrotto.
Riflessioni e Pratiche
Nella seconda ora del Getsemani, innanzi a Gesù si presentano tutti i peccati di tutti i tempi, passati, presenti e futuri, ed egli addossa sopra di sé tutti questi peccati, per dare al Padre la gloria completa. Gesù Cristo quindi espiò, pregò, e nel suo cuore provò tutti i nostri stati d’animo senza mai smettere la preghiera. E noi, in qualunque stato d’animo ci troviamo, freddi, duri, tentati, preghiamo sempre? Siamo noi costanti nella preghiera? Diamo a Gesù le pene dell’anima nostra come riparazio­ne e come sollievo per poterlo tutto ricopiare in noi, pensando che ogni stato d’animo è una pena di lui? Come pena di Gesù, dobbiamo metterla intorno a lui per compatirlo e sollevarlo, e se fosse possibile dobbiamo dirgli: Tu hai sofferto troppo, prendi riposo, soffriremo noi in vece tua.
Ci abbattiamo, oppure stiamo con coraggio ai piedi di Gesù, dandogli tutto ciò che soffriamo per fare che Gesù trovi in noi la sua stessa umanità? Cioè siamo noi di umanità a Gesù? L’umanità di Gesù, che faceva? Glorificava il Padre suo, espiava, impetrava la salvezza delle anime. E noi, in tutto ciò che facciamo, racchiudiamo in noi queste tre intenzioni di Gesù, in modo da poter dire che racchiudiamo in noi tutta l’umanità di Gesù Cristo?
Nelle nostre oscurità, mettiamo l’intenzione di far splendere negli altri la luce della verità? E quando preghiamo con fervore, mettiamo l’intenzione di sciogliere il ghiaccio di tanti cuori induriti nella colpa?
Mio Gesù, per compatirti e poterti sollevare dall’ab­battimento totale in cui ti trovi, m’innalzo fino al cielo e faccio mia la tua stessa divinità, e mettendola intorno a te, voglio allontanarti tutte le offese delle creature. Voglio offrirti la tua bellezza per allontanare da te la bruttezza del peccato; la tua santità per allontanare l’orrore di tutte quelle anime che ti fanno provare tanto ribrezzo, perché morte alla grazia; la tua pace per allontanare da te le discordie, le ribellioni e i turbamenti di tutte le creature; le tue armonie per rinfrancare l’udito tuo dalle onde di tante voci cattive. Mio Gesù, intendo offrirti tanti atti divini riparatori per quante offese ti assaltano, come se volessero darti morte, ed io coi tuoi stessi atti voglio darti vita. E poi, o mio Gesù, voglio gettare un’onda della tua divinità su tutte le creature, affinché, al tuo contatto divino, non più ardiscano offenderti. Così solo, o Gesù, potrò compatirti per tutte le offese che ricevi dalle creature.
*
O Gesù, dolce mia Vita, le mie preghiere e le mie pene s’innalzino sempre verso il cielo per far piovere su tutti la luce della grazia, e assorbire in me la tua stessa vita.
(Orazione di ringraziamento
dopo ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 62)
(Preghiera di ringraziamento dopo ogni ora, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione prima di ogni ora, pagina 19)
(Orazione preparatoria
prima di ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 60)
Dolce mio bene, il cuore più non mi regge: ti guardo e vedo che continui ad agonizzare. Il sangue a rivi ti scorre da tutto il corpo ed in tanta copia che, non reggendo più in piedi, ne sei caduto in un lago. O mio Amore, mi si spezza il cuore nel vederti sì debole e sfinito! Il tuo adorabile volto e le tue mani creatrici poggiano in terra e s’imbrattano di sangue. Parmi che ai fiu­mi di iniquità che le creature ti mandano, tu voglia dare fiumi di sangue per fare che queste colpe restino affoga­te in esso, e così con esso dare a ciascuno il rescritto del tuo perdono. Ma, deh, o mio Gesù, sollevati! È troppo ciò che soffri! Basti fin qui al tuo amore. E mentre pare che il mio amabile Gesù muoia nel proprio sangue, l’amore gli dà nuova vita. Lo vedo muoversi stentatamente, si alza e, così intriso di sangue e di fango, par che voglia camminare, e, non avendo forza, a stento si trascina.
Dolce mia Vita, lascia che ti porti fra le mie braccia. Vai forse dai cari discepoli? Ma quale non è il dolore del tuo adorabile cuore nel trovarli di nuovo addormentati! E tu, con voce tremula e fioca li chiami:
“Figli miei, non dormite. L’ora è vicina. Non vedete come mi sono ridotto? Deh, aiutatemi, non mi abbandonate in queste ore estreme!”.
E quasi vacillante, stai per cadere vicino a loro, mentre Giovanni stende le braccia per sorreggerti. Sei tanto irriconoscibile che, se non fosse stato per la soavità e dolcezza della tua voce, non ti avrebbero riconosciuto. Poi, raccomandando loro la veglia e la preghiera, ritorni nell’orto, ma con una seconda trafittura nel cuore. In questa trafittura vedo, mio Bene, tutte le colpe di quelle anime che, nonostante le manifestazioni dei tuoi favori in doni, baci e carezze, nelle notti della prova, dimenticando il tuo amore e i tuoi doni, sono rimaste come assopite ed assonnate, perdendo così lo spirito di continua preghiera e di veglia.
Mio Gesù, è pur vero che dopo aver visto te, dopo aver gustato i tuoi doni, rimanerne privi e resistere, ci vuol gran forza. Solo un miracolo può far che tali anime reggano alla prova. Perciò, mentre ti compatisco per queste anime, le cui negligenze, leggerezze e offese sono le più amare al tuo cuore, ti prego che, qualora esse giungessero a dare un solo passo che possa menomamente dispiacerti, tu le circondi di tanta grazia, da arrestarle, perché non perdano lo spirito di continua preghiera.
Mio dolce Gesù, mentre ritorni nell’orto, pare che tu non ne possa più: alzi al cielo la faccia intrisa di sangue e di terra, e ripeti la terza volta:
“Padre, se è possibile, passi da me questo calice. Padre Santo, aiutami! Ho bisogno di conforto. È vero che per le colpe addossatemi sono nauseante, ributtante, l’ultimo fra gli uomini innanzi alla tua maestà infinita. La tua giustizia è sdegnata verso di me. Ma guardami, o Padre, son sempre tuo Figlio, che formo una sola cosa con te. Deh, aiuto, pietà, o Padre! Non mi lasciare senza conforto!”.
Poi mi pare di sentire, o dolce mio Bene, che chiami in aiuto la cara Mamma:
“Dolce Mamma, stringimi fra le tue braccia come mi stringevi bambino. Dammi quel latte che succhiai da te, per ristorarmi e raddolcire le amarezze della mia agonia. Dammi il tuo cuore, che formava tutto il mio contento. Mamma mia, Maddalena, cari apostoli, voi tutti che mi amate, aiutatemi, confortatemi, non mi lasciate solo in questi momenti estremi. Fate tutti corona a me d’intor­no, datemi per conforto la vostra compagnia, il vostro amore!”.
Gesù, Amore mio, chi può resistere nel vederti in questi estremi? Qual cuore sarà mai sì duro, che non si spezzi nel vederti così affogato nel sangue? Chi non ver­serà a torrenti lacrime amare nel sentire gli accenti tuoi dolorosi che cercano aiuto e conforto? Mio Gesù, conso­lati: già vedo il Padre che ti spedisce un angelo per conforto ed aiuto, onde uscire da questo stato di agonia e poterti dare in mano ai giudei. E mentre starai con l’an­gelo, io girerò cielo e terra. Tu mi permetterai di prendere questo sangue che hai versato, affinché possa darlo a tutti gli uomini come pegno della salvezza di ciascuno, e portarti per conforto ed in ricambio i loro affetti, palpiti, pensieri, passi ed opere.
Celeste Mamma mia, vengo da te per andare insieme da tutte le anime, dando loro il sangue di Gesù. Dolce Mamma, Gesù vuol conforto, e il maggior conforto che gli possiamo dare è portargli anime. Maddalena, accompagnaci. Angeli tutti, venite a vedere come è ridotto Gesù. Egli vuole da tutti conforto, ed è tale e tanto l’abbat­timento in cui si trova, che non rifiuta nessuno.
Mio Gesù, mentre bevi il calice pieno d’intense amarezze che il celeste Padre ti ha mandato, sento che più sospiri, gemi, deliri, e con voce soffocata dici:
“Anime, anime, venite, sollevatemi. Prendete posto nella mia umanità: vi voglio, vi sospiro. Deh, non siate sorde alle mie voci, non rendete vani i miei desideri ardenti, il mio sangue, il mio amore, le mie pene! Venite, anime, venite!”.
Delirante Gesù, ogni tuo gemito e sospiro è una ferita al mio cuore che non mi dà pace, per cui faccio mio il tuo sangue, il tuo Volere, l’ardente tuo zelo, il tuo amore e, girando cielo e terra, voglio andare per tutte le anime per dar loro il tuo sangue come pegno della loro salvezza, e portarle a te per calmare le tue smanie, i tuoi deliri e raddolcire le amarezze della tua agonia. E mentre ciò farò, tu accompagnami col tuo sguardo.
Mamma mia, vengo da te, perché Gesù vuole anime, vuol conforto. Dunque, dammi la tua mano materna e giriamo insieme per tutto il mondo in cerca di anime. Racchiudiamo nel suo sangue gli affetti, i desideri, i pensieri, le opere, i passi di tutte le creature, e gettiamo nelle loro anime le fiamme del suo cuore, affinché si arrendano. E così chiuse nel suo sangue e trasformate nel­le sue fiamme, le condurremo intorno a Gesù, per raddolcire le pene della sua amarissima agonia.
Angelo mio custode, precedici tu, va’ disponendo le anime che devono ricevere questo sangue, affinché nessuna goccia resti senza il suo copioso effetto.
Mamma mia, presto, giriamo! Vedo lo sguardo di Gesù che ci segue, sento i suoi singhiozzi ripetuti che ci spingono ad affrettare il nostro compito.
Ed ecco, o Mamma, ai primi passi già siamo alle por­te delle case dove giacciono gli infermi. Quante membra straziate! Quanti, sotto l’atrocità degli spasimi, prorompono in bestemmie e tentano togliersi la vita! Altri sono abbandonati da tutti e non hanno chi presti loro una parola di conforto, i più necessari soccorsi, e perciò maggiormente imprecano e si disperano.
Ah, Mamma! Sento i singhiozzi di Gesù che si vede ricambiate in offese le sue più care predilezioni d’amore che fan patire le anime per renderle simili a Sé. Deh! Diamo loro il suo sangue, affinché somministri ad esse gli aiuti necessari e con la sua luce faccia comprendere il bene che c’è nel patire e la somiglianza che acquistano di Gesù.
E tu, Mamma mia, mettiti vicino a loro e, come madre affettuosa, tocca con le tue mani materne le loro membra addolorate, lenisci i loro dolori, prendile fra le tue braccia, e dal tuo cuore versa torrenti di grazie su tutte le loro pene. Fa compagnia agli abbandonati, consola gli afflitti, a chi manca di mezzi necessari disponi tu anime generose per soccorrerli; a chi si trova sotto l’atrocità degli spasimi impetra tregua e riposo, onde, rinfrancati, possano con più pazienza sopportare quanto Gesù dispone per loro.
Giriamo ancora ed entriamo nelle stanze dei moribon­di. Mamma mia, che terrore! Quante anime stanno per cadere nell’inferno! Quanti, dopo una vita di peccato, vogliono dare l’ultimo dolore a quel cuore ripetutamente trafitto, coronando l’ultimo anelito con un atto di disperazione! Molti demoni stanno intorno ad essi, gettando nei loro cuori terrore e spavento dei divini giudizi, e così dar l’ultimo assalto per condurli all’inferno. Vorrebbero sprigionare le fiamme infernali per avvolgerli in esse e così non dar luogo alla speranza. Altri, allacciati dai vin­coli della terra, non sanno rassegnarsi a dare l’ultimo passo.
Deh, o Mamma, i momenti sono estremi, essi hanno molto bisogno di aiuto! Non vedi come tremano, come si dibattono tra gli spasimi dell’agonia, come chiedono aiuto e pietà? Già la terra è sparita per loro. Mamma Santa, metti la tua mano materna sulla loro gelida fronte, accogli tu gli ultimi loro aneliti, diamo a ciascun moribondo il sangue di Gesù, e così mettendo in fuga i demoni, li disponga tutti a ricevere gli ultimi sacramenti e ad una buona e santa morte. Per conforto diamo loro le agonie di Gesù, i suoi baci, le sue lacrime, le sue piaghe; rompiamo i lacci che li tengono avvinti, facciamo sentire a tutti la parola del perdono e gettiamo tale fiducia nel cuore, da farli slanciare nelle braccia di Gesù. Gesù, quando li giudicherà, li troverà coperti col suo sangue, abbandonati nelle sue braccia e a tutti darà il suo perdono.
Giriamo ancora, o Mamma. Il tuo sguardo materno guardi con amore la terra e si muova a compassione di tante povere creature che hanno bisogno di questo sangue. Mamma mia, mi sento spingere dallo sguardo inda­gatore di Gesù a correre perché vuole anime; sento i suoi gemiti nel fondo del mio cuore che mi ripetono:
“Figlia mia, aiutami, dammi le anime!”.
Ma vedi, o Mamma, come la terra è piena di anime che stanno per cadere nel peccato, e Gesù erompe in pianto nel vedere il suo sangue subire nuove profanazioni. Ci vorrebbe un miracolo che ne impedisse la caduta. Perciò diamo loro il sangue di Gesù onde trovino in esso la forza e la grazia per non cadere nel peccato.
Un altro passo ancora, o Mamma, ed ecco anime già cadute nella colpa, le quali vorrebbero una mano per rialzarsi. Gesù le ama, ma le guarda inorridito perché infangate, e la sua agonia si fa più intensa. Diamo loro il sangue di Gesù, onde trovino la mano che le rialzi. Vedi, o Mamma, sono anime che hanno bisogno di questo sangue, anime morte alla grazia. Oh, com’è deplorevole il loro stato! Il cielo le guarda e piange con dolore, la terra le mira con ribrezzo, tutti gli elementi son contro di loro e le vorrebbero distruggere, perché nemiche del Creatore. Deh, o Mamma, il sangue di Gesù contiene la vita! Diamolo adunque, affinché al tocco di esso, queste anime risorgano e risorgano più belle da far sorridere tutto il cielo e tutta la terra.
Giriamo ancora, o Mamma. Vedi, ci sono anime che portano l’impronta della perdizione, anime che peccano e fuggono da Gesù, che l’offendono e disperano del suo perdono. Sono queste i nuovi Giuda sparsi sulla terra e che trafiggono quel cuore tanto amareggiato. Diamo loro il sangue di Gesù, affinché questo sangue cancelli l’impronta della perdizione e vi imprima quella della salvezza, vi getti nei loro cuori tale fiducia e amore dopo la colpa, da farle correre ai piedi di Gesù e stringersi a quei piedi divini, per non distaccarsene mai più.
Vedi, o Mamma, vi sono anime che corrono all’im­pazzata verso la perdizione e non vi è chi arresti la loro corsa. Deh! Mettiamo questo sangue avanti ai loro piedi, affinché al tocco e alla luce di esso, alle sue voci supplichevoli che le vuol salve, possano indietreggiare e mettersi sulla via della salvezza.
Continuiamo, o Mamma, a girare. Vedi, vi sono anime buone, anime innocenti in cui Gesù trova le sue compiacenze ed il riposo nella creazione, ma le creature stanno intorno a loro con tante insidie e scandali, per strappare questa innocenza e cambiare le compiacenze ed il riposo di Gesù in pianto e amarezze, come se non avessero altra mira se non quella di dare continui dolori a quel cuore divino. Suggelliamo e circondiamo dunque la loro innocenza col sangue di Gesù come un muro di difesa, affinché non entri in esse la colpa. Con esso met­ti in fuga chi vorrebbe contaminarle e conservale illibate e pure, affinché Gesù trovi il suo riposo nella creazione e tutte le sue compiacenze, e per amor loro si muova a pietà di tante altre povere creature. Mamma mia, mettia­mo queste anime nel sangue di Gesù, leghiamole e rileghiamole col santo Voler di Dio, portiamole nelle sue braccia e, con le dolci catene del suo amore, leghiamole al suo cuore per raddolcire le amarezze della sua mortale agonia.
Ma senti, o Mamma, questo sangue grida e vuole altre anime ancora. Corriamo insieme, e portiamoci nelle regioni degli eretici e degli infedeli. Quanto dolore non sente Gesù in queste regioni! Egli, che è vita di tutti, non ha in contraccambio neppure un piccolo atto d’amo­re, non è conosciuto dalle sue stesse creature. Deh! O Mamma, diamo loro questo sangue, affinché fughi le tenebre dell’ignoranza e dell’eresia, faccia comprendere che hanno un’anima ed apra ad esse il cielo. Poi mettia­mole tutte nel sangue di Gesù, conduciamole intorno a lui come tanti figli orfani ed esiliati che trovano il loro Padre, e così Gesù si sentirà confortato nella sua amarissima agonia.
Ma Gesù sembra che non sia ancora contento, perché vuole altre anime ancora. Le anime moribonde di queste regioni se le sente strappare dalle sue braccia per andare a cadere nell’inferno. Già queste anime stanno per spirare e precipitare nell’abisso; nessuno è vicino a loro per salvarle; il tempo manca, i momenti sono estremi, si perderanno certo! No, Mamma, questo sangue non sarà sparso inutilmente per esse! Perciò voliamo subito da loro, versiamo il sangue di Gesù sul loro capo onde serva loro da battesimo ed infonda in esse fede, speranza ed amore. Mettiti, o Mamma, vicino a loro, supplisci a tut­to quello che loro manca. Anzi fatti vedere: sul tuo volto splende la bellezza di Gesù, i tuoi modi sono tutti simili ai suoi, e così, vedendo te, con certezza potranno conoscere Gesù. Poi stringile al tuo cuore materno, infondi in esse la vita di Gesù che tu possiedi, dì che come loro madre le vuoi felici per sempre con te in cielo e così, mentre spirano, ricevile nelle tue braccia e fa che dalle tue passino in quelle di Gesù. E se Gesù, secondo i diritti di giustizia, mostrerà di non volerle ricevere, ricordagli l’amore con cui te le affidò sotto la croce, reclama i tuoi diritti di madre, così che al tuo amore ed alle tue preghiere, egli non saprà resistere, e, mentre contenterà il tuo cuore, contenterà anche i suoi ardenti desideri.
Ed ora, o Mamma, prendiamo questo sangue e diamo­lo a tutti: agli afflitti, perché ne ricevano conforto; ai po­veri, perché soffrano rassegnati la loro povertà; ai ten­tati, perché ottengano la vittoria; agli increduli, perché trionfi in loro la virtù della fede; ai bestemmiatori, perché cambino le bestemmie in benedizioni; ai sacerdoti, acciocché comprendano la loro missione e siano degni ministri di Gesù. Con questo sangue tocca le loro labbra, affinché non dicano parole che non siano di gloria a Dio, tocca i loro piedi, affinché li mettano in volo per andare in cerca di anime da condurre a Gesù.
Diamo questo sangue ai reggitori dei popoli, perché siano uniti fra loro e sentano mitezza ed amore verso i propri sudditi.
Voliamo ora nel purgatorio e diamolo anche alle anime purganti, perché esse tanto piangono, e reclamano questo sangue per la loro liberazione. Non senti, o Mamma, i loro gemiti, le smanie d’amore, le torture, come continuamente si sentono attratte verso il Sommo Bene? Vedi come Gesù stesso vuole purgarle più subito per averle a sé: le attira col suo amore, ed esse ne contraccambiano con continui slanci verso di lui. E mentre si trovano alla sua presenza, non potendo ancora sostenere la purità dello sguardo divino, sono costrette ad indietreggiare ed a piombare di nuovo nelle fiamme.
Mamma mia, scendiamo in questo carcere profondo e, versando su di esse questo sangue, portiamo loro la luce, quietiamo le loro smanie d’amore, smorziamo il fuoco che le brucia, purifichiamo le loro macchie, e così, libere da ogni pena, voleranno tra le braccia del Som­mo Bene. Diamo questo sangue alle anime più abbandonate, affinché trovino in esso tutti i suffragi che le creature negano loro. A tutte, o Mamma, diamo questo sangue, né priviamone nessuna, affinché tutte in virtù di esso trovino sollievo e liberazione. Fa da regina in queste regioni di pianto e di lamenti, stendi le tue mani ma­terne, e ad una ad una mettile fuori da queste fiamme ardenti, e fa che tutte prendano il volo verso il cielo.
Ed ora facciamo anche noi un volo verso il cielo. Mettiamoci alle porte eternali e permetti, o Mamma, che dia anche a te questo sangue per tua gloria maggiore. Questo sangue ti inondi di nuova luce e di nuovi contenti, e fa che questa luce scenda a prò di tutte le creature, per dare a tutti grazie di salvezza.
Mamma mia, dà anche a me questo sangue. Tu conosci quanto ne ho bisogno. Con le tue stesse mani materne ritoccami tutta con questo sangue e, ritoccandomi, purifica le mie macchie, sana le mie piaghe, arricchisci la mia povertà. Fa che questo sangue circoli nelle mie vene e mi ridoni tutta la vita di Gesù, scenda nel mio cuore e me lo trasformi nel cuore stesso di lui, mi abbel­lisca tanto che Gesù possa trovare tutti i suoi contenti in me.
Infine, o Mamma, entriamo nelle regioni celesti e dia­mo questo sangue a tutti i santi, a tutti gli angeli, affinché possano ricevere gloria maggiore, prorompere in ringraziamenti a Gesù e pregare per noi, onde in virtù di questo sangue li possiamo raggiungere.
E dopo aver dato a tutti questo sangue, portiamoci di nuovo da Gesù. Angeli, santi, venite con noi. Ah, lui sospira le anime! Vuol farle rientrare tutte nella sua umanità per dare a tutte i frutti del suo sangue. Mettiamole intorno a lui e si sentirà ritornare la vita e ricompensare dell’amarissima agonia che ha patito.
Ed ora, Mamma Santa, chiamiamo tutti gli elementi a fargli compagnia, affinché anche loro diano onore a Gesù.
O luce del sole, vieni a diradare le tenebre di questa notte per dare conforto a Gesù. O stelle, coi vostri tremuli raggi, scendete giù dal cielo, venite a dar conforto a Gesù. Fiori della terra, venite con i vostri profumi; uccelli, venite coi vostri gorgheggi; elementi tutti della terra, venite a confortare Gesù. Vieni, o mare, a rinfrescare e a lavare Gesù. Egli è il nostro Creatore, la nostra vita, il nostro tutto. Venite tutti a confortarlo, a prestargli omaggio come a nostro sovrano Signore. Ma, ahi, ché Gesù non cerca luce, stelle, fiori, uccelli. Egli vuole ani­me, anime!
Ecco, o dolce mio Bene, tutti insieme con me: ti è vicina la cara Mamma, riposati pure fra le sue braccia, ne avrà conforto anch’essa, stringendoti al seno, perché molta parte ha preso alla tua dolorosa agonia. È qui anche Maddalena, è qui Maria e tutte le anime amanti di tutti i secoli. Deh! O Gesù, accettale, e dì a tutte una parola di perdono e di amore, nel tuo amore legale tutte, affinché nessun’anima più ti sfugga.
Ma, ahi! A me sembra che tu dica:
“O figlia, quante anime a forza mi sfuggono e piombano nell’eterna rovina! Come potrà dunque calmarsi il mio dolore se un’anima sola io amo tanto, quanto amo tutte le anime insieme?”.
Agonizzante Gesù, pare che stia per spegnersi la tua vita: già sento il rantolo dell’agonia, i tuoi begli occhi sono eclissati dalla vicina morte, tutte le tue membra so­no abbandonate e spesso parmi che non più respiri. Mi sento scoppiare il cuore dal dolore. Ti abbraccio e ti sen­to gelido, ti scuoto e non dai segno di vita. Gesù, sei morto? Afflitta Mamma, angeli del cielo, venite a piangere Gesù e non permettete che io continui a vivere senza di lui, che già non posso. Me lo stringo più forte e sento che dà un altro respiro, e poi di nuovo non dà segni di vita. Lo chiamo: “Gesù, Gesù, Vita mia, non morire!”.
Ma già sento lo strepito dei tuoi nemici che vengono a prenderti. Chi ti difenderà nello stato in cui ti trovi?
E lui, scosso, pare che risorge da morte a vita, mi guarda e mi dice:
“Figlia, sei qui? Sei stata dunque spettatrice delle mie pene e delle tante morti che ho subito. Or sappi, o figlia, che in queste tre ore d’amarissima agonia nell’orto, ho racchiuso in me tutte le vite delle creature, ed ho soffer­to tutte le loro pene e la stessa loro morte, dando a ciascuna la mia stessa vita. Le mie agonie sosterranno le loro, le mie amarezze e la mia morte si cambieranno per loro in fonte di dolcezza e di vita. Quanto mi costano le anime! Ne fossi almeno contraccambiato! Tu hai visto che mentre morivo, ritornavo a respirare: erano le morti delle creature che sentivo in me”.
Mio affannato Gesù, giacché hai voluto racchiudere in te anche la mia vita e quindi anche la mia morte, ti prego, per questa tua amarissima agonia, di venirmi ad assistere nel punto della mia morte. Io ti ho dato il mio cuore per rifugio e riposo, le mie braccia per sostenerti e tutto il mio essere a tua disposizione, ed, oh, quanto vo­lentieri mi darei nelle mani dei tuoi nemici per poter morire io in vece tua!
Vieni, o Vita del mio cuore, in quel punto a ridarmi ciò che ti ho dato: la tua compagnia, il tuo cuore per let­to e riposo, le tue braccia per sostegno, il tuo respiro affannoso per alleviare i miei affanni, in modo che io, respirando, respirerò per mezzo del tuo respiro che, come aria purificatrice, mi purificherà da qualunque macchia e mi disporrà all’ingresso della eterna beatitudine.
Anzi, mio dolce Gesù, applicherai all’anima mia la tua stessa santissima umanità, in modo che tu, guardandomi, mi guardi attraverso te stesso e, guardando te stesso, non trovi nulla di che giudicarmi. Poi mi bagnerai nel tuo sangue, mi vestirai con la candida veste della tua Santissima Volontà, mi fregerai col tuo amore e, dandomi l’ultimo bacio, mi farai spiccare il volo dalla terra al cielo.
E ciò che voglio per me, fallo a tutti gli agonizzanti; stringili tutti nel tuo amplesso d’amore e, dando loro il bacio dell’unione con te, salvali tutti e non permettere che alcuno si perda.
Afflitto mio Bene, ti offro quest’ora in memoria della tua passione e morte, per disarmare la giusta collera di Dio per i tanti peccati, per la conversione di tutti i peccatori, per la pace dei popoli, per la nostra santificazione ed in suffragio delle anime purganti.
Ma vedo che i tuoi nemici sono vicini e tu vuoi lasciarmi per andare loro incontro. Gesù, permettimi di darti un bacio sulle labbra, che Giuda ardirà baciare col suo bacio infernale, e di asciugarti il volto bagnato di sangue su cui ora pioveranno schiaffi e sputi. Stringimi forte al tuo cuore e non permettere che io mi separi mai da te. Ti seguo e tu benedicimi.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, in questa terz’ora del Getsemani, chiese dal cielo aiuto, ed erano tante le sue pene, che chiese conforto anche dai suoi discepoli. E noi, in qualunque circostanza, dolore, sventura, chiediamo sempre aiuto dal cielo? E se anche ci rivolgiamo alle creature, facciamo ciò ordinatamente, presso chi può santamente confortarci? Siamo rassegnati almeno, se non abbiamo quei conforti che speravamo, servendoci della noncuranza delle creature per abbandonarci di più nelle braccia di Gesù?
Gesù fu confortato da un angelo. E noi, possiamo dire che siamo l’angelo di Gesù con lo starci intorno a lui per confortarlo e prendere parte alle sue amarezze? Ma, per poter fare da vero angelo a Gesù, è necessario prendere le pene come mandateci da lui, perciò come pene divine; solo allora possiamo osare di confortare un Dio tanto amareggiato. Altrimenti, se le pene le prendiamo in senso umano, non possiamo servircene per confortare que­st’Uomo-Dio, e quindi non possiamo fare da angeli.
Nelle pene che Gesù ci invia, pare ci mandi il calice dove noi dobbiamo mettere il frutto delle medesime; e queste pene, sofferte con amore e rassegnazione, si convertiranno in dolcissimo nettare per Gesù. In ogni pena diremo: “Gesù ci chiama a fare l’angelo intorno a lui; vuole i nostri conforti, e perciò ci fa parte delle sue pene”.
*
Amor mio, Gesù, nelle mie pene cerco il tuo cuore per riposo, e nelle tue intendo darti riparo con le mie pe­ne, per scambiarcele insieme, ed io sia [così] il tuo angelo consolatore.
(Orazione di ringraziamento
dopo ogni ora di agonia nell’Orto, pagina 62)
(Preghiera di Ringraziamento dopo ogni ora, pagina 20)







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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
O mio Gesù, già siamo a mezzanotte. Senti che i nemici si avvicinano, e tu, rassettandoti e rasciugandoti il sangue, rafforzato dai conforti ricevuti, vai di nuovo dai tuoi discepoli, li chiami, li ammonisci, te li porti insieme con te e vai incontro ai nemici, volendo riparare con la tua prontezza, la mia lentezza, svogliatezza e pigrizia nell’operare e patire per amore tuo.
Ma, o dolce Gesù, mio Bene, che scena commovente io vedo! Incontri per primo il perfido Giuda, il quale, avvicinandosi a te e gettandoti le braccia al collo, ti saluta e ti bacia. E tu, Amore svisceratissimo, non disdegni di baciare quelle labbra infernali, lo abbracci e te lo stringi al cuore, volendolo strappare dall’inferno, dando­gli segni di nuovo amore.
Mio Gesù, com’è possibile non amarti? È tanta la tenerezza del tuo amore, che dovrebbe strappare ogni cuore ad amarti. Eppure non ti amano. Mio Gesù, in questo bacio di Giuda, ripari i tradimenti, le finzioni, gli inganni sotto aspetto di amicizia e di santità, specialmente dei sacerdoti. Il tuo bacio poi, manifesta che a nessun peccatore, purché venga a te umiliato, rifiuteresti il tuo perdono.
Tenerissimo mio Gesù, già ti dai in mano ai nemici, dando loro potere di farti soffrire ciò che loro vogliono. Anch’io, o mio Gesù, mi do nelle tue mani, affinché liberamente tu possa fare di me ciò che più ti piaccia, ed insieme con te voglio seguire la tua Volontà, le tue riparazioni e soffrire le tue pene. Voglio stare sempre a te d’intorno, per fare che non ci sia offesa che io non ripari, amarezza che io non raddolcisca, sputi e schiaffi che tu ricevi che non siano seguiti da un mio bacio e carezza. Nelle cadute che farai, le mie mani saranno sempre pronte ad aiutarti per alzarti.
Sicché sempre con te voglio stare, o mio Gesù, nemmeno un minuto voglio lasciarti solo. E per essere più sicura, mettimi dentro di te ed io starò nella tua mente, nei tuoi sguardi, nel tuo cuore ed in tutto te stesso, per fare che ciò che fai tu possa farlo anch’io. Così potrò tenerti fedele compagnia e nulla potrà sfuggirmi delle tue pene, per darti per tutto, il mio ricambio d’amore. Dolce mio Bene, starò al tuo fianco per difenderti, per imparare i tuoi insegnamenti, per numerare una ad una tutte le tue parole.
Ah! Come mi scende dolce al cuore la parola che rivolgesti a Giuda:
Amice, ad quid venisti?”. [3]
E sento che anche a me rivolgi la stessa parola, non chiamandomi amica, ma col dolce nome di figlia, [dicendomi:] Filia, ad quid venisti?[4] per sentirti rispondere: “Gesù, vengo ad amarti”. Ad quid venisti?, mi ripeti, se mi sveglio al mattino. Ad quid venisti?, se prego. Ad quid venisti?, mi ripeti dall’Ostia santa, quando lavoro, quando prendo cibo, quando soffro, quando dormo. Che bel richiamo per me e per tutti!
Ma quanti, al tuo Ad quid venisti?, rispondono: “Ven­go per offenderti!”. Altri, fingendo di non sentirti, si danno ad ogni sorta di peccati e rispondono al tuo Ad quid venisti? coll’andare all’inferno. Quanto ti compatisco, o mio Gesù! Vorrei prendere le stesse funi con cui stanno per legarti i tuoi nemici, per legare queste anime e risparmiarti questo dolore.
Ma di nuovo sento la tua voce tenerissima che dice, mentre vai incontro ai tuoi nemici:
“Chi cercate?”.
E quelli rispondono:
“Gesù Nazareno”.
E tu a loro:
Ego sum”. [5]
Con questa sola parola tu dici tutto e ti dai a conoscere per quello che sei, tanto che i nemici tremano e cadono come morti per terra. E tu, o Amore che non ha pari, con un altro Ego sum, li richiami a vita e da te stesso ti dai in potere dei nemici.
Oh, che perfidia e ingratitudine! Invece di cadere umili e palpitanti ai tuoi piedi a chiederti perdono, abusando della tua bontà e disprezzando grazie e prodigi, ti mettono le mani addosso, e con funi e catene ti legano, ti stringono, ti gettano per terra, ti mettono sotto i piedi, ti strappano i capelli. E tu, con pazienza inaudita, taci, soffri e ripari le offese di coloro che, malgrado i miracoli, non si arrendono alla tua grazia e si ostinano di più. Con le funi e le catene impetri dal Padre la grazia di spezzare le catene delle nostre colpe e ci leghi con la dolce catena dell’amore.
E correggi amorosamente Pietro che vuole difenderti, persino tagliando l’orecchio a Malco. Intendi riparare con ciò le opere buone non fatte con santa prudenza, o che, per troppo zelo, cadono nella colpa.
Mio pazientissimo Gesù, queste funi e queste catene pare che mettano qualche cosa di più bello alla tua divina persona: la tua fronte si fa più maestosa, tanto da attirare l’attenzione dei tuoi stessi nemici; i tuoi occhi sfolgorano più luce; il tuo volto divino si atteggia ad una pa­ce e dolcezza suprema, da innamorare i tuoi stessi carnefici. Coi tuoi accenti soavi e penetranti, sebbene pochi, li fai tremare, tanto che, se ardiscono offenderti, è perché tu stesso lo permetti.
O Amore incatenato e legato, potrai mai permettere che tu sia legato per me, facendo più sfoggio d’amore verso di me, ed io, la piccola figlia tua, sia senza catene? No, no. Anzi legami con le tue stesse funi e catene, con le tue mani santissime. Perciò ti prego di legare, mentre bacio la tua fronte divina, tutti i miei pensieri, gli occhi, le orecchie, la lingua, il cuore, i miei affetti e tut­ta me stessa, ed insieme lega tutte le creature, affinché, sentendo le dolcezze delle tue amorose catene, non più ardiscano offenderti.
Dolce mio Bene, siamo già all’una. La mente incomincia ad assopirsi. Farò il possibile per mantenermi sveglia. Ma se il sonno mi sorprende, mi lascio in te per seguirti in ciò che fai tu, anzi lo farai tu stesso per me. In te lascio i miei pensieri a difenderti dai tuoi nemici, il mio respiro per corteggio e compagnia, il mio palpito a dirti sempre Ti amo e a rifarti dell’amore che gli altri non ti danno, le gocce del mio sangue a ripararti e a restituirti gli onori e la stima che ti toglieranno con gli insulti, sputi e schiaffi.
Mio Gesù, dammi un bacio, abbracciami e benedicimi; e, se vuoi che prenda sonno, fammi dormire nel tuo adorabile cuore, affinché dai tuoi palpiti accelerati dal­l’amore, o sofferenti, possa venir svegliata spesso, per non interrompere mai la nostra compagnia. Così restiamo intesi, o Gesù.
Riflessioni e Pratiche
Gesù prontamente si diede nelle mani dei nemici, guardando nei suoi nemici la Volontà del Padre.
Negli inganni delle creature, nei tradimenti, siamo noi pronti a perdonare come ha perdonato Gesù? Tutto il male che riceviamo dalle creature, lo prendiamo tutto dalle mani di Dio? Siamo noi pronti a fare tutto ciò che Gesù vuole da noi? Nelle croci, negli strapazzi, possiamo dire che la nostra pazienza imiti quella di Gesù?
*
Incatenato mio Gesù, le tue catene leghino il mio cuore e me lo tengano fermo per farlo pronto a soffrire ciò che vuoi tu.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)







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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Amato mio Bene, la mia povera mente tra la veglia ed il sonno ti segue. Come posso darmi in preda del sonno, se vedo che tutti ti lasciano e fuggono da te? Gli stessi apostoli, il fervente Pietro, che poco fa ha detto di voler dare la vita per te, il prediletto discepolo che con tanto amore hai fatto riposare sul tuo cuore, ah, tutti ti abbandonano e ti lasciano in balia dei tuoi crudeli nemici!
Mio Gesù, sei solo. I tuoi purissimi occhi guardano d’intorno per vedere se almeno uno dei tuoi beneficati ti segua per attestarti il suo amore e per difenderti. E men­tre scorgi che nessuno, nessuno ti è rimasto fedele, il cuore ti si stringe e dai in dirotto pianto, sentendo più dolore per l’abbandono dei tuoi più fidi, che per quello che ti stanno facendo gli stessi nemici. Mio Gesù, non piangere, o piuttosto fa che pianga io insieme con te. E l’amabile Gesù par che [mi] dica:
“Ah, figlia! Piangiamo insieme la sorte di tante anime a me consacrate che, per piccole prove, per incidenti della vita, non più si prendono cura di me e mi lasciano solo; per tante altre, timide e vili, che, per mancanza di coraggio e di fiducia, mi abbandonano; per tanti e tanti, che, non trovando il loro tornaconto nelle cose sante, non si curano di me; per tanti sacerdoti che predicano, che celebrano, che confessano per amore d’interesse e di propria gloria. Costoro fan vedere che sono intorno a me, ma Io rimango sempre solo. Ah, figlia, quanto m’è duro quest’abbandono! Non solo mi piangono gli occhi, ma mi sanguina il cuore. Deh! Ti prego di riparare il mio acerbo dolore col promettermi di non lasciarmi mai solo”.
Sì, o mio Gesù, lo prometto, aiutata dalla tua grazia e nella fermezza della tua Divina Volontà.
Ma, mentre, o Gesù, tu piangi l’abbandono dei tuoi cari, i nemici non ti risparmiano nessun oltraggio che ti possano fare. Stretto e legato come stai, o mio Bene, tanto che da te stesso neppure puoi dare un passo, ti calpestano, ti trascinano per quelle vie piene di pietre e di spine, sicché non c’è movimento che non ti faccia urtare nelle pietre e pungere dalle spine.
Ah, mio Gesù! Vedo che mentre ti trascinano, tu lasci dietro di te il sangue tuo prezioso, i dorati capelli che dal capo ti strappano. Mia Vita e mio Tutto, permettimi che li raccolga, affinché possa legare tutti i passi delle creature, le quali anche di notte non ti risparmiano, anzi si servono della notte per offenderti maggiormente: chi per ritrovi, chi per piaceri, chi per teatri, chi per compiere furti sacrileghi. Mio Gesù, mi unisco a te per riparare tutte queste offese.
Ma, o mio Gesù, siamo già al torrente Cedron, ed i perfidi giudei ti gettano dentro, ti fanno urtare contro un sasso che ivi è, con tanto impeto, da farti versare dalla bocca sangue preziosissimo di cui lasciasti segnato quel sasso. Poi, tirandoti, ti menano[6] giù in fondo a quelle ac­que putride, in modo che esse ti entrano nelle orecchie, nella bocca, nelle narici. Oh, Amore inarrivabile! Tu re­sti inondato e come ammantato da quelle acque putride, nauseanti e fredde, e in questo stato mi rappresenti al vivo lo stato lacrimevole delle creature quando commet­tono il peccato. Oh, come restano coperte e dentro e fuori di un manto di luridezze, da fare schifo al cielo e a chiunque potesse vederle, attirandosi così i fulmini della divina giustizia!
Oh, Vita della mia vita! Può darsi mai amore più grande? Per toglierci questo manto di luridezze, tu permetti che i nemici ti menino giù in questo torrente, e tut­to soffri per riparare i sacrilegi e le freddezze delle anime che ti ricevono sacrilegamente e che ti costringono di più che il torrente, a farti entrare nei loro cuori, e a farti sentire tutta la nausea di esse. Tu permetti ancora che queste acque ti penetrino fin nelle viscere, tanto che i nemici, temendo che rimanessi affogato, per riserbarti a maggiori tormenti, ti tirano su. Ma fai tanto schifo, che essi stessi sentono nausea a toccarti.
Mio tenero Gesù, sei già fuori dal torrente. Il cuore non mi regge a vederti così bagnato da queste acque nauseanti. Vedo che tu tremi da capo a piè per il freddo. Guardi intorno, cercando cogli occhi ciò che non fai con la voce: uno almeno che ti rasciughi, ti pulisca e ti riscaldi, ma indarno. Nessuno si muove a pietà di te: i nemici ti beffano e ti deridono, i tuoi ti hanno abbandonato, la dolce Mamma è lontana perché così il Padre dispone.
Eccomi, o Gesù: vieni nelle mie braccia. Voglio tanto piangere da formarti un bagno per lavarti, pulirti, ed aggiustarti con le mie mani i tuoi capelli tutti scarmigliati. Mio Amore, voglio chiuderti nel mio cuore per riscaldarti col calore dei miei affetti, voglio profumarti coi miei desideri santi, voglio riparare tutte queste offese e mettere la mia vita insieme alla tua per salvare tutte le anime. Il mio cuore, voglio offrirtelo come luogo di riposo, per poterti rinfrancare in qualche modo delle pene sofferte fin qui, e poi riprenderemo insieme la via della tua passione.
Riflessioni e Pratiche
In quest’ora Gesù si diede in balia dei suoi nemici, i quali giunsero fino a gettarlo nel torrente Cedron; ma l’amante Gesù li guardava tutti con amore, sopportando tutto per amor loro. E noi, ci diamo in balia della Volon­tà di Dio? Nelle nostre debolezze e cadute siamo noi pronti a rialzarci per gettarci nelle braccia di Gesù?
Il tormentato Gesù fu gettato nel torrente Cedron, provando soffocazione, nausea e ribrezzo. E noi, abborriamo qualunque macchia ed ombra di peccato? Siamo noi pronti a dare un ricetto a Gesù nel nostro cuore, per non fargli sentire la nausea che le altre anime gli danno col peccato, e per compensarlo di quella che gli abbiamo dato tante volte noi stessi?
*
Mio tormentato Gesù, non mi risparmiare in nulla, e fa che possa essere oggetto delle tue mire divine ed amorose.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)







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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Gesù, sii sempre insieme con me. Dolce Mamma, seguiamo insieme Gesù.
Mio Gesù, Sentinella divina, vegliandomi tu nel cuore e non volendo restare solo senza di me, mi desti e mi fai trovare insieme con te nella casa di Anna.
Già ti trovi a quel punto in cui Anna ti interroga sulla tua dottrina e sui tuoi discepoli. E tu, o Gesù, per difendere la gloria del Padre, apri la tua sacratissima bocca, e con voce sonora e dignitosa rispondi:
“Io ho parlato in pubblico, e tutti quelli che qui stanno mi hanno ascoltato”.
Ai tuoi cenni dignitosi tutti tremano, ma la perfidia è tanta che un servo, volendo far onore ad Anna, si avvicina a te e con mano ferrata ti dà uno schiaffo, ma tanto forte da farti barcollare ed illividire il tuo santissimo volto.
Ora capisco, dolce Vita mia, perché mi hai destato: tu avevi ragione! Chi doveva sostenerti in questo momento in cui stai per cadere? I tuoi nemici rompono in risa sataniche, in fischi ed in battimani, applaudendo ad un atto così ingiusto, e tu, barcollando, non hai a chi appoggiar­ti. Mio Gesù, ti abbraccio, anzi voglio farti muro col mio essere, e ti offro la mia guancia con coraggio, pron­ta a sopportare qualsiasi pena per amor tuo. Ti compatisco per questo oltraggio, ed insieme con te riparo per le timidezze di tante anime che facilmente si scoraggiano, per quelle che per timore non dicono la verità, per le mancanze di rispetto dovuto ai sacerdoti e per le mormorazioni.
Ma vedo, afflitto mio Gesù, che Anna ti manda a Caifa. I tuoi nemici ti precipitano per le scale, e tu, Amor mio, in questa dolorosa caduta, ripari per quelli che di notte tempo precipitano nella colpa col favore delle tenebre, e chiami alla luce della fede gli eretici e gli infedeli.
Anch’io voglio seguirti in queste riparazioni e, finché giungi a Caifa, ti mando i miei sospiri per difenderti dai tuoi nemici. E mentre io dormirò, continua a farmi da sentinella, destandomi quando ne avrai bisogno. Perciò dammi un bacio e benedicimi, ed io ti bacio il cuore ed in esso continuo il mio sonno.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, presentato innanzi ad Anna, è da questi interrogato sulla sua dottrina e sui suoi discepoli; per glorificare il Padre, risponde circa la sua dottrina, ma non tocca i discepoli per non mancare alla carità.
E noi, quando si tratta di glorificare il Signore, siamo intrepidi e coraggiosi, oppure ci facciamo vincere dal rispetto umano? Dobbiamo sempre dire la verità, fosse pure innanzi a persone di riguardo.
Nel nostro dire cerchiamo sempre la gloria di Dio? Per esaltare la gloria di Dio, sopportiamo tutto con pazienza come Gesù? Evitiamo sempre di parlare male del prossimo, e lo scusiamo se sentiamo che altri ne sparlano?
Gesù vigila il nostro cuore. E noi, vigiliamo il cuore di Gesù, affinché nessuna offesa riceva che non sia da noi riparata? Vigiliamo noi stessi in tutto, affinché ogni nostro pensiero, sguardo, parola, affetto, palpito, desiderio siano tante sentinelle intorno a Gesù, per vigilare il suo cuore e ripararlo da tutte le offese? E per poter far ciò, preghiamo Gesù che vigili ogni nostro atto e ci aiuti egli stesso a vigilare il nostro cuore?
Ogni atto che facciamo in Dio è una vita divina che prendiamo in noi, e, siccome noi siamo molto ristretti e Dio è immenso, non possiamo rinchiudere un Dio nel nostro semplice atto; quindi moltiplichiamoli quanto più è possibile, per potere così almeno allargare la nostra capacità di intendere e di amare.
E quando il nostro Gesù ci chiama, siamo pronti a rispondere? La chiamata di Dio si può far sentire in tanti modi: con le ispirazioni, con la lettura dei libri buoni, con l’esempio; si può far sentire sensibilmente con le at­trattive della grazia, ed anche con le stesse intemperie dell’aria.
*
Mio dolce Gesù, la tua voce risuoni sempre nel mio cuore; e tutto ciò che mi circonda, dentro e fuori, sia la voce continua che mi chiami sempre ad amarti, e l’ar­monia della tua voce divina mi impedisca di sentire qua­lunque altra voce umana dissipatrice.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)







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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Afflitto ed abbandonato mio Bene, mentre dorme la mia debole natura nel tuo addolorato cuore, il mio sonno viene spesso interrotto dalle strette d’amore e di dolore nel tuo cuore divino. Tra la veglia e il sonno sento gli urti che ti danno, e mi sveglio e dico:
“Povero mio Gesù, abbandonato da tutti, non c’è chi di te prenda difesa. Ma da dentro il tuo cuore io ti offro la mia vita per farti d’appoggio nell’atto che ti fanno ur­tare”.
E mi assopisco di nuovo, ma un’altra stretta d’amore del tuo cuore divino mi sveglia, e mi sento assordare le orecchie dagli insulti che ti fanno, dai bisbigli, dalle grida e dal correre di gente.
Amor mio, perché sono tutti contro di te? Perché come tanti lupi arrabbiati ti vogliono sbranare? Mi sento gelare il sangue nel sentire i preparativi dei tuoi nemici, ed io tremo e sono angosciata, pensando come fare per difenderti.
Ma il mio afflitto Gesù, tenendomi nel suo cuore, mi stringe più forte e mi dice:
“Figlia mia, non ho fatto nulla di male, e ho fatto tutto: ho il ‘delitto’ dell’amore, che contiene tutti i sacrifici; l’amore, di costo immensurabile. Siamo ancora al principio; tu sta’ nel mio cuore, osserva tutto, amami, taci ed impara. Fa che il tuo sangue gelato scorra nelle mie vene per dare ristoro al mio sangue che va tutto in fiamme; fa che il tuo tremito scorra nelle mie membra, affinché immedesimata in me, possa raffermarti e riscal­darti, per sentire parte delle mie pene, ed insieme possa acquistare forza nel vedermi tanto soffrire: questa sarà la più bella difesa che mi farai; siimi fedele ed attenta”.
Dolce Amor mio, è tale e tanto lo strepito dei tuoi ne­mici, che non mi lasciano prendere più sonno. Gli urti si fanno più violenti; sento i rumori delle catene con cui ti hanno legato, e tanto stretto, che ti fanno uscire dai polsi vivo sangue, con cui tu segni quelle vie. Ricordati che il mio sangue è nel tuo, e tu, come lo versi, il mio lo bacia, lo adora e ripara. Il tuo sangue sia luce a tutti quelli che di notte ti offendono, e calamita per attirare tutti i cuori intorno a te.
Amor mio e mio Tutto, mentre ti trascinano, l’aria pare assordare di grida e fischi. Già arrivi davanti a Caifa. Tu sei tutto mansueto, modesto, umile; la tua dolcezza e pazienza è tanta da terrorizzare gli stessi nemici; e Caifa, tutto furore, vorrebbe divorarti. Ah, come si distinguono bene l’innocenza ed il peccato!
Amor mio, tu sei dinanzi a Caifa come il più colpevo­le, in atto di essere condannato. Già Caifa domanda ai testimoni quali sono i tuoi delitti. Ah, avrebbe fatto meglio a domandare qual è il tuo amore! E chi ti accusa di una cosa e chi di un’altra, spropositando e contraddicen­dosi tra loro. E, come ti accusano, i soldati che ti stanno accanto ti tirano i capelli, ti scaricano sul volto santissimo orribili schiaffi, da far rimbombare tutta la sala. Ti torcono le labbra, ti battono, e tu taci, soffri; e se li guar­di, la luce dei tuoi occhi scende nei loro cuori, e non po­tendo sopportarla, si allontanano da te, ma altri subentrano per fare di te maggiore scempio.
Ma in tante accuse ed oltraggi, ti vedo tendere l’orec­chio, e il tuo cuore batte forte, in atto di scoppiare per il dolore. Dimmi, afflitto mio Bene, che c’è di nuovo? Per­ché, di quello che ti stanno facendo i nemici, vedo che è tanto il tuo amore, che ansioso lo aspetti e lo offri per la nostra salvezza. Ed il tuo cuore ripara con tutta calma le calunnie, gli odi, le false testimonianze, il male che si fa agli innocenti con premeditazione; e ripara per quelli che ti offendono per istigazione dei capi e le offese degli ecclesiastici.
E mentre unita a te, seguo le tue stesse riparazioni, sento in te un cambiamento di un nuovo dolore non mai inteso finora. Dimmi, dimmi, che c’è? Fammi parte di tutto, o Gesù.
“Figlia, vuoi saperlo? Sento la voce di Pietro che dice di non conoscermi, poi ha giurato e poi ancora ha spergiurato e anatematizzato di non conoscermi.
O Pietro, come! Non mi conosci? Non ti ricordi di quanti beni ti ho colmato? Ah, se gli altri mi fanno morire di pene, tu mi fai morire di dolore! Ah, quanto male hai fatto col seguirmi da lontano, esponendoti poi alle occasioni!”.
Negato mio Bene, come subito si conoscono le offese dei tuoi più cari! O Gesù, voglio far scorrere il mio palpito nel tuo, per raddolcire lo spasimo atroce che soffri, e questo mio palpito ti giura fedeltà, amore, e ripete e giura le mille e mille volte di conoscerti. Ma il tuo cuore non si calma ancora, e cerchi di vedere Pietro. Ai tuoi sguardi amorosi, grondanti lacrime per la sua negazione, Pietro s’intenerisce, piange e si allontana, e tu, avendolo messo in salvo, ti calmi e ripari le offese dei papi e dei capi della Chiesa, specialmente di quelli che si espongono alle occasioni.
Intanto i tuoi nemici seguono ad accusarti; e vedendo Caifa che niente rispondi alle loro accuse, ti dice:
“Ti scongiuro per il Dio vivente, dimmi: Veramente sei tu il vero Figlio di Dio?”.
E tu, Amor mio, avendo sempre sul tuo labbro la parola della verità, atteggiandoti a maestà suprema, con voce sonora e soave (tanto che tutti restano colpiti e gli stessi demoni sprofondano nell’abisso), rispondi:
“Tu lo dici. Sì, Io sono il vero Figlio di Dio, e un giorno scenderò sulle nubi del cielo a giudicare tutte le nazioni”.
Alle tue parole creatrici tutti fanno silenzio; si sentono rabbrividire e spaventare. Ma Caifa, dopo pochi atti­mi di spavento, riavendosi e tutto furibondo più che belva feroce, dice a tutti:
“Che bisogno abbiamo più di testimoni? Ha detto già una grande bestemmia! Che più aspettiamo per condannarlo? Già è reo di morte!”.
E per dare più forza alle sue parole, si straccia le vesti con tanta rabbia e furore che tutti, come se fossero uno solo, si avventano contro di te, mio Bene; e chi ti dà pugni sulla testa, chi ti tira i capelli, chi ti dà schiaffi, chi ti sputa sul volto, chi ti calpesta sotto i piedi. Sono tali e tanti i tormenti che ti danno, che la terra trema e i cieli ne restano scossi.
Amor mio e Vita mia, come questi ti tormentano, così il mio povero cuore è lacerato dal dolore. Deh! Permetti­mi che esca dal tuo addolorato cuore e che in vece tua affronti tutti questi oltraggi. Ah! Se mi fosse possibile, vorrei fugarti dalle mani dei tuoi nemici, ma tu non vuoi poiché lo richiede la salvezza di tutti, ed io sono costret­ta a rassegnarmi.
Ma dolce Amor mio, lasciami che ti rassetti, che ti aggiusti i capelli, che ti tolga gli sputi, che ti rasciughi il sangue e mi chiuda nel tuo cuore, perché vedo che Caifa, stanco, vuol ritirarsi, consegnandoti in mano ai soldati.
Perciò ti benedico, e tu benedicimi e dammi il bacio del tuo amore; ed io mi chiudo nella fornace del tuo cuore divino per prendere sonno. Metto sul tuo cuore la mia bocca, affinché, respirando, ti baci, e dalla diversità dei tuoi palpiti più o meno sofferenti possa avvertire se tu soffri o riposi. Perciò, facendoti ale con le mie braccia per tenerti difeso, ti abbraccio, mi stringo forte al tuo cuore e prendo sonno.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, presentato a Caifa, è accusato ingiustamente e sottoposto a torture inaudite. Interrogato, egli dice sempre la verità. E noi, quando il Signore permette che ci calunnino o ci accusino ingiustamente, cerchiamo solo Iddio che conosce la nostra innocenza, oppure mendichiamo la stima e l’onore delle creature? Sul nostro labbro spunta sempre la verità? Siamo noi nemici di qualunque artifizio e bugia? Sopportiamo con pazienza i di­leggi e le confusioni che ci danno le creature? Siamo pronti a dare la vita per la loro salvezza?
*
O mio dolce Gesù, quanto diversa da te io sono! Deh! Fa che il mio labbro dica sempre la verità in modo da ferire il cuore di chi mi ascolta, per condurre tutti a te.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Vita mia dolcissima, Gesù, mentre dormivo stretta al tuo cuore, spesso spesso mi sentivo pungere dalle spine che pungono il tuo santissimo cuore. E volendo svegliarmi perché tu abbia una almeno che noti tutte le tue pene e ti compatisca, mi stringo più forte al tuo cuore, e, sentendo più al vivo le tue punture, mi sveglio. Ma che vedo? Che sento? Vorrei nasconderti nel mio cuore per espormi in vece tua e ricevere su di me pene così dolorose, insulti ed umiliazioni così indicibili. Ma solo il tuo amore poteva sostenere tanti oltraggi. Mio pazientissimo Gesù, che cosa potevi sperare da gente così inumana?
Già vedo che si prendono gioco di te. Ti coprono il volto di densi sputi, la luce dei tuoi begli occhi resta coperta di sputi; e tu, mandando fiumi di lacrime per la no­stra salvezza, spingi dai tuoi occhi quegli sputi. E i tuoi nemici, non essendo il loro cuore capace di vedere la luce dei tuoi occhi, tornano di nuovo a coprirli di sputi.
Altri, facendosi più bravi nel male, ti aprono la dolcissima bocca e te la riempiono di sputi fetenti, tanto che loro stessi ne sentono la nausea. E siccome quegli sputi scendono e mostrano in parte la maestà del tuo volto e la tua sovrumana dolcezza, si sentono rabbrividire e si vergognano di sé stessi; e per essere più liberi ti bendano gli occhi con uno straccio vilissimo, in modo da potersi del tutto sfrenare sulla tua adorabile persona. Sicché ti battono senza pietà, ti trascinano, ti pestano sotto i piedi e ripetono i pugni, gli schiaffi sul tuo volto e sulla testa, graffiandoti e tirandoti per i capelli, e ti sbalzano da un punto all’altro.
Gesù, Amor mio, il cuore non regge vedendoti in tan­te pene. Tu vuoi che noti tutto, ma io mi sento che vorrei coprirmi gli occhi per non vedere scene così dolorose che fanno strappare il cuore da ogni petto, ma l’amore per te mi costringe a guardare che ne è di te. E vedo che non fiati, che non dici una parola per difenderti, che stai in mano a questi soldati come uno straccio e possono fare di te quello che vogliono, e, vedendoli saltare sopra di te, temo che tu muoia sotto i loro piedi.
Mio Bene e mio Tutto, è tanto il dolore che sento per le tue pene, che vorrei dare grida così forti da farmi sen­tire su nel cielo, e chiamare il Padre, lo Spirito Santo e gli angeli tutti, e qui in terra, da un punto all’altro, chia­mare per prima la dolce Mamma e tutte le anime che ti amano, in modo che, formando cerchio attorno a te, impediamo a questi insolenti soldati di avvicinarsi a te per insultarti e tormentarti ancora. Ed insieme con te riparia­mo tutte le specie di peccati notturni, soprattutto quelli commessi dai settari sulla tua sacramentale persona durante la notte, e tutte le offese delle anime che non si mantengono fedeli nella notte della prova.
Ma vedo, insultato mio Bene, che i soldati, stanchi e ubriachi, vorrebbero riposarsi; ed il povero mio cuore, oppresso e lacerato da tante tue pene, non vuol restare solo insieme con te, sente il bisogno di un’altra compagnia.
Deh! Dolce Mamma mia, sii tu la mia inseparabile compagnia, abbracciamo insieme Gesù per consolarlo. O Gesù, insieme con la Mamma ti bacio e benedico, e con lei prenderò il sonno dell’amore sul tuo adorabile cuore.
Riflessioni e Pratiche
Gesù in quest’ora è in mezzo ai soldati con animo im­perturbabile, con costanza ferrea. Da quel Dio che è, soffre tutti gli strapazzi che i soldati gli fanno, e li guarda con tanto amore, da sembrare che li inviti a dargli più pene.
E noi, nelle ripetute sofferenze, siamo costanti, oppure ci lamentiamo, c’infastidiamo, perdiamo la pace, quella pace del cuore necessaria per fare che Gesù possa trovare in noi una felice dimora?
La fermezza è quella virtù che fa conoscere se Dio re­gna veramente in noi. Se è vera virtù la nostra, saremo fermi nella prova con una fermezza, non a periodi, ma sempre eguale a sé stessa, ed è questa sola fermezza che ci dà la pace. Come più ci rendiamo fermi nel bene, nel patire e nell’operare, così veniamo ad allargare il campo intorno a noi, dove Gesù allargherà le sue grazie. Sicché, se noi saremo incostanti, piccolo sarà il nostro cam­po, e Gesù poco o nulla potrà spaziarsi. Se invece noi saremo fermi e costanti, trovando Gesù il campo molto esteso, troverà in noi il suo appoggio e sostegno, e dove distendere le sue grazie.
Se vogliamo che il nostro amato Gesù riposi in noi, circondiamolo della stessa fermezza con cui operava per la salvezza delle anime nostre. Egli così difeso starà nel nostro cuore in dolce riposo.
Gesù guardava con amore quelli che lo maltrattavano. E noi, guardiamo con lo stesso amore quelli che ci offendono? E l’amore che mostriamo loro è tanto, da far che sia voce così potente per i loro cuori da convertirli a Gesù?
*
Mio Gesù, Amore senza confine, dammi questo amore e fa che ogni pena chiami anime a te.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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Gesù in Prigione
Dal Volume 12 del 4 dicembre 1918 (71)
[Luisa dice:]
Questa notte l’ho passata insieme con Gesù in prigione, lo compativo, mi stringevo alle sue ginocchia per sostenerlo, e Gesù mi ha detto:
“Figlia mia, nella mia passione volli soffrire anche la prigione per liberare la creatura della prigione della colpa. Oh, che prigione orrida è per l’uomo il peccato! Le sue passioni lo incatenano da vile schiavo e la mia prigionia e le mie catene lo sprigionavano e lo scioglievano.
Per le anime amanti, la mia prigionia formava loro la prigionia d’amore dove starsi al sicuro e difese da tutti e da tutto, e le sceglievo per tenerle come prigioni e tabernacoli viventi che mi dovevano riscaldare dalle freddezze dei tabernacoli di pietra, molto più dalle freddezze delle creature che, imprigionandomi in loro, mi fanno morire di freddo e di fame.
Ecco perciò molte volte lascio le prigioni dei tabernacoli e vengo nel tuo cuore per riscaldarmi dal freddo, per ristorarmi col tuo amore, e quando ti veggo andare in cerca di me, nei tabernacoli delle chiese io ti dico: “Non sei tu la mia vera prigione d’amore per me? Cercami nel tuo cuore ed amami”.




(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio prigioniero Gesù, mi son destata e non ti trovo. Il cuore mi batte forte forte, smania d’amore. Dimmi, dove sei? Angelo mio, portami alla casa di Caifa. Ma, giro e rigiro, frugo dappertutto e non ti trovo. Amor mio, presto, con le tue mani muovi le catene con cui tieni legato il mio cuore al tuo e tirami a te, affinché possa prendere il volo per venirmi a gettare nelle tue braccia. E tu, Amor mio, ferito dalla mia voce e volendo la mia compagnia già mi attiri e vedo che ti hanno messo in prigione. Il mio cuore, mentre esulta di gioia nel trovarti, sen­to che è ferito dal dolore, vedendo lo stato in cui ti hanno ridotto. Ti vedo con le mani legate all’indietro ad una colonna, stretti e legati i piedi; il volto santissimo contuso, gonfio e sanguinante per gli orribili schiaffi ricevuti. I tuoi santissimi occhi sono lividi, la tua pupilla è stanca e mesta per la veglia, i tuoi capelli sono tutti in disordine, la tua santissima persona è tutta pesta e, per giunta, tu non puoi aiutarti e pulirti perché sei legato. Ed io, o mio Gesù, in un singhiozzo di pianto, abbracciandomi ai tuoi piedi, ti dico: “Ahimè, come sei ridotto, o Gesù!”.
E Gesù, guardandomi, mi risponde:
“Vieni, o figlia mia, e stai attenta a tutto ciò che vedi fare da me, per farlo insieme con me, onde poter continuare la mia vita in te”.
Ed ecco, con mio stupore vedo che invece d’occuparti delle tue pene, con un amore indescrivibile pensi a glorificare il Padre, per rifarlo di ciò che siamo obbligati, e chiami tutte le anime intorno a te, per prendere tutti i loro mali su di te e dare a loro tutti i beni. E siccome siamo già all’albeggiare del giorno, sento la tua voce dolcissima che dice:
“Padre santo, grazie ti rendo di tutto ciò che ho sofferto e di quello che mi resta da soffrire. E come que­st’alba chiama il giorno ed il giorno fa sorgere il sole, così l’alba della grazia spunti in tutti i cuori, e facendosi giorno, io, sole divino, possa sorgere in tutti i cuori e regnare su tutti. Vedi, o Padre, queste anime? Ed Io voglio risponderti per tutti, per i loro pensieri, parole, opere e passi, a costo di sangue e di morte”.
Mio Gesù, Amore senza confini, a te mi unisco e an­ch’io ti ringrazio di quanto mi hai fatto soffrire e per quello che mi rimane da soffrire, e ti prego di far spuntare in tutti i cuori l’alba della grazia, perché tu, sole divino, possa risorgere in tutti i cuori e regnare su tutti.
Mio dolce Gesù, vedo ancora che tu ripari tutte le pri­mizie dei pensieri, degli affetti e delle parole che al prin­cipio del giorno non sono offerti a te per darti onore, e richiami in te, come in rassegna, i pensieri, gli affetti e le parole delle creature, per riparare e dare al Padre la gloria che gli devono.
Mio Gesù, Maestro divino, giacché in questa prigione abbiamo un’ora libera, ed essendo soli, voglio fare non solo ciò che fai tu, ma ripulirti, aggiustarti i capelli e fondermi tutta in te. Perciò mi avvicino alla tua santissi­ma testa, e, riordinandoti i capelli, voglio ripararti per tante menti stravolte e piene di terra, che non hanno un pensiero per te, e, fondendomi nella tua mente, voglio riunire in te tutti i pensieri delle creature e fonderli nei tuoi pensieri, per trovare sufficiente riparazione per tutti i pensieri cattivi, per tanti lumi e ispirazioni soffocate. Vorrei fare di tutti i pensieri uno solo coi tuoi, per darti vera riparazione e perfetta gloria.
Mio afflitto Gesù, bacio i tuoi occhi mesti e pregni di lacrime, che avendo le mani legate alla colonna non puoi asciugarli né toglierti gli sputi con cui ti hanno imbrattato; e siccome la posizione in cui ti hanno legato è straziante, non puoi chiudere i tuoi occhi stanchi per prendere riposo. Amor mio, quanto volentieri vorrei farti da letto con le mie braccia per darti riposo, e voglio asciugarti gli occhi, e chiederti perdono e ripararti le quante volte non abbiamo avuto la mira di piacerti e di guardarti per vedere che volevi da noi, che cosa doveva­mo fare e dove volevi che andassimo. E voglio fondere i miei occhi e quelli di tutte le creature nei tuoi, per poter riparare coi tuoi stessi occhi tutto il male che abbiamo fatto con la vista.
Mio pietoso Gesù, bacio le tue santissime orecchie stanche dagli insulti di tutta la notte e, molto più dal­l’eco di tutte le offese delle creature, che si ripercuote nel tuo udito. Ti chiedo perdono e riparo per quante vol­te ci hai chiamato e siamo stati sordi o abbiamo fatto finta di non ascoltarti, e tu, stanco mio Bene, hai ripetute le chiamate, ma invano. Voglio fondere le mie orec­chie e quelle di tutte le creature nelle tue, per fare una continua e completa riparazione.
Innamorato mio Gesù, bacio il tuo volto santissimo, tutto illividito dagli schiaffi. Ti domando perdono, e riparo per quante volte tu ci hai chiamato per tue vittime di riparazione, e noi, unendoci coi tuoi nemici, ti abbiamo dato schiaffi e sputi. Mio Gesù, voglio fondere il mio volto nel tuo, per restituirti la tua natia bellezza e darti intera riparazione per tutti i disprezzi che si fanno alla tua santissima maestà.
Amareggiato mio Bene, bacio la tua dolcissima bocca, addolorata dai pugni e riarsa dall’amore. Voglio fondere la mia lingua e quelle di tutte le creature nella tua, per riparare con la tua stessa lingua tutti i peccati e discorsi cattivi che si fanno. E voglio, assetato mio Gesù, unire tutte le voci in una con la tua, per fare che, quando stanno per offenderti, scorrendo la tua voce in quelle delle creature, possa soffocare le voci del peccato e cambiarle in voci di lode e di amore.
Incatenato Gesù, bacio il tuo collo, oppresso da pesanti catene e da funi, che, scorrendo dal petto fin dietro le spalle e passando dalle braccia, ti tengono stretto stretto legato alla colonna. Già le tue mani sono gonfie ed annerite dalla strettezza delle legature, e da più parti sprizzano sangue. Permettimi, legato mio Gesù, che ti sciolga e, se ami di essere legato, che ti leghi con le catene dell’amore, che essendo dolci, invece di farti soffrire, ti raddolciranno. E, mentre ti sciolgo, voglio fondermi nel tuo collo, per poter riparare insieme con te tutti gli attaccamenti e dare a tutti le catene del tuo amore.
Voglio fondermi nel tuo petto, per poter riparare tutte le freddezze e così riempire il petto di tutte le creature del tuo fuoco, che vedo che ne contieni tanto che non puoi contenerlo. Voglio fondermi nelle tue spalle, per poter riparare tutti i piaceri illeciti e l’amore alle comodità, per dare a tutti lo spirito di sacrificio e l’amore al patire. Voglio fondermi nelle tue mani, per riparare tutte le opere cattive e il bene fatto malamente e con presunzione, per dare a tutti il profumo delle tue opere. Fondendomi nei tuoi piedi, chiudo tutti i passi delle creature per ripararli e dare a tutti i tuoi passi per farli camminare santamente.
Ed ora, dolce Vita mia, permettimi che, fondendomi nel tuo cuore, racchiuda tutti gli affetti, i palpiti e i desideri, per ripararli insieme con te, e a tutti dia i tuoi affet­ti, palpiti e desideri, affinché nessuno più ti offenda.
Ma ora sento nelle mie orecchie lo scricchiolio della chiave: sono i tuoi nemici che vengono a scarcerarti. Gesù, io tremo, mi sento agghiacciare. Tu sarai di nuovo nelle mani dei tuoi nemici. Che ne sarà di te?
Mi pare di sentire anche lo scricchiolio delle chiavi dei tabernacoli: quante mani profanatrici vengono ad aprirli, e forse per farti scendere in cuori sacrileghi! In quante mani indegne sei costretto a trovarti! Mio prigioniero Gesù, voglio trovarmi in tutte le tue prigioni d’amore, per essere spettatrice quando i tuoi ministri ti sprigionano e per farti compagnia e ripararti le offese che puoi ricevere.
Vedo che i tuoi nemici son vicini, e tu stai salutando il sole nascente, l’ultimo dei tuoi giorni; ed essi, sciogliendoti e vedendoti tutto maestà e che li guardi con tanto amore, per ricambio ti scaricano sul volto schiaffi sì forti da farlo arrossare col tuo preziosissimo sangue.
Amor mio, prima di uscire dalla prigione, nel mio do­lore ti prego di benedirmi, per ricevere forza per seguirti nel resto della tua passione.
Riflessioni e Pratiche
Gesù in prigione, legato ad una colonna ed immobilizzato, è imbrattato di sputi e di fango. Egli cerca l’ani­ma nostra perché gli faccia compagnia. E noi, siamo contenti di starci soli con Gesù, oppure cerchiamo la compagnia delle creature? L’unico nostro respiro, l’uni­co nostro palpito non è Gesù solo?
L’amante Gesù, per averci somiglianti a lui, lega le anime nostre con le aridità, con le oppressioni, con i do­lori e con qualunque altra specie di mortificazione. E noi, siamo contenti di farci legare da Gesù in quella prigione in cui il suo amore ci mette, cioè oscurità, oppressioni ed altro? Gesù è in prigione. Sentiamo in noi la forza e la prontezza d’imprigionarci in Gesù per amor suo?
L’afflitto Gesù sospirava l’anima nostra per essere slegato e sostenuto nella dolorosa posizione in cui si tro­vava. E noi, sospiriamo che solo Gesù venga a farci compagnia, a scioglierci dalle catene di ogni passione e farci legare con catene più forti nel suo cuore? E le nostre pene le mettiamo in corteggio intorno al penante Gesù, per allontanargli gli sputi e il fango che i peccatori gli mandano? Gesù, in prigione, prega. E la nostra preghiera è costante con Gesù?
*
Incatenato mio Gesù, tu ti sei fatto prigioniero per amor mio, ed io ti prego d’imprigionare in te la mente, la lingua, il cuore, tutta me stessa, perché io non abbia libertà alcuna e tu abbia assoluta padronanza su di me.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio addolorato Gesù, già sei fuori dalla prigione, sei tanto sfinito che vacilli ad ogni passo. Voglio mettermi al tuo fianco per sorreggerti quando vedrò che stai per cadere.
Vedo che i soldati ti portano innanzi a Caifa, e tu, o mio Gesù, come sole ricomparisci in mezzo a loro, e, sebbene sfigurato, spandi luce dappertutto. Già vedo che Caifa gongola di gioia nel vederti sì malamente ridotto. Ai riflessi della tua luce si acceca maggiormente e, nel suo furore, torna ad interrogarti:
“Sicché, sei tu veramente il vero Figlio di Dio?”.
E tu, Amor mio, con maestà suprema, con la grazia del tuo dire e col tuo solito accento dolce e commovente da rapire i cuori, rispondi:
“Sì, io sono il vero Figlio di Dio”.
E i tuoi nemici, sebbene sentano in loro tutta la forza della tua parola, soffocando tutto, senza voler sapere altro, ad unanime voce gridano:
“È reo di morte, è reo di morte!”.
Caifa conferma la sentenza di morte e t’invia a Pilato. E tu, mio condannato Gesù, accetti questa sentenza con tanto amore e rassegnazione, quasi da strapparla all’ini­quo pontefice, e ripari tutti i peccati fatti deliberatamen­te e con tutta malizia, e per quelli che, invece di affliggersi del male, ne gongolano ed esultano dello stesso peccato, e ciò li porta alla cecità ed a soffocare ogni lume e grazia. Vita mia, le tue riparazioni e preghiere fanno eco nel mio cuore, e riparo e prego insieme con te.
Dolce mio Amore, vedo che i soldati, avendo perduto quel poco di stima di te, nel vederti condannato a morte, ti prendono, aggiungono funi e catene, ti stringono tanto forte da togliere quasi il moto alla tua divina persona e, spingendoti e trascinandoti, ti mettono fuori dal palazzo di Caifa.
Turbe di popolo ti attendono, ma nessuno per difenderti. E tu, mio Sole divino, esci in mezzo a loro, volendo con la tua luce ravvolgere tutti.
E come muovi i primi passi, volendo racchiudere tutti i passi delle creature nei tuoi, preghi e ripari per quelli che muovono i primi passi per operare con fini cattivi: chi per vendicarsi, chi per uccidere, chi per tradire, chi per rubare o per altro. Oh, come ti feriscono il cuore tut­te queste colpe! E, per impedire tanto male, preghi, ripari ed offri tutto te stesso.
Ma, mentre ti seguo, vedo che tu, mio Sole Gesù, t’incontri al primo scendere dal palazzo di Caifa con la bella Maria, la nostra dolce Mamma. I vostri sguardi s’incontrano, si feriscono e, sebbene ne restiate sollevati nel vedervi, nascono pure nuovi dolori: per te, nel vedere la bella Madre trafitta, pallida ed ammantata di lutto; per la cara Mamma, nel vedere te, Sole divino, eclissato e coperto di tanti obbrobri, piangente ed ammantato di sangue. Ma non potete godere a lungo lo scambio degli sguardi, e, col dolore di non potervi dire neppure una parola, i vostri cuori si dicono tutto, e, fusi l’uno nell’al­tro, cessate di guardarvi perché i soldati ti spingono; e, così calpestato e trascinato, giungi a Pilato.
Mio Gesù, mi unisco con la trafitta Mamma nel seguirti, per fondermi in te insieme con lei; e tu, dandomi un tuo sguardo d’amore, benedicimi.
Riflessioni e Pratiche
Gesù esce alla luce del giorno ed è portato innanzi a Caifa, e con animo fermo conferma che egli è Figlio di Dio. E noi, quando usciamo, ci facciamo dirigere da Gesù? Il nostro contegno è di esempio agli altri, e i nostri passi, come calamita, chiamano le anime intorno a Gesù? Tutta la vita di Gesù è un richiamo continuo di anime. Se noi ci uniformeremo alla sua Volontà, cioè se i nostri piedi come camminano chiamano le anime; se i nostri palpiti, facendo eco ai palpiti divini, si armonizza­no insieme e chiedono anime; e così di tutto il resto, noi, a seconda che operiamo così, formeremo in noi la stessa umanità di Gesù. Sicché, ogni richiamo di anime in più che facciamo, è un’impronta di più che dal nostro Gesù riceviamo. La nostra vita è sempre uguale, oppure la cambiamo in peggio a seconda degl’incontri che ci vengono?
*
Mio Gesù, santità che non ha pari, guidami tu, e fa che anche il mio portamento esterno manifesti tutta la tua vita divina.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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Gesù nel palazzo d’Erode, vestito da pazzo e burlato
Dal Volume 13 del 16 settembre 1921 (18)
[Luisa dice:]
Stavo facendo l’ora della passione quando il mio dolce Gesù si trovava nel palazzo d’Erode, vestito da pazzo e burlato. Il mio sempre amabile Gesù, facendosi vedere, mi ha detto:
“Figlia mia, non fui solo allora vestito da pazzo, schernito e burlato, ma le creature continuano a darmi queste pene, anzi, sono in continue bur­le da tutte le specie di persone. Se una persona si confessa e non mantiene i suoi propositi di non offendermi, è una burla che mi fa. Se un sacerdote confessa, predica, amministra sacramenti, e la sua vita non corrisponde al­le parole che dice e alla dignità dei sacramenti che amministra, tante burle mi fa per quante parole dice, per quanti sacramenti amministra. E mentre io nei sacramenti ridavo loro la vita novella, loro mi danno scherni, burle, e col profanarli mi preparano la veste per vestirmi da pazzo. Se i superiori comandano il sacrifizio ai sudditi, le virtù, la preghiera, il disinteresse, e loro menano la vita comoda, viziosa, interessata, sono tante burle che mi fanno. Se i capi civili ed ecclesiastici vogliono l’osservanza delle leggi, e loro sono i primi trasgressori, sono burle che mi fanno.
Oh, quante burle mi fanno! Sono tante che ne sono stanco, specie quando sotto il bene vi mettono il veleno del male. Oh! Come si prendono giuoco di me, come se io fossi il loro trastullo ed il loro passatempo, ma la mia giustizia presto o tardi si burlerà di loro col punirli severamente. Tu prega e riparami queste burle che tanto mi addolorano, che sono causa di non farmi conoscere chi io sia”.
Dopo, essendo ritornato di nuovo [Gesù], siccome io stavo tutta fondendomi nel Divino Volere, mi ha detto:
“Figlia carissima del mio Volere, io sto con ansia aspettando queste tue fusioni nella mia Volontà. Tu devi sapere che come io pensavo nella mia Volontà, così venivo informando i tuoi pensieri nella mia Volontà, preparandone il posto; come operavo, [venivo] informando le tue opere nel mio Volere, e così di tutto il resto. Ora, ciò che facevo non lo facevo per me, che non avevo bisogno, ma per te; perciò ti aspetto nella mia Volontà, che venga a prendere i  posti che ti preparò la mia umanità, e sopra le mie informazioni venga a fare le tue; allora sono contento e ne ricevo completa gloria, quando ti veggo fare ciò che feci io”.


(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Legato mio Bene, i tuoi nemici uniti ai sacerdoti ti presentano a Pilato e, affettando santità e scrupolosità, dovendo festeggiare la Pasqua, restano fuori nell’atrio. E tu, mio Amore, vedendo il fondo della loro malizia, ri­pari tutte le ipocrisie del corpo religioso. Anch’io riparo insieme con te.
Ma mentre tu ti occupi per il loro bene, essi invece incominciano ad accusarti presso Pilato, vomitando tutto il veleno che hanno contro di te. Pilato, mostrandosi non soddisfatto delle accuse che ti fanno, per poterti con ragione condannare, ti chiama in disparte e, da solo, ti esamina e ti domanda:
“Sei tu il Re dei giudei?”.
E tu, vero mio Re Gesù, rispondi:
“Il mio regno non è di questo mondo, altrimenti, migliaia di legioni di angeli mi difenderebbero”.
E Pilato, commosso dalla soavità e dignità del tuo dire, sorpreso, ti dice:
“Come, re sei tu?”.
E tu:
“Tu lo dici. Io lo sono, e son venuto nel mondo ad insegnare la verità”.
Pilato, senza voler sapere altro, convinto della tua innocenza, esce alla terrazza e dice:
“Io non trovo colpa alcuna in quest’uomo”.
I giudei, arrabbiati, ti accusano di tante altre cose, e tu taci e non ti difendi, e ripari le debolezze dei giudici, quando si trovano di fronte ai prepotenti e le loro ingiustizie, e preghi per gli innocenti, oppressi ed abbandonati. Onde Pilato, vedendo il furore dei tuoi nemici e per sbarazzarsi di te, t’invia da Erode.
Mio Re divino, voglio ripetere le tue preghiere e riparazioni, e accompagnarti fino ad Erode. Vedo che i nemici, infuriati, vorrebbero divorarti, e ti conducono tra insulti, scherni e derisioni, e così ti fanno giungere innanzi ad Erode, il quale, gonfiandosi, ti fa molte doman­de. Tu non rispondi e nemmeno lo guardi. Ed Erode, irritato perché non si vede soddisfatto nelle sue curiosità, e sentendosi umiliato dal tuo lungo silenzio, proclama a tutti che sei pazzo e senza senno, e come tale ordina che sia trattato. E, per burlarti, ti fa vestire di bianca veste e ti consegna in mano ai soldati, affinché ti facciano il peggio che possano.
Mio innocente Gesù, nessuno trova colpa in te, solo i giudei, perché la loro affettata religiosità non merita che splenda nelle loro menti la luce della verità.
Mio Gesù, Sapienza infinita, quanto ti costa l’essere stato dichiarato pazzo! I soldati, abusando di te, ti gettano per terra, ti calpestano, t’imbrattano di sputi, ti vilipendono, ti battono con bastoni, e sono tanti i colpi, che ti senti morire. Sono tali e tante le pene, gli obbrobri, le umiliazioni che ti fanno, che gli angeli piangono e si coprono il volto con le loro ali per non vederle.
Mio pazzo Gesù, anch’io voglio chiamarti pazzo, ma pazzo d’amore. Ed è tanta la tua pazzia d’amore, che, invece di adontarti, tu preghi e ripari per le ambizioni dei re, che ambiscono regni per la rovina dei popoli, per tante stragi che fanno, per tanto sangue che fanno spargere per loro capriccio, per tutti i peccati di curiosità e per le colpe commesse nelle corti e nelle milizie.
Mio Gesù, com’è tenero vederti in mezzo a tanti oltraggi pregare e riparare. Le tue voci si ripercuotono nel mio cuore, e seguo ciò che fai tu. Ed ora lascia che mi metta a te vicino, prenda parte alle tue pene e ti consoli col mio amore, ed allontanandoti i nemici, ti prenda fra le mie braccia per ristorarti e baciarti la fronte.
Dolce mio amore, vedo che non ti danno pace, ed Erode t’invia a Pilato. Se doloroso è stato il venire, più tragico sarà il ritorno, perché vedo che i giudei sono più arrabbiati di prima, ed a qualunque costo sono risoluti a farti morire.
Perciò, prima che tu esca dal palazzo di Erode, voglio baciarti per attestarti il mio amore in mezzo a tante pene. E tu, fortificami col tuo bacio e con la tua benedizione, ed io ti seguirò dinanzi a Pilato.
Riflessioni e Pratiche
Gesù presentato a Pilato, in mezzo a tanti insulti e disprezzi, è sempre dolce, non disdegna nessuno, e in tutti cerca di far splendere la luce della verità. E noi, ci sentiamo uguali con tutti? Cerchiamo di vincere il nostro cattivo naturale se qualche persona non ci simpatizza? Trattando con le creature, cerchiamo sempre di far conoscere Gesù e far risplendere in loro la luce della verità?
*
O Gesù, dolce mia Vita, metti sulle mie labbra la tua parola e fa che parli sempre con la tua lingua.
Gesù innanzi ad Erode tace vestito da pazzo e soffre pene inaudite. E noi, quando siamo calunniati, scherniti, insultati, derisi, pensiamo che il Signore vuol darci una somiglianza divina? Nelle nostre pene, nei disprezzi e in tutto ciò che il nostro povero cuore potrà sentire, pensia­mo che è Gesù che col suo tocco ci dà dolore, che col suo tocco ci trasforma in sé e ci dà la sua somiglianza? E tornando a noi il patire, pensiamo che Gesù, rimirandoci, non è contento di noi, e quindi ci dà un’altra stretta per poterci del tutto rassomigliare a lui? Ad esempio di Gesù, possiamo dire che abbiamo il dominio di noi stessi, che invece di rispondere nelle contrarietà, preferiamo tacere? Ci facciamo mai vincere dalle curiosità?
In ogni pena che si può soffrire, bisogna mettere l’in­tenzione che essa è una vita che si dà a Gesù, per impetrare anime; e mettendo le anime nella Volontà di Dio, il nostro dolore fa cerchio, e racchiudiamo in esso Dio e le anime per congiungerle a Gesù.
*
Amor mio e mio Tutto, prendi tu solo il dominio di questo mio cuore e tienilo nelle tue mani, affinché ne­gl’incontri possa ricopiare in me la tua grande pazienza.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio tormentato Gesù, il mio povero cuore tra ansie e pene ti segue e, nel vederti vestito da pazzo, conoscendo chi sei tu, Sapienza infinita che dai il senno a tutti, vado in delirio e dico: Come! Gesù pazzo? Gesù malfattore? E ora sarai posposto al più grande malfattore, a Barabba.
Mio Gesù, santità che non ha pari, già sei di nuovo innanzi a Pilato. Egli, nel vederti così malamente ridotto e vestito da pazzo e che neppure Erode ti ha condannato, resta più indignato contro i giudei e si convince mag­giormente della tua innocenza, e non vorrebbe condannarti. Ma volendo pure dare qualche soddisfazione ai giudei, quasi per smorzare l’odio, il furore, la rabbia e la sete ardente che essi hanno del tuo sangue, ti presenta insieme con Barabba. Ma i giudei gridano:
“Non vogliamo libero Gesù, ma Barabba!”.
E allora Pilato, non sapendo che fare per calmarli, ti condanna alla flagellazione.
Mio posposto Gesù, mi si spezza il cuore nel vedere che, mentre i giudei si occupano di te per farti morire, tu, racchiuso in te stesso, pensi a dare a tutti la vita, e tendendo l’orecchio, ti sento dire:
“Padre Santo, guarda il Figlio tuo vestito da pazzo; questo ti ripara la pazzia di tante creature cadute nel peccato. Questa veste bianca sia dinanzi a te come discolpa per tante anime che si vestono della lugubre veste della colpa. Vedi, o Padre, l’odio, il furore, la rabbia che hanno contro di me, che quasi fa loro perdere la luce della ragione per la sete del mio sangue. Ed Io voglio ripararti tutti gli odi, le vendette, le ire, gli omicidi, ed im­petrare a tutti la luce della ragione.
Guardami ancora, Padre mio: si può dare insulto mag­giore? Mi hanno posposto al più grande malfattore. Ed Io voglio ripararti tutte le posposizioni che si fanno. Ah, tutto il mondo è pieno di posposizioni! Chi ci pospone ad un vile interesse, chi agli onori, chi alle vanità, chi ai piaceri, agli attaccamenti, alle dignità, alle crapule e perfino allo stesso peccato. All’unanimità tutte le creature ci pospongono, anche ad ogni piccola sciocchezza; ed Io sono pronto ad accettare la mia posposizione a Barabba per riparare le posposizioni delle creature”.
Mio Gesù, mi sento morire di dolore e di confusione nel vedere il tuo grande amore in mezzo a tante pene, e l’eroismo delle tue virtù in mezzo a tante pene ed insulti. Le tue parole e le riparazioni, come tante ferite, si ripercuotono nel mio povero cuore, e nel mio dolore ripeto le tue preghiere e le tue riparazioni. Neppure un istante voglio distaccarmi da te, altrimenti molte cose mi sfuggiranno di ciò che fai tu.
Ed ecco, che vedo? I soldati ti conducono ad una colonna per flagellarti. Amor mio, ti seguo, e tu, col tuo sguardo d’amore, guardami e dammi la forza di assistere alla tua dolorosa carneficina.
Mio purissimo Gesù, già sei vicino alla colonna. I soldati, inferociti, ti sciolgono per legarti ad essa. Ma non basta: ti spogliano delle tue vesti per fare crudele carneficina del tuo santissimo corpo. Amor mio, Vita mia, mi sento venir meno per il dolore nel vederti nudo. Tu tremi da capo a piè, ed il tuo santissimo volto si tinge di verginal rossore. Ed è tanta la confusione e il tuo sfinimento che, non reggendoti in piedi, stai per cadere ai piedi della colonna, ma i soldati, sostenendoti, non per aiutarti, ma per poterti legare, non ti fanno cadere.
Già prendono le funi e ti legano le braccia, tanto stret­te, che subito si gonfiano e dalla punta delle dita sprizza sangue. Poi, dall’anello della colonna passano le funi e catene intorno alla tua santissima persona, fino ai piedi, e ti legano alla colonna tanto stretto da non poter fare nemmeno un movimento, per poter così liberamente sfrenarsi su di te.
Mio spogliato Gesù, permettimi che mi sfoghi, altrimenti non posso più continuare a vederti tanto soffrire. Come? Tu che vesti tutte le cose create, il sole di luce, il cielo di stelle, le piante di foglie, gli uccelli di piume, tu spogliato? Che ardire! Ma il mio amante Gesù, con la luce che tramanda dagli occhi, mi dice:
“Taci, o figlia. Era necessario che fossi spogliato, per riparare per tanti che si spogliano di ogni pudore, di can­dore e di innocenza, che si spogliano di ogni bene e vir­tù e della mia grazia, e si vestono di ogni brutalità, vivendo a modo di bruti. Nel mio verginal rossore volli riparare le tante disonestà, mollezze e piaceri brutali. Perciò fa attenzione a ciò che faccio, e prega e ripara con me, e quietati”.
Flagellato Gesù, il tuo amore passa di eccesso in eccesso. Vedo che i carnefici prendono le funi e ti battono senza pietà, tanto da illividire tutto il tuo santissimo cor­po, ed è tanta la ferocia, il furore nel batterti, che sono già stanchi. Ma altri due sottentrano. Prendono verghe spinose e ti battono tanto che subito dal tuo corpo santissimo incomincia a scorrere a rivi il sangue. Poi lo pestano tutto, formano dei solchi e lo riempiono di piaghe. Ma non basta: altri due sottentrano ancora, e con catene di ferro uncinate continuano la dolorosa carneficina. Ai primi colpi quelle carni peste e piagate si squarciano di più e cadono a brandelli per terra; restano scoperte le os­sa, il sangue diluvia tanto, da formare un lago intorno alla colonna.
Mio Gesù, denudato Amor mio, mentre tu sei sotto questa tempesta di colpi, io mi abbraccio ai tuoi piedi, affinché possa prendere parte alle tue pene e resti tutta coperta del tuo preziosissimo sangue. Ogni colpo che ricevi è una ferita al mio cuore, molto più che, tendendo l’orecchio, sento i tuoi gemiti che non sono uditi, perché la tempesta dei colpi assorda l’aria intorno a te. Ed in quei gemiti tu dici:
“Voi tutti che mi amate, venite ad imparare l’eroismo del vero amore. Venite a smorzare nel mio sangue la se­te delle vostre passioni, la sete di tante ambizioni, di tanti fumi e piaceri, di tante sensualità. In questo mio sangue troverete il rimedio a tutti i vostri mali”.
I tuoi gemiti continuano a dire:
“Guardami, o Padre, tutto piagato sotto questa tempesta di colpi. Ma non basta: voglio formare tante piaghe nel mio corpo, da dare sufficienti stanze nel cielo della mia umanità a tutte le anime, in modo da formare in me stesso la loro salvezza, e poi farle passare nel cielo della divinità. Padre mio, ogni colpo di questi flagelli ripari innanzi a te ogni specie di peccato, a uno a uno, e, come colpiscono me, così scusino quelli che li commettono. Questi colpi colpiscano i cuori delle creature e parlino loro del mio amore, tanto da forzarle ad arrendersi a me”.
E mentre ciò dici, è tanto grande il tuo amore, anche se con sommo dolore, che quasi aizzi i carnefici a batterti di più. Mio scarnificato Gesù, il tuo amore mi schiaccia, mi sento impazzire. Il tuo amore non è stanco, mentre i carnefici sono sfiniti di forze e non possono più continuare la dolorosa carneficina. Già ti tagliano le funi e tu cadi quasi morto nel tuo stesso sangue. E nel vedere i brandelli delle tue carni, ti senti morire di dolore, vedendo in quelle carni separate da te le anime riprovate. Ed è tanto il dolore che stai boccheggiando nel tuo proprio sangue.
Mio Gesù, lasciami che ti prenda fra le mie braccia per ristorarti un po’ col mio amore. Ti bacio, e col mio bacio chiudo tutte le anime in te, così nessuna più si per­derà. E tu benedicimi.
Riflessioni e Pratiche
Dalle 8 alle 9 Gesù è spogliato nudo e sottoposto a crudeli battiture. E noi, siamo spogliati di tutto? Gesù è legato alla colonna, e noi, ci facciamo legare dall’amo­re? Gesù è legato alla colonna mentre noi, coi nostri peccati ed attaccamenti, alle volte anche a cose indifferenti o buone in sé stesse, aggiungiamo le nostre funi, non contenti delle funi con cui lo hanno legato i giudei. Intanto Gesù, col suo sguardo pietoso, ci chiama per far­si slegare. Non vediamo in quello sguardo che c’è anche un rimprovero per noi, avendo contribuito anche noi a legarlo? Per sollevare l’afflitto Gesù, dobbiamo togliere prima le nostre catene, per poter giungere poi a togliere le catene delle altre creature. Queste nostre piccole cate­ne molte volte non sono altro che piccoli attaccamenti alla nostra volontà, al nostro amor proprio un po’ risentito, alle nostre piccole vanità che, formando intreccio, legano dolorosamente l’amabile Gesù.
Talvolta poi, Gesù, preso d’amore per la nostra povera anima, vuol toglierci lui queste catene per non farsi ripetere da noi il doloroso legamento. Ah! Quando ci la­mentiamo, perché non vogliamo stare legati soli con Ge­sù, lo costringiamo, quasi contristato, a ritirarsi da noi.
Il nostro straziato Gesù, mentre soffre, ripara tutti i peccati contro la modestia. E noi, siamo puri nella men­te, nello sguardo, nelle parole, negli affetti, in modo da non aggiungere altri colpi su quel corpo innocente? Sia­mo sempre legati a Gesù, in modo da trovarci pronti a difenderlo quando le creature lo colpiscono con le loro offese?
*
Mio incatenato Gesù, le tue catene siano le mie in modo che io senta sempre te in me, e tu sempre me in te.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio Gesù, Amore infinito, più ti guardo e più comprendo quanto soffri. Già sei tutto lacerato, non c’è parte sana in te. I carnefici, inferociti nel vedere che in tante pene li guardi con tanto amore e, nel vedere che il tuo sguardo amoroso, formando un dolce incanto, quasi come tante voci prega e supplica più pene e nuove pene, non solo perché inumani, ma pur forzati dal tuo amore, ti mettono in piedi. Tu, non reggendoti, cadi di nuovo nel tuo proprio sangue, e questi, irritati, con calci e con spinte ti fanno giungere al posto dove ti coroneranno di spine.
Amor mio, se tu non mi sorreggi col tuo sguardo di amore, io non posso continuare vedendoti soffrire. Già sento il brivido nelle ossa, il cuore mi batte, mi sento morire. Gesù, Gesù, aiutami!
Il mio amabile Gesù mi dice:
“Figlia mia, coraggio! Non perdere nulla di quanto ho sofferto, sii attenta ai miei insegnamenti. Io devo rifare l’uomo in tutto. La colpa gli ha tolto la corona e lo ha coronato di obbrobri e di confusione, sicché innanzi alla mia maestà non può comparire. La colpa lo ha disonora­to, facendogli perdere qualunque diritto agli onori ed al­la gloria. Perciò voglio essere coronato di spine, per rimettere sulla fronte dell’uomo la corona e restituirgli tutti i diritti a qualunque onore e gloria. Le mie spine saranno, innanzi al mio Padre, riparazioni e voci di discolpa per i tanti peccati di pensieri, specie di superbia; e ad ogni mente creata saranno voci e luce, e di supplica perché non mi offendano. Perciò tu unisciti a me, e prega e ripara insieme con me”.
Coronato Gesù, i tuoi nemici incrudeliti ti fanno sedere, ti mettono uno straccio di porpora, prendono la corona di spine, e con furia infernale la mettono sul capo adorabile. Poi a colpi di bastone ti fanno penetrare le spine nella fronte, e parte ti giungono negli occhi, nelle orecchie, nel cranio e fin dietro la nuca.
Amor mio, che strazio, che pene inenarrabili! Quante morti crudeli subisci! Già il sangue ti scorre sul volto in modo che non si vede che sangue, ma sotto quelle spine e quel sangue si vede il tuo santissimo volto raggiante di dolcezza, di pace e di amore. Ed i carnefici, volendo finire la tragedia, ti mettono una canna in mano per scettro ed incominciano le loro burle. Ti salutano “Re dei giudei!”, ti battono la corona, ti danno schiaffi e ti dicono: “Indovina, chi ti ha percosso!”.
E tu taci e rispondi col riparare l’ambizione di chi aspira ai regni, alle dignità, agli onori, e di coloro che, trovandosi in tali posti di autorità e non comportandosi bene, formano la rovina dei popoli e delle anime a loro affidate; ed i loro cattivi esempi sono causa di spinta al male e di perdita di anime.
Con questa canna che stringi in mano, tu ripari tante opere buone, ma vuote di spirito interno e fatte anche con intenzioni cattive. Negli insulti e nelle bende, tu ripari per quelli che mettono in ridicolo le cose più sante, screditandole e profanandole, e ripari per quelli che si bendano la vista dell’intelligenza per non vedere la luce della verità. Con questa tua benda impetri per noi che ci siano tolte le bende delle passioni, delle ricchezze e dei piaceri.
Mio Re Gesù, i tuoi nemici continuano i loro insulti; il sangue che scorre dal tuo santissimo capo è tanto che, giungendoti fino alla bocca, t’impedisce di farmi sentire chiaramente la tua dolcissima voce, e quindi non posso fare ciò che fai tu. Perciò vengo nelle tue braccia, voglio sostenere il tuo capo trafitto e addolorato, voglio mettere la testa sotto queste spine per sentire le loro punture.
Ma mentre dico ciò, il mio Gesù mi chiama col suo sguardo di amore ed io corro, abbraccio il suo cuore e cerco di sostenere la sua testa. Oh, come è bello stare con Gesù anche in mezzo a mille tormenti!
E lui mi dice:
“Figlia mia, queste spine dicono che voglio essere costituito re di ogni cuore; a me spetta ogni dominio. Tu prendi queste spine e pungi il tuo cuore, fanne uscire tutto ciò che a me non appartiene e lascia una spina den­tro il tuo cuore come suggello che Io sono il tuo Re e per impedire che nessun’altra cosa entri in te. Poi gira per tutti i cuori e, pungendoli, fanne uscire tutti i fumi di superbia e il marciume che contengono, e costituiscimi Re di tutti”.
Amor mio, mi si stringe il cuore nel lasciarti. Perciò ti prego di assordare le mie orecchie con le tue spine, perché senta solo la tua voce; copri i miei occhi con le tue spine, per poter guardare te solo; riempi la mia bocca con le tue spine, perché la mia lingua resti muta a tutto ciò che possa offenderti e sia libera per lodarti e benedirti in tutti. O mio Re Gesù, circondami di spine, e queste spine mi custodiscano, mi difendano e mi tengano tutta intenta in te.
Ed ora voglio asciugarti il sangue e baciarti, perché vedo che i tuoi nemici ti conducono da Pilato, il quale ti condannerà a morte. Amor mio, aiutami a continuare la tua via dolorosa, e benedicimi.
Mio coronato Gesù, il povero mio cuore, ferito dal tuo amore e trafitto dalle tue pene, non può vivere senza di te, perciò ti cerco e ti trovo di nuovo innanzi a Pilato.
Ma quale spettacolo commovente! I cieli inorridiscono e l’inferno trema di paura e di rabbia. Vita del mio cuore, il mio sguardo non può sostenere la tua vista senza sentirmi morire; ma la forza rapitrice del tuo amore mi costringe a guardarti per farmi ben comprendere le tue pene. Ed io, fra lacrime e sospiri, ti contemplo: mio Gesù, sei nudo, ed invece di vesti ti vedo vestito di sangue, le carni squarciate, le ossa denudate, il tuo volto santissimo irriconoscibile; le spine infisse nella tua santissima testa ti giungono negli occhi, nel volto, ed io non vedo che sangue, che scorrendo fino a terra, forma un sanguigno ruscello dietro i tuoi piedi.
Mio Gesù, non ti riconosco più. Come sei ridotto! Il tuo stato è giunto agli eccessi più profondi delle umiliazioni e degli spasimi. Ah! Io non posso più sostenere la tua vista sì dolorosa, mi sento morire; vorrei strapparti dalla presenza di Pilato per chiuderti nel mio cuore e darti riposo. Vorrei sanare le tue piaghe col mio amore, e col tuo sangue vorrei allagare tutto il mondo per chiudervi tutte le anime e condurle a te come conquista delle tue pene.
E tu, o paziente Gesù, a stento par che mi guardi attraverso le spine, e mi dici:
“Figlia mia, vieni fra queste mie braccia legate, poggia il tuo capo sul mio seno e vedrai dolori più intensi ed acerbi, perché quello che vedi al di fuori della mia umanità non è altro che lo sbocco delle mie pene interne. Fa attenzione ai palpiti del mio cuore, e sentirai che riparo le ingiustizie di chi comanda; le oppressioni dei poveri, degli innocenti posposti ai rei; la superbia di quelli che, per sostenere le dignità, le cariche, le ricchezze, non si curano di rompere qualunque legge e di far male al prossimo, chiudendo gli occhi alla luce della verità.
Con queste spine voglio frantumare lo spirito di superbia delle loro signorie, e coi fori che formano nella mia testa, voglio farmi via nelle loro menti, per riordinare in esse tutte le cose secondo la luce della verità. Con lo starmi così umiliato innanzi a questo ingiusto giudice, voglio fare a tutti comprendere che la sola virtù è quella che costituisce l’uomo re di sé stesso, e insegno a chi comanda che la sola virtù, unita al retto sapere, è sola degna e capace di governare e di reggere gli altri, mentre tutte le altre dignità, senza la virtù, sono cose pericolose e da deplorarsi. Figlia mia, fa eco alle mie riparazioni, e segui a far attenzione alle mie pene”.
Amor mio, vedo che Pilato, nel vederti sì malamente ridotto, si sente rabbrividire, e tutto impressionato escla­ma:
“Possibile tanta crudeltà in petti umani? Ah, non era questa la mia volontà nel condannarlo alle battiture!”.
E volendo liberarti dalle mani dei tuoi nemici, per po­ter trovare ragioni più convenienti, tutto dimesso, distogliendo il suo sguardo, perché non può sostenere la tua vista troppo dolorosa, torna ad interrogarti:
“Ma dimmi, che hai fatto? La tua gente mi ti ha dato nelle mani. Dimmi, sei tu re? Qual è il tuo regno?”.
Alle domande tempestose di Pilato, tu, o mio Gesù, non rispondi e, racchiuso in te stesso, pensi a salvare la povera anima mia a costo di tante pene.
E Pilato, non vedendosi rispondere, soggiunge:
“Non sai tu che sta in mio potere il liberarti o il condannarti?”.
Ma tu, o Amor mio, volendo fare splendere nella mente di Pilato la luce della verità, rispondi:
“Non avresti nessun potere su di me se non ti venisse dall’alto; però quelli che mi hanno dato nelle tue mani hanno commesso un peccato più grave del tuo”.
Allora Pilato, mosso dalla dolcezza della tua voce, irrisoluto come sta, col cuore in tempesta, credendo che i cuori dei giudei fossero più pietosi, si decide di mostrar­ti dalla loggia, sperando che [essi] si muovessero a com­passione nel vederti sì straziato, e così poterti liberare.
Addolorato Gesù, il cuor mi vien meno nel vederti se­guir Pilato; a stento cammini e curvo sotto quella orribi­le corona di spine. Il sangue segna i tuoi passi e, come esci fuori, senti la folla tumultuante che ansiosa aspetta la tua condanna. Pilato, imponendo silenzio, per richiamare l’attenzione di tutti e farsi da tutti ascoltare, prende con ribrezzo i due lembi della porpora che ti copre il petto e le spalle, la solleva per farti da tutti vedere come sei ridotto, e ad alta voce dice:
Ecce homo! Guardatelo, non ha più figura di uomo; osservate le sue piaghe, non più si riconosce. Se male ha fatto, ha già sofferto abbastanza, anzi troppo; io son già pentito d’averlo fatto tanto soffrire, lasciamolo perciò libero”.
Gesù, Amor mio, lascia che ti sostenga, perché vedo che non reggendoti in piedi sotto il peso di tante pene, vacilli. Ah! In questo momento solenne si decide la tua sorte. Alle parole di Pilato si fa silenzio profondo in cie­lo, in terra e nell’inferno. E poi, come in una sola voce sento il grido di tutti:
“Crocifiggilo, crocifiggilo, a qualunque costo lo vogliamo morto!”.
Vita mia, Gesù, vedo che tremi. Il grido di morte scende nel tuo cuore, ed in queste voci scorgi la voce del tuo caro Padre che dice:
“Figlio mio, ti voglio morto, e morto crocifisso!”.
Ah! Senti pure la tua Mamma che, sebbene trafitta, desolata, fa eco al tuo caro Padre:
“Figlio, ti voglio morto!”.
Gli angeli, i santi, l’inferno, tutti ad unanime voce gridano:
“Crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Sicché non c’è anima che ti voglia vivo. Ed ahi, ahi! Con sommo mio rossore, dolore e raccapriccio, anch’io mi sento costretta da una forza suprema a gridare:
“Crocifiggilo!”.
Mio Gesù, perdonami se io pure, misera anima pecca­trice, ti voglio morto! Però ti prego di far morire me insieme con te.
E tu intanto, o mio straziato Gesù, mosso dal mio do­lore par che mi dica:
“Figlia mia, stringiti al mio cuore, e prendi parte alle mie pene ed alle mie riparazioni. Il momento è solenne: si deve decidere o la mia morte o la morte di tutte le creature. In questo momento due correnti si riversano nel mio cuore. In una vi sono le anime che, se mi vogliono morto, è perché vogliono trovare in me la vita; e così coll’accettare Io per loro la morte, vengono sciolte dalla condanna eterna, e le porte del cielo si schiudono per riceverle. Nell’altra corrente vi sono quelle che mi vogliono morto per odio e per conferma della loro condanna, ed il mio cuore è lacerato, e sente la morte di cia­scuna e le stesse pene dell’inferno! Ah!, il mio cuore non regge a questi dolori acerbi; sento la morte ad ogni palpito, ad ogni respiro, e vò ripetendo: Perché tanto sangue sarà sparso invano? Perché le mie pene saranno inutili per tanti?
Ah, figlia! Sorreggimi che più non ne posso, prendi parte alle mie pene: la tua vita sia una continua offerta per salvare le anime, per lenirmi pene sì strazianti”.
Cuor mio, Gesù, le tue pene sono le mie, e faccio eco alle tue riparazioni.
Ma vedo che Pilato rimane sbalordito, e si affretta a dire:
“Come, debbo crocifiggere il vostro re? Io non trovo colpa in lui per condannarlo!”.
E i giudei gridano, assordando l’aria:
“Non abbiamo altro re che Cesare, e, se tu non lo condanni, non sei amico di Cesare! Tolle, tolle![8] Crocifiggilo, crocifiggilo!”.
Pilato, non sapendo più che fare, per timore di essere spodestato, si fa portare un catino d’acqua e, lavandosi le mani, dice:
“Io sono innocente del sangue di questo giusto”.
E ti condanna a morte.
Ma i Giudei gridano:
“Il suo sangue cada su di noi e sui figli nostri!”.
E nel vederti condannato vanno in festa, battono le mani, fischiano, urlano, mentre tu, o Gesù, ripari per quelli che, trovandosi in alto, per vano timore e per non perdere i posti, rompono le leggi più sacre, non curando la ruina di popoli interi, favorendo gli empi e condannando gli innocenti. Ripari anche per quelli che, dopo la colpa, istigano l’ira divina a punirli.
Ma mentre ciò ripari, il cuore ti sanguina per il dolore nel vedere il popolo da te eletto fulminato dalla maledizione del cielo, che loro stessi con piena volontà hanno voluto, suggellandola col tuo sangue che hanno imprecato. Ah, il cuore ti vien meno! Lasciami che lo sostenga fra le mie mani, facendo mie le tue riparazioni e le tue pene. Ma il tuo amore ti spinge più in alto, ed impaziente, già cerchi la croce.
Riflessioni e Pratiche
Gesù coronato di spine è trattato da re da burla e, sot­toposto ad insulti e pene inaudite, ripara in modo speciale i peccati di superbia. E noi, evitiamo i sentimenti di orgoglio? Attribuiamo a Dio il bene che facciamo? Ci stimiamo inferiori agli altri? La nostra mente è sempre vuota d’altri pensieri per poter dar luogo alla grazia? Molte volte non diamo luogo alla grazia col tenere la mente ripiena d’altri pensieri. Allora non essendo la nostra mente tutta piena di Dio, siamo noi stessi causa che il demonio ci molesti, e quasi quasi noi stessi fomentiamo le tentazioni. Sicché, quando la nostra mente è piena di Dio, il demonio, avvicinandosi a noi, non trovando il posto dove dirigere le sue tentazioni, confuso si allontana, perché i pensieri santi hanno tanta forza contro il de­monio, che, mentre questi si fa per avvicinare, quelli co­me tante spade lo feriscono e lo allontanano.
A torto quindi ci lamentiamo quando la nostra mente è molestata e tentata dal nemico; è la nostra poca vigilanza che spinge il nemico ad assalirci, il quale sta quasi spiando nella nostra mente per poter trovare i piccoli vuoti e darci l’assalto. Allora invece di sollevare Gesù coi nostri santi pensieri, e togliergli le spine, ingrati glie­le calchiamo sulla testa, e gliene facciamo sentire più acerbamente le punture. La grazia così resta frustrata e non può svolgere nella nostra mente il lavorio delle san­te ispirazioni.
Molte volte facciamo peggio ancora: mentre sentiamo il peso delle tentazioni, invece di portarle a Gesù, fa­cendone un fascio per farle bruciare dal fuoco del suo amore, c’impensieriamo, ci rattristiamo, facciamo calco­li sulle stesse tentazioni; sicché non solo la nostra povera mente resta occupata dai cattivi pensieri, ma anche tutto il nostro povero essere ne resta come inzuppato, per cui ci vorrebbe quasi un miracolo di Gesù per svincolarci. E Gesù, attraverso quelle spine, ci guarda e, chiamandoci, par che dica:
“Ah, figlio mio, sei tu stesso che non vuoi stare stret­to con me! Se tu fossi venuto subito a me, ti avrei aiuta­to a liberarti dalle molestie che il nemico ha portato nel­la tua mente, e non mi avresti fatto sospirare tanto il tuo ritorno. Ho cercato un aiuto da te per liberarmi da spine così pungenti; invano aspettai perché tu te ne stavi occupato nel lavorio che il tuo nemico ti aveva dato. Oh, quanto saresti meno tentato se subito venissi nelle mie braccia! Allora il nemico, temendo non te ma me, subito ti lascerebbe”.
*
Mio Gesù, le tue spine suggellino i miei pensieri nella tua mente ed impediscano al nemico ogni sorta di tentazione.
Quando Gesù si fa sentire nella nostra mente e nel no­stro cuore, corrispondiamo alle sue ispirazioni o le mettiamo in oblio? Gesù è trattato da re da burla, e noi rispettiamo tutte le cose sante? Usiamo tutta quella riverenza che si conviene come se toccassimo Gesù Cristo stesso?
*
Coronato mio Gesù, fa ch’io senta le tue spine, affinché dalle loro punture possa comprendere quanto tu soffri, e ti costituisca Re di tutta me stessa.
Gesù, esposto dalla loggia, è condannato a morte da quel popolo da lui tanto amato e beneficato. L’amante Gesù, per darci la vita, accetta per noi la morte. E noi, siamo pronti ad accettare qualunque pena perché Gesù non sia offeso e non soffra? La nostra pena dev’essere accettata per non far soffrire Gesù, e, perché Gesù nella sua umanità soffrì infinitamente, noi, dovendo continuare la sua vita sulla terra, dobbiamo contraccambiare con le nostre pene le pene dell’umanità di Gesù Cristo.
Come compatiamo le pene che Gesù soffre nel vedere le tante anime strappate dal suo cuore? Facciamo nostre le sue pene per rinfrancarlo di tutto ciò che soffre? I giu­dei lo vogliono crocifisso per far che egli muoia come un infame ed il suo nome venga cancellato dalla faccia della terra. E noi, cerchiamo che Gesù viva sulla terra? Coi nostri atti, coi nostri esempi, coi nostri passi dobbiamo mettere un’impronta divina nel mondo per far che Gesù venga da tutti conosciuto e, col nostro operare, la sua vita abbia un’eco divina da sentirsi da un estremo all’altro del mondo. Siamo pronti a dar la nostra vita per far che l’amato Gesù sia rinfrancato di tutte le offese, oppure imitiamo i giudei, popolo tanto favorito (quasi a somiglianza della povera anima nostra tanto amata da Gesù), e gridiamo come loro “Crucifigatur![9] ”?
*
Mio condannato Gesù, la tua condanna sia la mia che accetto per amor tuo, e per consolarti mi riverserò continuamente in te, per portarti nei cuori di tutte le creature, farti conoscere da tutti e dare la tua vita a tutti.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)







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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Mio Gesù, amore insaziabile, vedo che non ti dai pace, sento le tue smanie d’amore, i tuoi dolori; il cuore ti batte forte, ed in ogni palpito sento scoppi, torture, violenze d’amore. E tu, non potendo contenere il fuoco che ti divora, ti affanni, gemi, sospiri, ed in ogni gemito ti sento dire: Croce! Ogni goccia del tuo sangue ripete: Croce! Tutte le tue pene, nelle quali come in un mare interminabile tu nuoti dentro, ripetono fra loro: Croce! E tu esclami:
“O croce diletta e sospirata, tu sola salverai i miei figli, ed Io in te concentro tutto il mio amore”.
Intanto i tuoi nemici ti fanno rientrare nel pretorio, ti tolgono la porpora, volendoti rivestire delle tue vesti. Ma, ahi, quanto dolore! Mi sarebbe più dolce il morire che vederti tanto soffrire! La veste si attacca alla corona e non possono tirarla su; quindi, con crudeltà non mai vista, ti strappano tutto insieme e vesti e corona. Allo strappo crudele molte spine si spezzano e restano infisse nella tua santissima testa; il sangue a ruscelli ti piove, ed è tanto il tuo dolore che tu gemi. Ma i nemici, non curando le tue torture, ti mettono la veste di nuovo, ritornano a metterti la corona, e, premendola fortemente sul tuo capo, le spine giungono negli occhi, nelle orecchie; sicché non c’è parte della tua santissima testa che non senta le trafitture di esse. È tanto il tuo dolore, che vacil­li sotto quelle mani crudeli, tremi da capo a piè, tra spasimi atroci stai per morire; e con i tuoi occhi languidi e ripieni di sangue a stento mi guardi, per chiedermi aiuto in tanto dolore.
Mio Gesù, re di dolori, lascia che ti sostenga e ti stringa al mio cuore. Vorrei prendere il fuoco che ti divora per incenerire i tuoi nemici e metterti in salvo, ma tu non vuoi perché le ansie della croce si fanno più ardenti e vuoi su di essa subito immolarti, anche per i tuoi stessi nemici. Ma mentre ti stringo al mio cuore, tu, stringendomi al tuo, mi dici:
“Figlia mia, fammi sfogare il mio amore, ed insieme con me ripara per quelli che fanno il bene e mi disonorano. Questi giudei mi vestono delle mie vesti per screditarmi maggiormente innanzi al popolo, per convincerlo che Io sia un malfattore. Apparentemente l’azione di vestirmi era buona, ma in sé stessa era cattiva. Ah! Quanti fanno opere buone, amministrano sacramenti, li frequentano, con fini umani ed anche cattivi. Ma il bene, fatto malamente, porta alla durezza. Ed Io voglio essere coronato una seconda volta, con dolori più acerbi della prima, per frangere questa durezza e così, con le mie spine, attirarli a me. Ah, figlia mia! Questa seconda coronazione mi è ben più dolorosa. Mi sento la testa come nuotare dentro le spine e, ad ogni movimento che faccio, o urto che mi danno, tante morti crudeli Io subisco. Riparo così la malizia delle offese; riparo per quelli che in qualunque stato di animo si trovano, invece di pensare alla propria santificazione, si dissipano e rigettano la mia grazia, ritornando a darmi spine più pungenti, mentre Io sono costretto a gemere, a piangere con lacrime di sangue e a sospirare la loro salvezza.
Ah, Io faccio di tutto per amarle, e le creature fanno di tutto per offendermi! Almeno tu non lasciarmi solo nelle mie pene e nelle mie riparazioni”.
Straziato mio Bene, con te riparo, con te soffro. Ma vedo che i tuoi nemici ti precipitano dalle scale, il popolo con furore ed ansie ti aspetta; già ti fanno trovare pronta la croce che con tanti sospiri tu cerchi, e tu con amore la guardi e con passo franco ti avvicini ad abbracciarla. Ma prima la baci, e correndoti un brivido di gioia per la tua santissima umanità, con sommo tuo contento ritorni a guardarla e ne misuri la lunghezza e la larghezza. In essa già stabilisci la porzione per tutte le creature; le doti sufficientemente per vincolarle alla Divinità con nodo di sposalizio e renderle eredi del regno dei cieli. Poi non potendo contenere l’amore con cui le ami, ritorni a baciare la croce e le dici:
“Croce adorata, finalmente ti abbraccio! Eri tu il sospiro del mio cuore, il martirio del mio amore; ma tu, o croce, tardasti finora, mentre i miei passi sempre verso di te si dirigevano. Croce santa, eri tu meta dei miei desideri, lo scopo della mia esistenza quaggiù. In te concentro tutto l’essere mio, in te metto tutti i miei figli, e tu sarai la loro vita e la loro luce, la difesa, la custodia, la forza; tu li sovverrai in tutto, e gloriosi me li condurrai nel cielo. Oh, croce, cattedra di sapienza! Tu sola insegnerai la vera santità; tu sola formerai gli eroi, gli atle­ti, i martiri, i santi. Croce bella, tu sei il mio trono, e dovendo Io partire dalla terra, tu rimarrai in vece mia; a te do in dote tutte le anime: custodiscimele, salvamele, a te le affido”.
Così dicendo, ansioso, ti fai mettere la croce sulle tue santissime spalle. Ah, mio Gesù! La croce per il tuo amore è troppo leggera, ma al peso della croce si unisce quello delle nostre colpe, enormi ed immense quanto la distesa dei cieli. E tu, affranto mio Bene, ti senti schiacciare sotto il peso di tante colpe; la tua anima inorridisce alla vista di esse e sente la pena di ogni colpa, la tua santità resta scossa di fronte a tanta bruttezza e perciò, addossando la croce sulle tue spalle, vacilli, affanni, e dalla tua santissima umanità trafila un sudore mortale.
Deh, Amor mio! Non mi regge l’animo di lasciarti so­lo, voglio dividere insieme con te il peso della croce, e per sollevarti il peso delle colpe mi stringo ai tuoi piedi. Voglio darti, a nome di tutte le creature, amore per chi non ti ama, lodi per chi ti disprezza, benedizioni, ringraziamenti, ubbidienza per tutti. Protesto che in qualun­que offesa che riceverai, io intendo offrirti tutta me stes­sa per ripararti, fare l’atto opposto alle offese che le creature ti fanno e consolarti coi miei baci e continui atti di amore.
Ma vedo che sono troppo misera, ho bisogno di te per poterti riparare davvero. Perciò mi unisco alla tua santissima umanità, ed insieme con te unisco i miei pensieri ai tuoi, per riparare i pensieri cattivi miei e di tutti; i miei occhi ai tuoi, per riparare gli sguardi cattivi; la mia bocca alla tua, per riparare le bestemmie e i discorsi cat­tivi; il mio cuore al tuo, per riparare le tendenze, i desideri e gli affetti cattivi. In una parola, voglio riparare tutto ciò che ripara la tua santissima umanità, unendomi all’immensità del tuo amore per tutti, ed al bene immenso che fai a tutti.
Ma non son contenta ancora; voglio unirmi alla tua Divinità, e questo mio nulla lo sperdo in essa, e così ti do il Tutto. Ti do il tuo amore per ristorare le tue amarezze; ti do il tuo cuore per ristorarti delle nostre freddezze, incorrispondenze, ingratitudini e poco amore del­le creature. Ti do le tue armonie per rinfrancarti l’udito dagli assordamenti che ricevi con le bestemmie. Ti do la tua bellezza per rinfrancarti delle bruttezze delle anime nostre quando ci infanghiamo nella colpa. Ti do la tua purità per rinfrancarti delle mancanze di rettitudine d’in­tenzione e del fango e del marciume che vedi in tante anime. Ti do la tua immensità per rinfrancarti delle volontarie strettezze in cui si mettono le anime. Ti do il tuo ardore per bruciare tutti i peccati e tutti i cuori, affinché tutti ti amino e nessuno più ti offenda. Insomma ti do tutto ciò che sei tu per darti soddisfazione infinita, amore eterno, immenso ed infinito.
Mio pazientissimo Gesù, vedo che fai i primi passi sotto il peso enorme della croce, ed io unisco i miei passi ai tuoi; e quando tu, debole, svenato e vacillante starai per cadere, io sarò al tuo fianco per sorreggerti, presterò le mie spalle sotto di essa per dividerne insieme con te il peso. Tu non disdegnarmi, ma accettami per tua fedele compagna.
O Gesù, tu mi guardi, e vedo che ripari per quelli che non portano con rassegnazione la propria croce, anzi im­precano, s’irritano, si suicidano e fanno omicidi; e tu impetri a tutti amore e rassegnazione alla propria croce.
Ma è tanto il tuo dolore, che ti senti come stritolare sotto la croce. Sono appena i primi passi che muovi, e già tu cadi sotto di essa, e mentre cadi, urti nelle pietre: le spine si conficcano di più nel tuo capo, mentre tutte le piaghe s’inaspriscono e danno nuovo sangue; e siccome non hai forza per alzarti, i tuoi nemici, irritati, con calci e con spinte cercano di metterti in piedi.
Caduto Amor mio, lascia che ti aiuti a metterti in piedi, ti baci, ti rasciughi il sangue, ed insieme con te ripari per quelli che peccano per ignoranza, per fragilità e debolezza; e ti prego di dare aiuto a queste anime.
Vita mia, Gesù, i tuoi nemici, facendoti soffrire spasimi inauditi, sono giunti a metterti in piedi, e mentre barcollando tu cammini, sento il tuo respiro affannoso. Il tuo cuore batte più forte, e nuove pene te lo trafiggono intensamente; già scuoti la testa per sgombrare i tuoi occhi dal sangue che li riempie e ansioso guardi. Ah, mio Gesù! Ho capito tutto: la tua Mamma che, come gemebonda colomba va in cerca di te, vuol dirti un’ultima parola e ricevere un tuo ultimo sguardo; e tu senti le sue pene, il suo cuore lacerato nel tuo ed intenerito e ferito dal suo e dal tuo amore. Già la scorgi che, spingendosi attraverso la folla, a qualunque costo vuol vederti, abbracciarti e darti l’ultimo addio. Ma tu resti più trafitto nel vedere la sua pallidezza mortale, tutte le tue pene per forza di amore riprodotte in lei; se essa vive, è solo miracolo della tua onnipotenza. Già tu muovi i passi incontro ai suoi, ma a stento vi potete scambiare gli sguar­di. Oh, schianto di cuori d’ambo le parti! I soldati avver­tono e, con urti e spinte, impediscono che Mamma e Figlio vi diate l’ultimo addio.
È tanta l’ambascia d’entrambi, che la tua Mamma resta impietrita dal dolore e quasi sta per soccombere. Il fedele Giovanni e le pie donne la sorreggono, mentre tu di nuovo cadi sotto la croce. Allora la tua dolente Mam­ma, ciò che non fa col corpo, perché impedita, lo fa con l’anima: entra in te, fa suo il Volere dell’Eterno e, associandosi in tutte le tue pene, ti fa l’ufficio di mamma, ti bacia, ti ripara, ti lenisce ed in tutte le tue piaghe versa il balsamo del suo doloroso amore.
Mio penante Gesù, anch’io mi unisco con la trafitta Mamma. Faccio mie tutte le tue pene ed in ogni goccia del tuo sangue, in ogni piaga voglio farti da mamma; ed insieme con lei e con te, riparo per tutti gli incontri pericolosi, e per quelli che si espongono alle occasioni di peccare, o, costretti dalla necessità ad esporsi, restano allacciati nel peccato.
Tu intanto gemi, caduto sotto la croce. I soldati temono che tu muoia sotto il peso di tanti martìri e per lo spargimento di tanto sangue. Ciò non pertanto a via di frustate e calci, stentatamente giungono a metterti di nuovo in piedi. Così ripari le ripetute cadute nel peccato, i peccati gravi commessi da ogni classe di persone, e preghi per i peccatori ostinati e piangi con lacrime di sangue per la loro conversione.
Affranto Amor mio, mentre ti seguo nelle riparazioni, vedo che non reggi sotto il peso enorme della croce. Già tremi tutto; le spine, ai continui urti che ricevi, penetrano sempre più dentro la tua santissima testa; la croce per il suo grave peso si addentra nella spalla, tanto da formare una piaga così profonda da scoprire le ossa, e ad ogni passo mi sembra che muori e quindi impossibilitato di andare più avanti. Ma il tuo amore che tutto può, ti dà forza; e come ti senti penetrare la croce nella spalla, ripari per i peccati nascosti che, non essendo riparati, accrescono l’acerbità dei tuoi spasimi. Mio Gesù, lascia che metta la mia spalla sotto la croce per sollevarti, e con te ripari tutti i peccati occulti.
Ma i tuoi nemici, per timore che tu muoia sotto di essa, costringono il Cireneo ad aiutarti a portare la croce, il quale, mal volentieri e brontolando, non per amore ti aiuta, ma per forza. E nel tuo cuore allora fanno eco tutti i lamenti di chi soffre, le mancanze di rassegnazione, le ribellioni, le ire e i disprezzi nel soffrire. Ma molto più resti trafitto nel vedere che le anime a te consacrate, che chiami a compagne ed aiuto nel tuo dolore, ti sfuggono; e se tu le stringi a te col dolore, ah!, esse si svincolano dalle tue braccia per andare in cerca di godimenti, e così lasciano te solo a dolorare.
Mio Gesù, mentre riparo con te, ti prego di stringermi fra le tue braccia, e tanto forte, che non ci sia pena che tu soffra di cui non prenda parte anch’io, per trasformarmi in esse e per rifarti dell’abbandono di tutte le creature.
Affranto mio Gesù, a stento cammini e tutto incurvato. Ma vedo che ti soffermi, e cerchi di guardare. Cuor mio, che c’è, che vuoi? Ah! È la Veronica che nulla temendo, coraggiosamente con un panno ti rasciuga il vol­to tutto coperto di sangue, e tu ve lo lasci impresso in segno di gradimento. Mio generoso Gesù, anch’io voglio asciugarti, e non con un panno, ma voglio esibire tutta me stessa per sollevarti. Voglio entrare nel tuo interno e darti, o Gesù, palpiti per palpiti, respiri per respiri, affetti per affetti, desideri per desideri. Intendo tuffar­mi nella tua santissima intelligenza e, facendo scorrere tutti questi palpiti, respiri, affetti e desideri nell’immen­sità della tua Volontà, intendo moltiplicarli all’infinito. Voglio, o mio Gesù, formare onde di palpiti per fare che nessun palpito cattivo si ripercuota nel tuo cuore, e così lenire tutte le sue interne amarezze. Intendo formare onde di affetti e di desideri, per allontanare tutti gli affetti e i desideri cattivi che potrebbero menomamente contristare il tuo cuore. Intendo ancora, o mio Gesù, formare onde di respiri e di pensieri, per allontanare qualunque respiro e pensiero che potrebbe menomamente dispiacerti. Starò bene in guardia, o Gesù, affinché nulla più [ti] affligga e aggiunga alle tue pene interne altre amarezze. O mio Gesù, deh! Fa che tutto il mio interno nuoti nell’immensità del tuo; così potrò ritrovare amore sufficiente e Volontà sufficiente per far che non entri nel tuo interno amore cattivo, né volontà che potrebbe dispiacerti. Intanto i nemici, mal vedendo quest’atto della Veronica, ti frustano, ti spingono e ti mettono in via.
Altri pochi passi e ti fermi ancora. Il tuo amore, sotto il peso di tante pene non si arresta e, vedendo le pie donne che piangono per causa delle tue pene, tu dimentichi te stesso e le consoli col dir loro:
“Figlie, non piangete sulle mie pene, ma sopra i peccati vostri e sopra i figli vostri”.
Che insegnamento sublime! Come dolce è la tua parola! O Gesù, con te riparo le mancanze di carità, e ti chiedo grazia di farmi dimenticare me stessa, perché non ricordi altro che te solo.
Ma i tuoi nemici, sentendoti parlare, vanno in furia: ti tirano per le funi, ti spingono con tanta rabbia che ti fan­no cadere e, mentre cadi, urti nelle pietre. Il peso della croce ti crucia[10], e tu ti senti morire. Lascia che ti sosten­ga e faccia riparo con le mie mani al tuo santissimo vol­to. Vedo che tocchi la terra e boccheggi nel sangue. Ma i tuoi nemici ti vogliono mettere in piedi: ti tirano con le funi, ti alzano per i capelli, ti danno calci, ma tutto invano. Tu muori, mio Gesù! Che pena! Mi si spezza il cuore per il dolore! E quasi trascinandoti, ti conducono al monte Calvario. Mentre ti trascinano, sento che ripari tutte le offese delle anime a te consacrate, che ti danno tanto peso che, per quanto tu ti sforzi per alzarti, ti riesce inutile. E così trascinato e calpestato, giungi al Calvario, lasciando da dove passi, rossa traccia del tuo sangue prezioso.
Ma qui nuovi dolori ti aspettano: ti spogliano di nuovo e ti strappano vesti e corona di spine. Ah! Tu gemi nel sentire strappare da dentro la tua testa le spine. E mentre ti strappano la veste, ti strappano pure le carni lacere attaccate ad essa. Le piaghe si squarciano, il sangue a rivi scorre fino a terra, ed è tanto il dolore, che, quasi morto, tu cadi.
Ma nessuno si muove a compassione di te, mio Bene. Anzi con bestiale furore di nuovo ti mettono la corona di spine, te la battono ben bene, ed è tanto lo strazio per i laceramenti e per lo strappo che fanno ai tuoi capelli ammassati nel sangue coagulato, che solo gli angeli potrebbero dire ciò che tu soffri, mentre, inorriditi, ritorcono i loro sguardi celesti e piangono.
Spogliato mio Gesù, permettimi che ti stringa al mio cuore per riscaldarti, perché vedo che tremi, ed un sudore gelido di morte invade la tua santissima umanità. Quanto vorrei darti la mia vita, il mio sangue per sostituire il tuo, che hai perduto per darmi vita.
Gesù intanto, quasi guardandomi con i suoi occhi lan­guidi e moribondi, par che mi dica:
“Figlia mia, quanto mi costano le anime! Qui è il luogo dove tutti aspetto per salvarli, dove voglio riparare i peccati di quelli che giungono a degradarsi al di sotto delle bestie, e si ostinano tanto nell’offendermi, che giungono a non saper vivere senza fare peccati. La loro ragione resta cieca e peccano all’impazzata; ecco perché una terza volta mi coronano di spine. E con lo spogliarmi, riparo per quelli che indossano vesti di lusso e indecenti, per i peccati contro la modestia, e per quelli che sono tanto legati alle ricchezze, agli onori, ai piaceri, che ne formano un dio per i loro cuori.
Ah, sì!, ognuna di queste offese è una morte che sen­to e, se non muoio, è perché il Volere dell’Eterno mio Padre non ha decretato ancora il momento della mia morte”.
Denudato mio Bene, mentre con te riparo, ti prego di spogliarmi di tutto con le tue santissime mani, e non permettere che nessun affetto cattivo entri nel mio cuore; tu vigilamelo, circondamelo con le tue pene, riempimelo del tuo amore. La mia vita non sia altro che la ripetizione della tua, e rafferma con la tua benedizione il mio spogliamento. Benedicimi di cuore e dammi la forza d’assistere alla tua dolorosa crocifissione, per rimanere crocifissa insieme a te.
Riflessioni e Pratiche
Gesù porta la croce. L’amore di Gesù alla croce, il suo ansioso ardore di morire sulla stessa per salvare le anime, sono immensi. E noi, amiamo come Gesù il patire? Possiamo dire che i nostri palpiti fanno eco ai suoi palpiti divini, e che anche noi chiediamo la nostra croce?
Quando soffriamo, abbiamo noi l’intenzione di farci compagni a Gesù, per alleggerirgli il peso della sua croce? Come lo accompagniamo? E negli insulti che riceve, siamo sempre pronti a dargli il nostro piccolo patire per sollievo delle sue pene?
Nell’operare, nel pregare, e quando sotto il peso di pene interne sentiamo lo stento nel nostro patire, faccia­mo volare la nostra pena a Gesù, che come velo, asciugandogli i sudori, lo rinfranchi, facendo nostro il suo stento?
*
O mio Gesù, chiamami sempre a te vicino, e fa che tu sia sempre presso di me, perché ti conforti sempre con le mie pene.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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Il riposo di Gesù sulla croce
Dal Volume 6 del 20 maggio 1905 (108)
[Luisa dice:]
Questa mattina stavo pensando quando il benedetto Gesù restò tutto slogato sulla croce, e dicevo tra me: “Ah, Signore, quanto fosti compenetrato da questa sì atroce sofferenza, e come l’anima vostra dovette restarne afflitta!”. In questo mentre, quasi ombra, Gesù è venuto e mi ha detto:
“Figlia mia, io non mi occupavo delle mie sofferenze, ma mi occupavo dello scopo delle mie pene; e siccome nelle mie pene vedevo compiuta la Volontà del Padre, soffrivo e nel mio stesso soffrire trovavo il più dolce riposo, perché il fare la Volontà Divina ha questo bene, che mentre si soffre, vi si trova il più bel riposo. Se si gode, e questo godere non è voluto da Dio, nello stesso godere vi si trova il più atroce tormento. Anzi quanto più mi avvicinavo al termine delle mie pene, sognavo di compire in tutto la Volontà del Padre, così mi sentivo più alleggerito, ed il mio riposo si faceva più bello.
Oh, quanto è diverso il modo che tengono le anime! Se soffrono od operano non hanno né la mira del frutto che possono ricavare, né l’adempimento della Volontà Divina; si concentrano tutte nella cosa che fanno e, non vedendo i beni che possono guadagnare né il dolce riposo che porta la Volontà di Dio, vivono infastidite e tormentate, e fuggono quanto più possono il patire e l’operare, credendo di trovare riposo, e vi restano più tormentate di prima”.





(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Gesù, Amor mio, già sei stato spogliato delle tue vesti, ed hai il tuo santissimo corpo tanto lacero che mi sembri un agnello scorticato. Ti vedo tremare tutto, mentre i nemici ti preparano la croce e, non reggendoti in piedi, cadi a terra su questo monte. Mio Bene e mio Tutto, il cuore mi si stringe per il dolore nel guardarti, vedendo che il sangue diluvia da tutte le parti del tuo santissimo corpo, tutto piagato da capo a piè.
I tuoi nemici, stanchi ma non sazi, nello spogliarti hanno strappato con indicibile dolore dal tuo capo la corona di spine, e poi di nuovo te l’hanno conficcata con spasimi inauditi, forando la tua sacratissima testa con nuove ferite. Ah! Tu ripari la perfidia dell’uomo e l’osti­nazione del peccato, specialmente di superbia.
Gesù, vedo che se l’amore non ti spingesse più in alto, saresti morto per l’acerbità del dolore che hai soffer­to in questa terza coronazione di spine. Ma vedo che non puoi più reggere al dolore e, con gli occhi velati di sangue, guardi se uno almeno si avvicini a te per sorreg­gerti in tanto dolore e confusione.
Dolce mio Bene, cara mia Vita, qui non sei solo come nella notte della passione: c’è la dolente Mamma che, lacerata nel cuore, tante morti subisce per quante pene tu soffri; c’è l’amante Maddalena, che pare impazzita per le tue pene; c’è il fido Giovanni, ammutolito per la forza del dolore della tua passione. Questo è il monte di chi ama. Non puoi essere solo. Dimmi, Amor mio, chi vorresti per sorreggerti in tanto dolore? Deh! Permettimi che venga io a sorreggerti, sono io che ho più bisogno di tutti.
La cara Mamma e gli altri mi cedono il posto. Ed ecco, o Gesù, mi avvicino a te, ti abbraccio e ti prego di poggiare la tua testa sulla mia spalla e di farmi sentire le tue spine nella mia. Voglio mettere la mia testa vicina alla tua, non solo per sentire le tue spine, ma anche per lavare col tuo preziosissimo sangue, che dal capo ti scorre, tutti i miei pensieri, perché possano stare in atto di ripararti ogni offesa che le creature commettono col pensiero. Deh! Amor mio, stringiti a me. Voglio baciare una ad una le gocce di sangue che scorrono sul tuo santissimo volto, e ti prego, mentre le adoro, che ogni goccia sia luce ad ogni mente di creatura, affinché nessuna ti offenda con pensieri cattivi.
Ma mentre ti tengo stretto e poggiato a me, ti guardo, o Gesù, e vedo che tu guardi la croce che i nemici ti pre­parano; senti i colpi che danno, per fare i fori dove t’in­chioderanno. O mio Gesù, sento che il tuo cuore batte forte forte e dà in sussulto, agognando questo letto, da te il più desiderato, sebbene con dolore indescrivibile, in cui suggelli la salvezza delle anime nostre in te. Già ti sento dire:
“Amor mio, cara croce, letto mio prezioso, tu sei stata il mio martirio in vita, ed ora sei il mio riposo. Deh, o croce! Ricevimi presto nelle tue braccia, Io sono impaziente di aspettare. Croce santa, in te darò compimento a tutto. Presto, croce! Adempi i desideri ardenti che mi consumano di dare vita alle anime, e queste vite saranno suggellate da te, o croce. Oh, non più indugiare! Con ansia aspetto di stendermi su di te per aprire il cielo a tutti i miei figli e chiudere l’inferno.
O croce, è vero che tu sei la mia battaglia, ma sei pure la mia vittoria ed il mio trionfo completo, ed in te darò grandi eredità, vittorie, trionfi e corone ai figli miei”.
Ma, chi può dire tutto ciò che il mio dolce Gesù dice alla croce?
Ma, mentre Gesù si sfoga con la croce, i nemici gli comandano di stendersi su di essa, e lui subito ubbidisce al loro volere per riparare le nostre disubbidienze. Amor mio, prima che ti distenda sulla croce, permettimi che ti stringa più forte al mio cuore e di baciarti; e tu, dammi un bacio. Senti, o Gesù, non voglio lasciarti: voglio venire a distendermi insieme con te sulla croce e restare insieme con te inchiodato. Il vero amore non soffre nessuna separazione. Perdonami l’arditezza del mio amore e concedimi di rimanere con te crocifissa.
Vedi, tenero Amor mio, non solo io ti chiedo questo, ma pure la dolente Mamma, l’inseparabile Maddalena, il prediletto Giovanni; tutti ti dicono che sarebbe più sopportabile rimanere crocifissi con te, che assistere e vedere te solo crocifisso. Perciò insieme con te mi offro al­l’Eterno Padre, immedesimata con la tua Volontà, col tuo amore, con le tue riparazioni, col tuo stesso cuore e con tutte le tue pene.
Ah! Pare come se il mio addolorato Gesù mi dicesse:
“Figlia mia, hai prevenuto il mio amore, questa è la mia Volontà: che tutti quelli che mi amano restino con me crocifissi. Ah, sì! Vieni pure a distenderti con me sulla croce: ti farò vita della mia vita e ti terrò come la prediletta del mio cuore”.
Ed ecco, dolce mio Bene, che ti distendi sulla croce e guardi i carnefici con tanto amore e con tanta dolcezza, che già tengono nelle mani chiodi e martelli per inchiodarti, da far loro dolce invito a che presto ti crocifiggano. E quelli, sebbene ne sentano ribrezzo, con ferocia inumana prendono la tua mano destra, fermano il chiodo e a colpi di martello lo fanno uscire dalla parte opposta della croce. È tale e tanto il dolore che soffri, o mio Gesù, che tremi; la luce dei tuoi begli occhi si eclissa, ed il tuo volto santissimo impallidisce e diventa livido.
Destra benedetta del mio Gesù, ti bacio, ti compatisco, ti adoro e ti ringrazio per me e per tutti. [Per] quanti colpi ricevesti, tante anime ti chiedo di liberare in questo momento dalla condanna all’inferno; per quante goc­ce di sangue hai versato, tante anime ti prego di lavare in questo tuo sangue preziosissimo. E per il dolore acerbo che soffristi specialmente quando inchiodarono la mano alla croce e nello stiramento dei nervi delle braccia, ti prego di aprire a tutti il cielo e di benedire tutti. Possa la tua benedizione chiamare i peccatori alla conversione, e gli eretici e gli infedeli alla luce della fede.
O Gesù, dolce Vita mia, appena finiscono d’inchio­dare la destra, i nemici prendono con crudeltà la sinistra e, per farla giungere al foro segnato, te la tirano tanto che ti senti slogare le giunture delle braccia e delle spal­le, e per la forza del dolore, le gambe, convulse, si contraggono. Poi con ferocia instancabile, come la destra, la inchiodano sulla croce.
Sinistra mano del mio Gesù, ti bacio, ti compatisco, ti adoro e ti ringrazio. Per i colpi e i dolori che soffristi quando te la inchiodarono, tante anime ti prego di concedermi in questo momento, di far volare dal purgatorio in cielo. E per il sangue che spargesti, ti prego di smorzare le fiamme che le bruciano, e di fare che a tutte sia refrigerio e bagno salutare che le purifichi da ogni macchia e le disponga alla visione beatifica.
Amor mio e mio Tutto, per l’acuto dolore sofferto quando t’inchiodarono la mano sinistra, ti prego di chiu­dere l’inferno a tutte le anime e di non lasciar cadere i fulmini della divina giustizia, purtroppo irritata dalle nostre colpe. Fa, o Gesù, che questo chiodo nella tua sinistra benedetta sia chiave che serri la divina giustizia, perché non faccia piovere i flagelli sulla terra e che apra i tesori della divina misericordia a pro di tutti.
Già pare che [tu] sia rimasto immobile a tutto e che noi siamo liberi di poterti far tutto. Quindi, nelle tue braccia metto il mondo e tutte le generazioni; e ti prego, Amore mio, con le voci dello stesso tuo sangue, di non negare il perdono a nessuno, e per i meriti di questo tuo preziosissimo sangue, ti chiedo la salvezza e la grazia per tutti. Non escludere nessuno, o mio Gesù.
Amor mio, Gesù, i tuoi nemici non sono contenti ancora. Con ferocia diabolica ti prendono i tuoi santissimi piedi (sempre instancabili in cerca di anime), e, contratti come stavano per la forza del dolore delle mani, li tirano tanto che restano slogate le ginocchia, le costole e tutte le ossa del petto. Il cuore non mi regge, mio Bene. Per la forza del dolore, vedo che i tuoi begli occhi, ecclissati e velati di sangue, stralunano; le tue labbra livide e gonfie dai pugni si contorcono, le tue guance si affossano, i denti sbattono, il petto si affanna ed il cuore resta tutto sconquassato per la forza delle stirature delle mani e dei piedi. Amor mio, quanto volentieri prenderei il tuo posto per risparmiarti tanto dolore! Voglio distendermi su tutte le tue membra per lenirti, baciarti, confortarti e ripararti per tutti.
Mio Gesù, vedo che mettono un piede sull’altro e te li trapassano con un chiodo, per giunta spuntato. Deh, o mio Gesù! Mentre il chiodo te li trapassa, permettimi che nel piede destro ti metta tutti i sacerdoti, affinché siano luce alle genti, specialmente quelli che non vivono una vita buona e santa; e che nel sinistro metta tutte le genti, affinché ricevano luce dai sacerdoti, li rispettino e siano loro ubbidienti. E come il chiodo trapassa i tuoi piedi, così trapassi i sacerdoti e le genti, affinché gli uni e gli altri non possano spostarsi da te.
Piedi benedetti del mio Gesù, vi bacio, vi compatisco, vi adoro e vi ringrazio. Per gli acerbissimi dolori che soffristi, per le stirature con cui ti slogarono tutte le ossa e per il sangue che spargesti, ti chiedo di rinchiudere tut­te le anime nelle tue piaghe, non disdegnare nessuno, o Gesù.
I tuoi chiodi inchiodino le nostre potenze, affinché non si spostino da te; inchiodino il nostro cuore, affinché si fissi sempre e solamente in te; e tutti i nostri sentimenti restino inchiodati dai tuoi chiodi, affinché non prendano nessun gusto che non venga da te.
O mio Gesù crocifisso, ti vedo tutto insanguinato, nuotare in un bagno di sangue. Queste gocce di sangue altro non dicono che anime. In ogni goccia vedo brulicare anime di tutti i secoli, sicché tutti in te ci contenevi, o Gesù. Ebbene, per la potenza di questo sangue, ti chiedo che nessuna più sfugga da te.
O mio Gesù, i carnefici finiscono d’inchiodarti i piedi ed io mi avvicino al tuo cuore. Vedo che non ne puoi più, ma l’amore grida più forte:
“Più pene ancora!”.
Mio Gesù, mi abbraccio al tuo cuore, ti bacio, ti compatisco, ti adoro e ti ringrazio per me e per tutti. O Gesù, voglio poggiare la testa sul tuo cuore, per sentire ciò che soffri in questa dolorosa crocifissione. Ah! Sento che ogni colpo di martello rimbomba nel tuo cuore. Il tuo cuore è il centro di tutto: da esso incominciano i dolori ed in esso finiscono. E se non fosse che aspetti una lancia per essere trafitto, le fiamme del tuo amore ed il san­gue che rigurgita all’interno, si sarebbero fatti via e ti avrebbero squarciato il cuore. Questo sangue e queste fiamme chiamano le anime che ti amano a far felice soggiorno nel tuo cuore. Ed io, per amore del tuo cuore e del tuo preziosissimo sangue, ti chiedo, o Gesù, la san­tità delle anime che ti amano. O Gesù, non farle uscire giammai dal tuo cuore, e con la tua grazia moltiplica le vocazioni delle anime vittime, che continuino la tua vita sulla terra. Tu hai voluto dare un posto distinto nel tuo cuore alle anime che ti amano, fa che questo posto non lo perdano mai. O Gesù, le fiamme del tuo cuore mi brucino e mi consumino, il tuo sangue mi abbellisca, il tuo amore mi tenga sempre inchiodata all’amore col do­lore e con la riparazione.
O mio Gesù, già i carnefici hanno inchiodato le tue mani e i tuoi piedi alla croce, e voltando questa per ribattere i chiodi, costringono il tuo volto adorabile a toccare la terra insanguinata dallo stesso tuo sangue. E tu, con la tua bocca divina, la baci. Con questo bacio, o dolce Amor mio, tu intendi baciare tutte le anime e vincolarle al tuo amore, suggellandone la loro salvezza. O Gesù, lascia che prenda io il tuo posto, e mentre i carnefici ribattono i chiodi, fa che questi colpi feriscano me pure e m’inchiodino tutta al tuo amore.
Mio Gesù, metto la mia testa nella tua. Mentre le spine si addentrano sempre più nella tua testa, voglio offrirti, o dolce mio Bene, tutti i miei pensieri che come baci affettuosi ti consolino e leniscano l’amarezza delle tue spine.
O Gesù, metto i miei occhi nei tuoi, e vedo che i tuoi nemici non sono ancora sazi d’insultarti e deriderti, ed io voglio confortare i tuoi sguardi divini coi miei sguardi di amore.
Metto la mia bocca nella tua, o Gesù. La tua lingua è quasi attaccata al palato per l’amarezza del fiele e per la sete ardente. Per ristoro alla tua sete, o mio Gesù, tu vorresti tutti i cuori delle creature traboccanti d’amore, e non avendoli, bruci sempre più per loro. Dolce Amor mio, intendo mandarti fiumi d’amore, per mitigarti in qualche modo l’amarezza del fiele e la tua sete ardente.
O Gesù, metto le mie mani nelle tue. Ad ogni movimento che fai, le piaghe delle tue mani più si squarciano, e il dolore si fa più intenso e acerbo. Caro mio Bene, per ristorarti e raddolcire questo dolore, ti offro le opere sante di tutte le creature.
O Gesù, metto i miei piedi nei tuoi. Quanto soffri nei tuoi santissimi piedi! Tutti i movimenti del sacratissimo tuo corpo pare che si ripercuotono in essi, e nessuno è a te vicino per sorreggerti e lenire un po’ l’acerbità dei tuoi dolori. Vita mia dolcissima, vorrei riunire i passi delle creature di tutte le generazioni, passate, presenti e future, ed indirizzarli tutti a te, per venirti a consolare nelle tue dure pene.
Mio Gesù, metto il mio cuore nel tuo povero cuore. Com’è straziato! Se muovi i piedi, i nervi della punta del cuore li senti strapparsi; se muovi le mani, i nervi d’ambo le parti del cuore restano tirati più che da chiodi; se muovi la testa, la bocca del cuore dà sangue e soffre la completa crocifissione. O mio Gesù, come confortare tanto dolore? Mi diffonderò in te, metterò il mio cuore nel tuo, i miei ardenti desideri nei tuoi, perché sia distrutto qualunque desiderio cattivo. Diffonderò il mio amore nel tuo, perché col tuo fuoco siano bruciati i cuori di tutte le creature e distrutti gli amori profani. Il tuo cuore sacratissimo rimarrà confortato ed io, fin d’ora, prometto, o Gesù, di tenermi sempre inchiodata a questo cuore amorosissimo con i chiodi dei tuoi desideri, del tuo amore e della tua Volontà.
O mio Gesù, crocifisso tu, crocifissa io in te. Tu non permettere che mi schiodi menomamente da te, ma vi resti sempre inchiodata per poterti amare e riparare per tutti, e lenire il dolore che ti arrecano le creature con le loro colpe.
Mio buon Gesù, vedo che i tuoi nemici innalzano il pesante legno della croce e lo lasciano cadere nella fossa da essi preparata; e tu, dolce Amor mio, resti sospeso fra cielo e terra. In questo solenne momento ti volgi al Padre, e con voce debole e fioca, gli dici:
“Padre santo, eccomi qui, carico di tutti i peccati del mondo. Non vi è colpa che non si riversi su di me, perciò non più scaricare sugli uomini i flagelli della tua divina giustizia, ma su di me, tuo Figlio. O Padre, permet­timi di legare tutte le anime a questa croce, e che per loro implori perdono con le voci del mio sangue e delle mie piaghe. O Padre, non vedi come mi son ridotto? Per questa croce, in virtù di questi dolori, concedi a tutti vera conversione, pace, perdono e santità”.
Gesù, mentre sei sulla croce trafitto, la tua anima non è più in terra, ma nei cieli con il tuo divino Padre, per difendere e perorare la causa delle anime nostre.
Crocifisso Amor mio, anch’io voglio seguirti innanzi al trono dell’Eterno e disarmare insieme a te la divina giustizia. La tua santissima umanità la faccio mia: unita con la tua Volontà, ed insieme con te, voglio fare ciò che fai tu. Permetti, Vita mia, che scorrano i miei pensieri nei tuoi; il mio amore, la mia volontà ed i miei desideri nei tuoi, che scorra il mio palpito nel tuo cuore e tutto il mio essere in te, affinché nulla mi possa sfuggire, e possa ripetere, atto per atto, parola per parola, tutto ciò che fai tu.[13]
Vedo, crocifisso mio Bene, che tu, vedendo grandemente sdegnato il divino tuo Padre contro le creature, ti prostri innanzi a lui e nascondi tutte le creature dentro la tua santissima umanità, mettendoci al sicuro, affinché il Padre, guardandoci in te, per amore tuo, non scacci la creatura da sé. E se egli la guarda sdegnato, è perché tante anime hanno contraffatto la bella immagine da lui creata, hanno pensieri soltanto per offenderlo. E della loro intelligenza che doveva occuparsi di comprenderlo, ne fanno ricettacolo dove annidano tutte le colpe. E tu, o mio Gesù, per placarlo, chiami l’attenzione del divino Padre a guardare la tua santissima testa, trafitta di spine tra spasimi atroci. Così tieni come inchiodate nella tua mente tutte le intelligenze delle creature, per ognuna delle quali offri una espiazione per soddisfare la divina giustizia. Oh, come queste spine scusano tutti i pensieri cattivi delle creature, come voci pietose innanzi alla Maestà Divina!
Mio Gesù, i miei pensieri sono una sola cosa con i tuoi; perciò insieme con te prego, imploro, scuso e riparo innanzi alla Maestà Divina tutto il male commesso dalle creature con la loro intelligenza. Permettimi che prenda le tue spine e la tua stessa intelligenza e che vada con te da tutte le creature, ad attaccare la tua intelligenza alla loro. Voglio restituire loro l’intelligenza, come tu la creasti all’origine, con la santità della tua. [Voglio] riordinare con la santità dei tuoi pensieri tutti i pensieri delle creature in te, e trafiggere con le tue spine tutte le menti delle creature, per restituirti il dominio ed il regime di tutti. O Gesù, tu solo sii il dominatore di ogni pensiero, di ogni affetto e di tutti i popoli. Reggi tu solo ogni cosa; solo così la faccia della terra, che fa orrore e spavento, si cambierà.
Crocifisso Gesù, continui a vedere che il divino Padre, sdegnato, guarda le povere creature e le trova tutte insozzate di colpe e coperte delle più brutte luridezze, da far schifo a tutto il Cielo. Oh, come resta colpita la purità dello sguardo divino, quasi non più riconoscendo la povera creatura come opera delle sue mani santissime! Anzi, le creature pare che siano tanti mostri che occupano la terra, che attirano lo sdegno dello sguardo pa­terno.
Ma tu, o mio Gesù, per placarlo cerchi di addolcirlo, scambiando i suoi occhi con i tuoi, e facendoglieli vedere coperti di sangue e gonfi di lacrime. Dinnanzi alla Maestà Divina piangi, per muoverla a compassione per la sventura di tante povere creature. E sento la tua voce che dice:
“Padre mio, è vero che la creatura ingrata si va sempre più lordando di colpe da non meritare più il tuo guardo paterno. Ma guardami, o Padre, innanzi a te voglio tanto piangere, da formare un bagno di lacrime e di sangue, per lavare queste luridezze di cui si sono coperte le creature. Padre mio, vuoi tu forse rigettarmi? No, non puoi, sono tuo Figlio; e mentre sono tuo Figlio, sono anche il capo di tutte le creature ed esse sono mie membra. Salviamole, o Padre, salviamole”.
Mio Gesù, Amore sconfinato, vorrei avere i tuoi occhi per piangere innanzi alla Maestà Suprema per la perdita di tante povere creature e per questi tempi così tristi. Permettimi che prenda le tue lacrime e i tuoi stessi sguardi, che sono una sola cosa con i miei, e vada da tutte le creature. Per muovere a compassione le loro ani­me del tuo amore, farò loro vedere che tu piangi per causa loro e che, mentre si vanno lordando, tu hai pronte le tue lacrime ed il tuo sangue per lavarle; e vedendoti piangere, si arrenderanno. Sì, permettimi di lavare con queste lacrime tutte le sozzure delle creature: scendano nei loro cuori, rammolliscano tante anime indurite nella colpa e vincano l’ostinatezza di tutti i cuori.
Con i tuoi sguardi, permettimi che penetri le creature in modo da fare innalzare tutti i loro sguardi al cielo per amarti, invece che smarrirsi sulla terra per offenderti; così il divino Padre non avrà più sdegno nel guardare la povera umanità.
Crocifisso Gesù, vedo che il divino Padre non si placa ancora nel suo sdegno, perché mentre la sua paterna bontà, presa da tanto amore per la povera creatura, ha riempito il cielo e la terra di attestati di amore e di benefici per essa che, quasi ad ogni passo e ad ogni atto, sente scorrere l’amore e le grazie di quel cuore paterno, la creatura, sempre ingrata, disprezzando questo amore, non lo vuole riconoscere. Anzi contrasta tanto amore, riempiendo il cielo e la terra di insulti, disprezzi ed oltraggi, fino a metterlo sotto i suoi immondi piedi, volendo quasi distruggerlo, idolatrando se stessa. Ah, tutte queste offese penetrano fin nei cieli e giungono innanzi alla Maestà Divina! Oh, come si sdegna nel vedere che la vile creatura giunge ad insultarla e ad offenderla in tutti i modi!
Ma tu, o mio Gesù, sempre intento a difenderci, con la forza rapitrice del tuo amore, costringi il Padre a guardare il tuo santissimo volto, coperto di tutti questi insulti e disprezzi, e dici:
“Padre mio, non disdegnare le povere creature: se disdegni loro disdegni me. Deh, placati! Tutte queste offese le porto sul mio volto, che ti risponde per tutti. Padre mio, arresta il tuo furore contro la povera umanità: sono ciechi e non sanno quello che fanno. Perciò guardami bene come sono ridotto per causa loro. Se non ti muovi a compassione per la misera umanità, ti intenerisca questo mio volto insozzato di sputi, coperto di sangue, illividito e gonfio per i tanti schiaffi e colpi ricevuti. Pietà, Padre mio! Ero Io il più bello di tutti, ed ora sono tutto sfigurato, tanto che non mi riconosco più; son diventato l’abiezione di tutti. Perciò, a qualunque costo voglio sal­va la povera creatura”.
Mio Gesù, possibile che ci ami tanto? Il tuo amore stritola questo mio povero cuore. Volendo seguirti in tutto, permettimi che prenda il tuo santissimo volto per averlo in mio potere, per mostrarlo così sfigurato continuamente al Padre per muoverlo a compassione della povera umanità, che è tanto oppressa sotto la sferza della divina giustizia che giace quasi morente.
Permettimi che vada in mezzo alle creature, e faccia loro vedere questo tuo volto così sfigurato per causa loro, per muoverle a compassione delle loro anime e del tuo amore. E con la luce che tramanda il tuo volto e con la forza rapitrice del tuo amore, faccia loro comprendere chi sei tu e chi sono esse che ardiscono offenderti, e fac­cia risorgere le loro anime da tante colpe in cui vivono morte alla grazia, perché tutte si prostrino innanzi a te in atto di adorarti e glorificarti.
Mio Gesù, Crocifisso adorabile, la creatura va sempre irritando la divina giustizia, e dalla sua lingua risuona l’eco di bestemmie orrende, voci di imprecazioni e di maledizioni, discorsi cattivi, intese di come meglio uccidere e fare carneficine. Ah! Tutte queste voci assordano la terra e penetrano fin nei cieli, assordando l’udito divino, il quale, stanco di questa eco velenosa che gli manda la creatura, vorrebbe disfarsi di essa, cacciandola da sé lontana, perché tutte queste voci velenose imprecano e chiedono vendetta e giustizia contro di essa stessa. Oh, come la divina giustizia si sente spingere a scagliare flagelli! Oh, come accendono il suo furore contro la creatura tante bestemmie orrende!
Ma tu, o mio Gesù, amandoci di amore sommo, fai fronte a queste voci micidiali con la tua voce onnipoten­te e creatrice, in cui raccogli tutte queste voci, e fai sentire all’udito del Padre la tua voce dolcissima per rinfrancarlo delle molestie che le creature gli danno, con altrettante voci di benedizioni e lodi, e gridi misericordia, grazie, amore per la povera creatura.
E per placarlo di più, gli mostri la tua santissima bocca, e dici:
“Padre mio, tornami a guardare; non sentire le voci delle creature, ma senti la mia. Sono Io che soddisfo per tutti. Perciò ti prego di guardare la creatura e di guardar­la in me. Se la guardi fuori di me, che sarà di essa? È debole, ignorante, capace solo di far male, piena di tutte le miserie. Pietà, pietà della povera creatura. Rispondo Io per essa con questa mia lingua amareggiata dal fiele, inaridita dalla sete, arsa e riarsa dall’amore”.
Mio amareggiato Gesù, la mia voce nella tua vuole far fronte a tutte queste offese. Permettimi che prenda la tua lingua, le tue labbra, e giri per tutte le creature, toccando le loro lingue con la tua, affinché sentendo l’ama­rezza della tua nell’atto di offenderti, se non per amore, almeno per l’amarezza che sentono, non bestemmino più; che tocchi le loro labbra con le tue, affinché facendo sentire il fuoco della colpa sulle labbra di tutti e facendo risuonare la tua voce onnipotente in ogni petto, possa arrestare la corrente di tutte le voci cattive e cambiare tutte le voci umane in voci di benedizioni e lodi.
Mio Crocifisso Gesù, la creatura, a tanto tuo amore e dolore, non si arrende ancora, anzi disprezzandoti, va aggiungendo colpe a colpe, commettendo sacrilegi enor­mi, omicidi, suicidi, duelli, frodi, inganni, crudeltà e tra­dimenti. Ah, tutte queste opere cattive appesantiscono le braccia paterne! E il Padre, non potendo sostenere il peso, sta per abbassarle, per riversare sulla terra furore e distruzione. E tu, o mio Gesù, per strappare la creatura dal furore divino, temendo di vederla distrutta, stendi le tue braccia al Padre, affinché non le abbassi per distruggere la creatura. E aiutando con le tue braccia a sostenere il peso, lo disarmi e impedisci che la giustizia faccia il suo corso. E per muoverlo a compassione della misera umanità ed intenerirlo, gli dici con la voce più insinuan­te:
“Padre mio, guarda queste mani squarciate e questi chiodi che me le trafiggono, che mi inchiodano insieme a tutte queste opere cattive. Ah, è in queste mani che sento tutti gli spasimi che mi danno queste opere cattive! Non sei contento, o Padre mio, dei miei dolori? Non sono forse capaci di soddisfarti? Sì, queste mie braccia slogate saranno sempre catene che terranno strette le povere creature, affinché non mi sfuggano, tranne quelle che volessero strapparsi a viva forza. E queste mie braccia saranno catene amorose che ti legheranno, Padre mio, per impedirti di distruggere la povera creatura. Anzi ti attirerò sempre vicino ad essa, perché versi su di lei le tue grazie e misericordie”.
Mio Gesù, il tuo amore è un dolce incanto per me, e mi spinge a fare ciò che fai tu. Perciò dammi le tue brac­cia, ché insieme con te voglio impedire, a costo di qualunque pena, che la divina giustizia faccia il suo corso contro la povera umanità. E per muovere il Padre a pietà delle creature, permettimi che metta nelle tue braccia le tante membra straziate, i gemiti di tanti poveri feriti, i tanti cuori addolorati ed oppressi. Permettimi che vada da tutte le creature e le stringa tutte nelle tue braccia, affinché tutte ritornino al tuo cuore. Permettimi che con la potenza delle tue mani creatrici arresti la corrente di tante opere malvagie e ritragga tutti dall’operare il male.
Mio amabile crocifisso Gesù, la creatura non è ancora contenta di offenderti. Vuol bere fino in fondo tutta la feccia della colpa, e corre quasi all’impazzata nella via del male. Si precipita di colpa in colpa, disobbedisce al­le tue leggi e, disconoscendoti, si ribella a te e, quasi per farti dispetto, vuole andare all’inferno. Oh, come si sdegna la Maestà Suprema! E tu, o mio Gesù, trionfando di tutto, anche dell’ostinatezza delle creature, per placare il divin Padre, gli fai vedere tutta la tua santissima umanità lacerata, slogata, straziata in modo orribile. Mostri i tuoi santissimi piedi trafitti, nei quali contieni tutti i passi delle creature, che ti danno dolori mortali, al punto che sono contorti dall’atrocità degli spasimi.
E sento la tua voce più che mai commovente, come in atto di spirare, che vuol vincere per forza d’amore e di dolore la creatura, e trionfare sul cuore paterno:
“Padre mio, guardami dalla testa ai piedi: non c’è par­te sana in me, non ho dove farmi aprire altre piaghe e procurarmi altri dolori. Se non ti plachi a questo spettacolo di amore e di dolore, chi mai potrà placarti?
O creature, se non vi arrenderete a tanto amore, che speranza vi resta di convertirvi? Queste mie piaghe e questo sangue saranno sempre voci che chiameranno dal cielo alla terra grazie di pentimento, perdono, compassione per la povera umanità”.
Mio Gesù, ti vedo in uno stato di violenza per placare il Padre e per vincere la povera creatura. Permettimi che prenda i tuoi santissimi piedi e giri per tutte le creature, per legare i loro passi ai tuoi piedi, e così, se volessero camminare nella via del male, sentendo le catene che hai messo tra te e loro, non possano [farlo]. Deh! Con questi tuoi piedi fa che indietreggino dalla via del male, mettile sulla via del bene, rendendole più docili alle tue leggi. E con i tuoi chiodi serra l’inferno affinché più nessuno vi cada dentro.
Mio Gesù, Amante crocifisso, vedo che non ne puoi più: la tensione terribile che subisci sulla croce; lo scricchiolio continuo delle tue ossa, che sempre più si slogano ad ogni piccolo movimento; le carni che più si squarciano; le ripetute offese che ti giungono, ripetendo passioni e morti più dolorose; la sete ardente che ti consuma; le pene interne che ti soffocano di amarezza, di dolore e di amore; e l’ingratitudine umana che in tanti tuoi martìri ti affronta e ti penetra come onda impetuosa, fin dentro il trafitto tuo cuore, ti schiacciano tanto che la tua santissima umanità, non reggendo sotto il peso di tanti martìri, sta per finire e, delirando di amore e di patire, chiede aiuto e pietà.
Crocifisso Gesù, possibile? Tu che reggi tutto e dai vita a tutti, chiedi aiuto? Ah! Come vorrei penetrare in ogni goccia del tuo sangue e versare il mio per raddolcirti ogni piaga, per attutire il dolore di ogni spina, per rendere meno dolorose le loro punture e per raddolcirti in ogni pena interna del tuo cuore, per sollevare le intensità delle tue amarezze. Vorrei darti vita per vita, e se mi fosse possibile vorrei schiodarti dalla croce per sostituirmi in vece tua. Ma vedo che sono nulla e nulla posso, sono troppo insignificante. Perciò dammi te stesso. Prenderò vita in te e in te darò te a te stesso. Così contenterai le mie brame.
Straziato Gesù, vedo che la tua santissima umanità finisce non per te, ma per compiere in tutto la nostra redenzione. Hai bisogno di aiuto divino e perciò ti getti nelle braccia paterne, chiedendo aiuto e soccorso. Oh! Come il divin Padre s’intenerisce nel guardare l’orrendo strazio della tua santissima umanità, il lavorio terribile che la colpa ha fatto sulle tue santissime membra. E per contentare le tue brame d’amore, ti stringe al suo cuore paterno e ti dà gli aiuti necessari per compiere la nostra redenzione. E mentre ti stringe, senti nel tuo cuore più forte ripetere i colpi dei chiodi, le sferze dei flagelli, gli squarci delle piaghe, le punture delle spine. Oh, come il Padre ne resta colpito! Come si sdegna nel vedere che tutte queste pene te le recano fin nel tuo cuore anche anime a te consacrate! E nel suo dolore ti dice:
“Possibile, Figlio mio, che neppure la parte da te elet­ta è tutta con te? Anzi pare che queste anime chiedano rifugio e nascondimento in questo tuo cuore per amareg­giarti e darti morte più dolorosa; e quel che è più, tutti questi dolori che ti danno sono nascosti e coperti da ipocrisie. Ah, Figlio! Non posso più contenere lo sdegno per l’ingratitudine di queste anime, le quali mi addolora­no più che le altre creature tutte insieme”.
Ma tu, o mio Gesù, trionfando di tutto, difendi queste anime, e fai riparo con l’amore immenso del tuo cuore alle onde delle amarezze e trafitture che queste anime ti danno. E per placare il Padre, gli dici:
“Padre mio, guarda questo mio cuore: tutti questi dolori ti soddisfino, e quanto più acerbi essi sono, altrettanto più potenti siano sul tuo cuore di Padre, per impetrare grazie, luce e perdono per queste anime. Padre mio, non li rigettare: saranno essi i miei difensori che continueranno la mia vita sulla terra.
O Padre amorosissimo, considera che, se la mia umanità è giunta ora al colmo dei suoi patimenti, questo mio cuore pure scoppia per le amarezze, le intime pene e gli inauditi strazi che ho sofferto per lo spazio di trentaquat­tro anni, a cominciare dal primo istante della mia incarnazione. Tu conosci, o Padre, l’intensità di queste interne amarezze, che sarebbero state capaci di farmi morire ad ogni momento di puro spasimo, se la nostra onnipotenza non mi avesse sostenuto, per prolungare il mio patire fino a questa estrema agonia. Ah! Se finora ti ho offerto tutte le pene della mia santissima umanità per placare la tua giustizia che pende su tutti, e per attirare su tutti la tua misericordia trionfatrice, ora ti presento questo mio cuore sconquassato, premuto e infranto sotto il torchio di tutti i momenti della mia vita mortale, in modo particolare per i traviamenti delle anime a noi consacrate.
Osserva, o Padre mio: questo è il cuore che ti ha ama­to di infinito amore, che sempre è stato arso di amore per i miei fratelli, figli tuoi in me; questo è il cuore generoso con il quale ho anelato il patire, per darti la completa soddisfazione di tutti i peccati degli uomini. Abbi pietà delle sue desolazioni, dei suoi continui accoramen­ti, delle sue angosce, dei suoi tedi, delle sue tristezze innanzi alla morte!
O Padre mio, vi è stato forse un solo palpito del mio cuore che non abbia cercato la tua gloria, a costo di pene e di sangue, e la salvezza dei miei fratelli? Non sono usciti da questo mio cuore sempre oppresso, le ardenti suppliche, i gemiti, i sospiri, i clamori con cui per trentaquattro anni ho pianto e gridato misericordia al tuo cospetto?
Tu mi hai esaudito, o Padre mio, per una infinità di volte e di anime, e te ne rendo grazie infinite. Ma, guarda, o Padre mio, come non può calmarsi il mio cuore nelle sue pene se dovesse sfuggire al suo amore anche un’anima sola, perché noi amiamo tanto un’anima sola quanto tutte le anime insieme. E si dirà che dovrò dare l’ultimo sospiro su questo doloroso patibolo, vedendo miseramente perire anche anime a noi consacrate? Io muoio in un mare di affanni e di pene per l’iniquità e la perdita eterna del perfido Giuda, tanto duro ed ingrato, che respinse tutti i miei tratti amorosi e delicati, e che tanto beneficai, fino a farlo sacerdote, vescovo, come gli altri miei apostoli. Ah, Padre mio, basta questo abisso di pene! Quante anime vedo, scelte da noi per il duplice sacro seguito, che vogliono imitare Giuda, chi più, chi meno!
Aiutami, Padre mio, aiutami! Non posso sopportare tutte queste pene. Vedi se c’è una fibra nel mio cuore che non sia tormentata più di tutti gli strazi del mio corpo divino. Vedi se tutto il sangue che sto versando non sgorghi, più che dalle mie piaghe, dal mio cuore, che si disfa di amore e di dolore. Pietà, Padre mio, pietà! Non per me, che voglio patire sino all’infinito per le povere anime, ma pietà di tutte le anime, specialmente per quel­le, di uomini e donne, chiamate al mio santo servizio e al mio sposalizio di amore. Ascolta, o Padre, il mio cuore che, vicino a venire meno alla vita, accelera i suoi palpiti infocati e grida: Per tante mie pene, grazie efficaci di pentimento e di vera conversione ti chiedo per tutte queste infelici anime! Nessuna di esse ci sfugga!
Ho sete, Padre mio, ho sete di tutte le anime, specialmente di queste. Ho sete di patire di più per ciascuna di queste anime. Ho sempre fatto la tua Volontà, Padre mio. Ora questa mia Volontà, che è pure la tua, deh! Fa che sia compiuta perfettamente per amore di me, tuo Figlio dilettissimo, nel quale hai trovato tutte le tue compiacenze”.
O mio Gesù, non resisto più. Mi unisco alle tue suppliche, ai tuoi patimenti, al tuo amore penante. Dammi il tuo cuore, affinché io senta la tua stessa sete per le anime consacrate a te e, con i miei palpiti, ti restituisca l’amore e gli affetti di tutti. Permettimi di andare da tutte e di deporre il tuo cuore in loro. Al suo contatto si riscaldino le fredde, si scuotano le tiepide, si sentano richiamare le fuorviate, ed in loro ritornino le tante grazie respinte.
Il tuo cuore è soffocato dal dolore e dall’amarezza, nel vedere resi vani tanti disegni che avevi su di loro, per la loro incorrispondenza, e nel vedere che tante altre anime, che dovevano avere vita e salvezza per mezzo di quelle, ne risentono le tristi consequenze. Io mostrerò loro il tuo cuore tanto amareggiato per causa loro, lancerò in esse dardi di fuoco dal tuo cuore, presenterò tutte le tue suppliche e tutti i tuoi patimenti per loro: non è possibile che non si arrendano a te. Così ritorneranno pentite ai tuoi piedi, ed i tuoi amorosi disegni su di loro saranno ripristinati; staranno in te ed intorno a te, non più per offenderti, ma per ripararti, consolarti e difenderti.
Vita mia, Crocifisso Gesù, vedo che ancora agonizzi sulla croce, non essendo ancora pago il tuo amore per dare compimento a tutto. Anch’io, sì, agonizzo insieme con te, e chiamo tutti: angeli, santi, venite sul monte Calvario a mirare gli eccessi e le follie di amore di un Dio! Baciamo le sue piaghe sanguinanti, adoriamole, so­steniamo quelle membra lacerate, ringraziamo Gesù del­l’operata redenzione. Diamo uno sguardo alla trafitta Madre, che tante pene e morti sente nell’Immacolato suo Cuore per quante pene vede nel suo Figlio Dio. Le sue stesse vesti sono intrise di sangue, il monte Calvario n’è cosparso tutto.
Perciò tutti insieme prendiamo questo sangue, preghiamo la dolente Madre che si unisca a noi, dividiamoci in tutto il mondo e andiamo in aiuto di tutti. Aiutiamo i pericolanti affinché non periscano, i caduti affinché si rialzino, quelli che stanno per cadere affinché non cadano. Diamo questo sangue a tanti poveri ciechi, affinché splenda in essi la luce della verità. E in modo speciale portiamoci in mezzo ai poveri combattenti: facciamo loro da vigili sentinelle, e se stanno per cadere colpiti dal piombo nemico, riceviamoli nelle nostre braccia per confortarli; e, se vengono abbandonati da tutti, se sono disperati della loro triste sorte, diamo loro questo sangue, perché si rassegnino e venga lenita l’atrocità dei dolori. E se vediamo che vi sono anime che stanno per cadere nell’inferno, diamo loro questo sangue divino, che contiene il prezzo della redenzione, e strappiamole a satana.
E mentre mi terrò Gesù stretto al mio cuore per difenderlo e ripararlo da tutto, stringerò tutti a questo cuore, affinché tutti ottengano grazia efficace di conversione, forza e salvezza.
O Gesù, vedo che il sangue a rivi scorre dalle tue mani e dai tuoi piedi. Gli angeli, piangenti, facendoti corona, ammirano i portenti dell’immenso tuo amore. Vedo la tua dolce Mamma ai piè della croce, trafitta dal dolore, la tua cara Maddalena, il prediletto Giovanni, tutti presi da estasi di stupore, di amore e di dolore.
O Gesù, mi unisco con te e mi stringo alla tua croce; prendo tutte le gocce del tuo sangue e le verso nel mio cuore. Quando vedrò la tua giustizia irritata contro i pec­catori, io, per placarti, ti mostrerò questo sangue; quando vorrò la conversione di anime ostinate nella colpa, ti mostrerò questo sangue e per virtù di esso non rigetterai la mia preghiera, perché ne ho il pegno nelle mani.
Ed ora, crocifisso mio Bene, a nome di tutte le generazioni, passate, presenti e future, insieme con la tua Mamma e con tutti gli angeli mi prostro innanzi a te e ti dico: Ti adoriamo, o Cristo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
Riflessioni e Pratiche
Gesù crocifisso ubbidisce ai carnefici, accetta con amore tutti gl’insulti e pene che gli danno. Per il grande amore che Gesù sentiva per la povera anima nostra, trovò nella croce il suo letto di riposo. E noi, in tutte le pene, ci riposiamo in lui? Con la nostra pazienza e col nostro amore possiamo dire che prepariamo un letto nel nostro cuore a Gesù?
Mentre Gesù è crocifisso, non c’è parte interna ed esterna che non senta uno speciale patire. E noi, ci teniamo tutti crocifissi a lui, almeno coi nostri sensi principali? Quando in una vana conversazione od altro simile divertimento troviamo il nostro gusto, allora è Gesù che resta inchiodato alla croce. Ma se questo medesimo gusto lo sacrifichiamo per amor suo, allora schiodiamo Gesù e c’inchiodiamo noi.
Teniamo sempre inchiodati coi chiodi della sua santissima Volontà, la nostra mente, il nostro cuore, tutto l’essere nostro? Gesù, mentre è crocifisso, guarda con amore i carnefici. E noi per amor suo guardiamo con amore chi ci offende?
*
Mio crocifisso Gesù, i tuoi chiodi siano fitti nel mio cuore, affinché non ci sia palpito, affetto, desiderio che non senta le punture di essi, ed il sangue che verserà questo mio cuore sia il balsamo che lenisca tutte le tue piaghe.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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La croce di Gesù furono le anime
Dal Volume 15 del 16 febbraio 1923  (12)
[Luisa dice:]
Stavo facendo la mia solita adorazione al Crocifisso ed abbandonandomi tutta nel suo amabile Volere, ma mentre ciò facevo ho sentito che il mio amabile Gesù si muoveva nel mio interno e mi diceva:
“...Figlia mia, quante cose farà conoscere la mia Volontà di ciò che operò la mia umanità in questa Volontà Divina! La mia umanità, per operare la redenzione perfetta e completa, doveva farla nell’ambito dell’eternità: ecco la necessità d’una Volontà eterna. Se la mia volontà umana non avesse con sé una Volontà eterna, tutti i miei atti sarebbero atti limitati e finiti; invece con questa sono interminabili ed infiniti. Perciò le mie pene, la mia croce, dovevano essere interminabili ed infinite, e la mia Volontà Divina faceva trovare alla mia umanità tutte queste pene e croci, tanto che essa mi distendeva su tutta l’umana famiglia, dal primo fino all’ultimo uomo, ed io assorbivo tutte le specie di pene in me, ed ogni creatura formava la mia croce.
Sicché la mia croce fu tanto lunga quanto è e sarà la lunghezza di tutti i secoli, e larga quanto sono le umane generazioni. Non fu la sola piccola croce del Calvario dove mi crocifissero gli ebrei; questa non era altro che una immagine della lunga croce in cui mi teneva crocifisso la Suprema Volontà. Sicché ogni creatura formava la lunghezza e la larghezza della croce, e come la formavano restavano innestate nella stessa croce; ed il Volere Divino, distendendomi su di essa e crocifiggendomi, non solo Lui formava la mia croce, ma tutti quelli che formavano detta croce. Ecco, perciò avevo bisogno dell’ambito dell’eternità, dove dovevo tenere questa croce; lo spazio terrestre non basterebbe per contenerla.
Oh, quanto mi ameranno le creature, quando conosceranno ciò che fece la mia umanità nella Divina Volontà, e ciò che mi fece soffrire per amor loro! La mia croce non fu di legno, no: furono le anime. Erano loro che me le sentivo palpitanti nella croce su cui mi distendeva la Divina Volontà, e nessuna mi facevo sfuggire; a tutti davo il posto, e per dare posto a tutti mi distendeva in modo sì straziante e con pene sì atroci, che le pene della passione potrei chiamarle piccoli sollievi.
Perciò affrettati, affinché il mio Volere faccia conoscere tutto ciò che questo Volere eterno operò nella mia umanità. Questa conoscenza riscuoterà tanto amore, che le creature si piegheranno a farlo regnare in mezzo a loro”.



(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Crocifisso mio Bene, ti vedo sulla croce come sul tuo trono di trionfo, in atto di conquistare tutto e tutti i cuori e di attirarli tanto a te, che tutti sentano il tuo sovrumano potere. La natura, inorridita di tanto misfatto, si prostra innanzi a te ed in silenzio aspetta un tuo detto, per renderti onore e far riconoscere il tuo dominio; il sole piangente ritira la sua luce, non potendo sostenere la vista di te, troppo dolorosa; l’inferno sente terrore e, silenzioso, aspetta. Sicché tutto è silenzio. La tua trafitta Mamma, i tuoi fidi, sono tutti muti e pietrificati alla vista, ahi! troppo dolorosa della tua squarciata e slogata umanità e, silenziosi, aspettano una tua parola. La tua stessa umanità che giace in un mare di dolori tra gli spasimi atroci dell’agonia, è silenziosa, tanto che si teme che da un respiro all’altro tu muoia. Che più? Gli stessi perfidi giudei, gli stessi spietati carnefici che sino a poco fa ti oltraggiavano, ti schernivano, ti chiamavano impostore, malfattore, gli stessi ladroni che ti bestemmiavano, tutti tacciono, ammutoliscono; il rimorso li invade e, se qualche insulto si sforzano di lanciarti, questo muore sulle loro labbra.
Ma penetrando nel tuo interno, vedo che l’amore rigurgita, ti soffoca e non puoi contenerlo e, costretto dal tuo amore, che ti tormenta più delle stesse pene, con voce forte e commovente tu parli. Da quel Dio che sei, levi i morenti tuoi occhi al cielo ed esclami:
“Padre, perdona loro, ché non sanno quel che fanno!”.
E di nuovo ti chiudi nel silenzio, immerso in pene inaudite.
Crocifisso Gesù, possibile tanto amore? Ah! Dopo tante pene ed insulti, la prima parola è il perdono e ci scusi innanzi al Padre di tanti peccati. Ah! Questa parola la fai scendere in ogni cuore dopo la colpa, e sei tu il primo ad offrire il perdono. Ma quanti la respingono, e non l’accettano! Il tuo amore allora va in follie, perché tu, smaniando, vuoi dare a tutti il perdono ed il bacio di pace.
A questa tua parola l’inferno trema e ti riconosce Dio, la natura e tutti restano attoniti e riconoscono la tua Divinità, il tuo inestinguibile amore e, silenziosi, aspettano per vedere dove esso giunge.
E non è solo la tua voce, ma anche il tuo sangue, le tue piaghe, che gridano ad ogni cuore dopo il peccato: “Vieni nelle mie braccia, ché ti perdono e il suggello del perdono è il prezzo del mio sangue”.
O mio amabile Gesù, ripeti ancora questa parola a quanti peccatori stanno nel mondo. Per tutti implora misericordia, per tutti applica i meriti infiniti del tuo preziosissimo sangue, per tutti, o buon Gesù, continua a placare la divina giustizia e dà grazia a chi, trovandosi in atto di dover perdonare, non ne sente la forza.
Mio Gesù, Crocifisso adorato, in queste tre ore di amarissima agonia tu vuoi dare compimento a tutto. E mentre, silenzioso, te ne stai su questa croce, vedo che nel tuo interno vuoi soddisfare in tutto il Padre. Lo ringrazi per tutti, soddisfi tu per tutti, per tutti chiedi perdono e a tutti impetri grazia che mai più ti offendano; e per impetrare ciò dal Padre, riepiloghi tutta la tua vita, dal primo istante del tuo concepimento fino all’ultimo respiro. Mio Gesù, amore interminabile, lascia che an­ch’io riepiloghi tutta la tua vita con te, con l’inconsola­bile Mamma, con San Giovanni e con le pie donne.
Mio dolce Gesù, ti ringrazio delle tante spine che hanno trafitto la tua adorabile testa, delle gocce di sangue da questa versate, dei colpi che su di essa hai ricevuti e dei capelli che ti hanno strappato. Ti ringrazio di quanto bene hai fatto e hai impetrato a tutti, dei lumi e delle buone ispirazioni che ci hai date e di quante volte hai perdonato tutti i nostri peccati di pensieri, di superbia, di orgoglio e di propria stima.
Ti chiedo perdono a nome di tutti, o mio Gesù, di quante volte ti abbiamo coronato di spine, di quante gocce di sangue ti abbiamo fatto versare dal sacratissimo tuo capo, di quante volte non abbiamo corrisposto alle tue ispirazioni. Per tutti questi dolori da te sofferti ti prego, o buon Gesù, d’impetrarci la grazia di non commettere mai più peccati di pensieri. Intendo ancora offrirti tutto ciò che soffristi nella tua santissima testa, per darti tutta quella gloria che le creature ti avrebbero dato se avessero fatto buon uso della loro intelligenza.
Adoro, o Gesù mio, i tuoi santissimi occhi e ti ringrazio di quante lacrime e sangue han versato, per le punture crudeli delle spine, per gli insulti, le derisioni e i vilipendi sostenuti in tutta la tua passione. Ti chiedo perdono per tutti quelli che si servono della vista per offender­ti e oltraggiarti, pregandoti, per i dolori sofferti nei tuoi sacratissimi occhi, a compartirci la grazia che nessuno più ti offenda con gli sguardi cattivi. Intendo ancora offrirti tutto quello che tu stesso soffristi nei tuoi santissimi occhi, per darti tutta quella gloria che le creature ti avrebbero dato, se i loro sguardi fossero fissi solo al cie­lo, alla Divinità e a te, o mio Gesù.
Adoro le tue santissime orecchie. Ti ringrazio di quanto soffristi mentre i manigoldi sul Calvario te le assordavano con grida e scherni. Ti chiedo perdono a nome di tutti, per quanti discorsi cattivi si ascoltano, e ti prego che si aprano le orecchie di tutti gli uomini alle verità eterne, alle voci della grazia e che nessuno più ti offenda col senso dell’udito. Intendo ancora offrirti tutto ciò che soffristi nel tuo santissimo udito, per darti tutta la gloria che le creature ti avrebbero dato, se di quest’or­gano avessero fatto santo uso.
Adoro e bacio, o Gesù mio, il tuo santissimo volto e ti ringrazio di quanto soffristi, per gli sputi, schiaffi e scherni ricevuti e per quante volte ti lasciasti calpestare dai tuoi nemici. Ti domando perdono a nome di tutti, per quante volte si è avuto l’ardire d’offenderti, pregandoti per questi schiaffi e per questi sputi di far sì che da tutti venga riconosciuta, lodata, glorificata la tua Divinità. Anzi, o mio Gesù, intendo io stessa andare per tutto il mondo, dall’oriente all’occidente, da mezzogiorno a set­tentrione, unire tutte le voci delle creature e cambiarle in altrettanti atti di lode, d’amore e di adorazione. Intendo ancora, o mio Gesù, portare a te tutti i cuori delle creature, affinché in tutti tu possa gettare luce, verità, amore, compatimento alla tua divina Persona. E mentre perdonerai tutti, io ti prego di non permettere che nessuno più ti offenda, se fosse possibile anche a costo del mio sangue. Intendo infine offrirti tutto ciò che soffristi nel tuo santissimo volto, per darti tutta la gloria che le creature ti avrebbero dato, se nessuno avesse ardito offenderti.
Adoro la tua santissima bocca e ti ringrazio dei tuoi primi vagiti, di quanto latte succhiasti, di quante parole dicesti, dei baci infocati che desti alla tua santissima Madre, del cibo che prendesti, dell’amarezza del fiele e della sete ardente che soffristi sulla croce, delle preghiere che innalzasti al Padre, e ti chiedo perdono per quante mormorazioni e discorsi cattivi e mondani si fanno e per quante bestemmie pronunziano le creature. Intendo offrire i tuoi santi discorsi in riparazione dei loro discorsi non buoni, la mortificazione del tuo gusto per riparare le loro golosità e tutte le offese che ti hanno arrecato col cattivo uso della lingua. Intendo offrirti tutto ciò che soffristi nella tua santissima bocca, per darti io tutta la gloria che le creature ti avrebbero dato, se nessuna avesse ardito offenderti col senso del gusto e con l’abuso della lingua.
O Gesù, di tutto ti ringrazio e, a nome di tutti, t’in­nalzo l’inno di un ringraziamento eterno, infinito. Intendo, o mio Gesù, offrirti tutto ciò che hai sofferto nella tua santissima persona, per darti tutta la gloria che ti avrebbero dato tutte le creature, se avessero uniformata la loro vita alla tua.
Ti ringrazio, o Gesù, per quanto hai sofferto nelle tue santissime spalle, per quanti colpi hai ricevuti, per quan­te piaghe ti sei lasciato aprire sul tuo sacratissimo corpo e per quante gocce di sangue hai versato. Ti chiedo perdono a nome di tutti, per quante volte per amore delle comodità ti hanno offeso con piaceri illeciti e non buoni. Ti offro la tua dolorosa flagellazione per riparare tutti i peccati commessi con tutti i sensi, l’amore ai propri gusti, ai piaceri sensibili, al proprio io, a tutte le soddisfazioni naturali, e intendo pure offrirti tutto ciò che hai sofferto nelle tue spalle, per darti tutta la gloria che le creature ti avrebbero dato, se in tutto avessero cercato di piacere a te solo e di rifugiarsi all’ombra della tua divina protezione.
Gesù mio, bacio il tuo piede sinistro. Ti ringrazio di quanti passi facesti nella tua vita mortale e di quante volte stancasti le tue povere membra per andare in cerca di anime da condurre al tuo cuore. Ti offro perciò, o mio Gesù, tutte le mie azioni, passi e movimenti, con l’in­tenzione di darti riparazione per tutto e per tutti. Ti chie­do perdono per quelli che non operano con retta intenzione. Unisco le mie azioni alle tue per divinizzarle, e le offro unite a tutte le opere che facesti con la tua santissima umanità, per darti tutta la gloria che ti avrebbero dato le creature, se avessero operato santamente e con fini retti.
Ti bacio, o Gesù mio, il piede destro e ti ringrazio di quanto hai sofferto e soffri per me, specialmente in que­st’ora che sei pendente dalla croce. Ti ringrazio per lo straziante lavorio che fanno i chiodi nelle tue piaghe, le quali si squarciano sempre più al peso del tuo sacratissimo corpo. Ti chiedo perdono di tutte le ribellioni e disobbedienze che commettono le creature, offrendoti i dolori dei tuoi santissimi piedi in riparazione di queste offese, per darti tutta la gloria che le creature ti avrebbero dato, se in tutto fossero state soggette a te.
O mio Gesù, bacio la tua santissima mano sinistra. Ti ringrazio di quanto hai sofferto per me, di quante volte hai placata la divina giustizia, soddisfacendo per tutti. Bacio la tua mano destra e ti ringrazio di quanto bene hai operato e operi per tutti; in modo speciale ti ringrazio delle opere della creazione, della redenzione e della santificazione. Ti chiedo perdono a nome di tutti di quante volte siamo stati ingrati ai tuoi benefici, delle tante nostre opere fatte senza retta intenzione. In riparazione di tutte queste offese, intendo offrirti tutta la perfezione e santità delle tue opere, per darti tutta quella gloria che le creature ti avrebbero dato, se avessero corrisposto a tutti questi benefizi.
O Gesù mio, bacio il tuo sacratissimo cuore e ti ringrazio di quanto hai sofferto, desiderato e zelato per amor di tutti e per ognuno in particolare. Ti chiedo perdono di tanti desideri cattivi, affetti e tendenze non buone. Perdono, o Gesù, per tanti che pospongono il tuo amore all’amore delle creature, e per darti tutta la gloria che queste ti hanno negato, ti offro tutto ciò che ha fatto e continua a fare il tuo adorabilissimo cuore.
Riflessioni e Pratiche
Gesù innalzato in croce, resta sospeso senza toccare la terra. E noi, cerchiamo di vivere distaccati dal mondo, dalle creature e da quanto sa di terra? Tutto deve concorrere a formare la croce sulla quale dobbiamo disten­derci e rimanere sospesi come Gesù, lontani da tutto ciò che è terra, affinché le creature non si attacchino a noi.
Il penante Gesù non ha altro letto che la croce, altro refrigerio che le piaghe e gli insulti. Ed il nostro amore giunge a tanto per Gesù, da trovare riposo nel patire? Tutto ciò che facciamo, preghiere, sofferenze ed altro, rinchiudiamolo in quelle piaghe, intingiamolo nel sangue di Gesù, e non troveremo conforto che nelle sue pene. Sicché le piaghe di Gesù saranno le nostre, il suo sangue lavorerà continuamente in noi per lavarci ed abbellirci, e così attingeremo qualunque grazia per noi e per la salvezza delle anime. Col deposito del sangue di Gesù nel nostro cuore, se commetteremo qualche mancanza, pregheremo Gesù che non ci tenga imbrattati alla sua presenza ma col suo sangue ci lavi e ci tenga insieme con lui. Se ci sentiremo deboli, pregheremo Gesù che dia un sorso del suo sangue all’anima nostra, affinché ci dia la forza.
Il dolce Gesù prega per i suoi carnefici, anzi li scusa. E noi, facciamo nostra la preghiera di Gesù, per scusare continuamente i peccatori innanzi al Padre e per impetrare loro misericordia, anche per quelli che ci offendessero?
Mentre preghiamo, operiamo, camminiamo, non dimentichiamo pure le povere anime che stanno per dare l’ultimo anelito. Portiamo loro in aiuto e conforto le pre­ghiere e i baci di Gesù, perché il suo preziosissimo sangue le purifichi e faccia loro prendere il volo verso il cielo.
*
Mio Gesù, dalle tue piaghe, dal tuo sangue, voglio at­tingere la forza di poter ripetere in me la tua stessa vita, e così potrò impetrare a tutti il bene che facesti tu stesso.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Confitto Amor mio, mentre con te prego, la forza rapitrice del tuo amore e delle tue pene mantiene fisso il mio sguardo su di te, ma il cuore mi si spezza nel vederti tanto soffrire. Tu spasimi d’amore e di dolore e le fiamme che bruciano il tuo cuore si elevano tanto in alto, che stanno in atto d’incenerirti. Il tuo amore contenu­to è più forte della stessa morte, e tu, volendolo sfogare, guardando il ladrone alla tua destra, lo rubi all’inferno. Con la tua grazia gli tocchi il cuore e quel ladro è tutto mutato, ti riconosce, ti confessa per Dio, e tutto contrito dice:
“Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno”.
E tu non esiti a rispondergli:
“Oggi sarai con me in paradiso”.
E così ne fai il primo trionfo del tuo amore. Ma nel tuo amore vedo che non è al solo ladrone che rubi il cuore, ma anche a tanti morenti. Ah! Tu metti a loro disposizione il tuo sangue, il tuo amore, i tuoi meriti ed usi tutti gli artifizi e stratagemmi divini per toccare i loro cuori e rubarli tutti a te. Ma anche qui il tuo amore è contrastato. Quante ripulse, quante sconfidenze, quante disperazioni! È tanto il dolore, che di nuovo ti riduce al silenzio.
Intendo, o mio Gesù, riparare per quelli che disperano della divina misericordia in punto di morte. Dolce Amor mio, ispira a tutti fiducia e confidenza illimitata in te, specialmente a quelli che si trovano fra le strette del­l’agonia, e in virtù di questa tua parola, concedi loro luce, forza e aiuto per poter morire santamente e volare da questa terra al cielo. Nel tuo santissimo corpo, nel tuo sangue, nelle tue piaghe, tutte, tutte contieni le anime, o Gesù. Per i meriti dunque di questo tuo preziosissimo sangue, non permettere che anche un’anima sola vada perduta. Il tuo sangue gridi ancora per tutte, insieme con la tua voce: “Oggi sarete con me in paradiso”.
Mio Gesù, Crocifisso straziato, le tue pene aumentano sempre di più. Ah, su questa croce tu sei il vero re dei dolori! Fra tante pene, nessun’anima ti sfugge, anzi dai a ciascuna la tua propria vita. Ma il tuo amore si vede contrastato dalle creature, disprezzato, non curato, e, non potendo sfogare, si fa più intenso, ti dà torture indicibili. In queste torture va investigando che altro può dare all’uomo per vincerlo, e ti fa dire:
“Vedi, o anima, quanto ti ho amato! Se non vuoi aver pietà di te stessa, abbi pietà almeno del mio amore!”.
Intanto, vedendo che non hai più che dargli, avendogli dato tutto, volgi il tuo languido sguardo alla tua Mamma. Anch’essa è più che morente per le tue pene, ed è tanto l’amore che la tortura, che la rende crocifissa al par di te. Madre e Figlio vi intendete, e tu sospiri con soddisfazione e ti conforti nel vedere che puoi dare alla creatura la tua Mamma. E, considerando in Giovanni tutto il genere umano, con voce così tenera da intenerire tutti i cuori, dici:
“Donna, ecco il tuo figlio”,
ed a Giovanni:
“Ecco la Madre tua”.
La tua voce scende nel suo cuore materno, ed unita alle voci del tuo sangue continua a dire:
“Madre mia, ti affido tutti i miei figli; tutto l’amore che senti per me, sentilo per loro. Tutte le tue premure e tenerezze materne siano per i miei figli, tu me li salverai tutti”.
La tua Mamma accetta. Intanto le pene sono così forti che ti riducono di nuovo al silenzio.
Intendo, o mio Gesù, riparare le offese che si fanno alla Santissima Vergine, le bestemmie e le ingratitudini di tanti che non vogliono riconoscere i benefizi che tu hai fatto a tutti, dandocela per Madre.
Come possiamo noi ringraziarti di tanto benefizio? Ricorriamo, o Gesù, alla tua stessa fonte e ti offriamo il tuo sangue, le tue piaghe, l’amore infinito del tuo cuore. O Vergine Santissima, quale non è la tua commozione nell’udire la voce del buon Gesù che ti lascia a noi tutti per Madre.
Te ne ringraziamo, o Vergine benedetta, e, per ringraziarti come meriti, ti offriamo gli stessi ringraziamenti del tuo Gesù. O dolce Mamma, sii tu la nostra Madre, prendi cura di noi e non permettere mai che ti offendiamo anche menomamente. Tienici sempre stretti a Gesù, con le tue mani legaci tutti, tutti a lui, in modo da non potergli sfuggire più mai. Con le tue stesse intenzioni, intendo per tutti riparare le offese che si fanno al tuo Gesù ed a te, dolce Mamma mia.
O mio Gesù, mentre te ne stai immerso in tante pene, tu perori maggiormente la causa della salvezza delle anime. Io però non me ne starò indifferente, ma come colomba voglio spiccare il mio volo sulle tue piaghe, baciarle, lenirle e tuffarmi nel tuo sangue, per poter dire con te: Anime! Anime! Voglio sostenere il tuo capo trafitto e addolorato per ripararti e chiederti misericordia, amore e perdono per tutti.
Regna nella mia mente, o mio Gesù, e risanala in vir­tù delle spine che trafiggono la tua testa, e non permettere che turbazione alcuna entri in me. Fronte maestosa del mio Gesù, ti bacio: attira tutti i miei pensieri a contemplarti, a comprenderti.
Occhi dolcissimi del mio Bene, quantunque coperti di sangue, guardatemi: guardate la mia miseria, guardate la mia debolezza, guardate il povero mio cuore e fate che possa provare gli effetti mirabili del vostro sguardo divino.
Orecchi del mio Gesù, sebbene assordati dagli insulti e dalle bestemmie degli empi, ma pure intenti ad ascoltarci, deh! ascoltate le mie preghiere e non disdegnate le mie riparazioni. Sì, ascolta, o Gesù, il grido del mio cuore: allora si calmerà quando me lo avrai riempito del tuo amore.
Volto bellissimo del mio Gesù, mostrati, fa che io ti veda, affinché da tutti e da tutto possa staccare il mio povero cuore. La tua bellezza m’innamori continuamen­te e mi tenga sempre rapita in te.
Bocca soavissima del mio Gesù, parlami. Risuoni sempre la tua voce in me e la potenza della tua parola distrugga tutto ciò che non è Volontà di Dio, che non è amore.
O Gesù, stendo le mie braccia al tuo collo per abbracciarti, e tu, stendimi le tue per abbracciarmi. Deh! fa, o mio Bene, che sia tanto stretto questo amplesso d’amo­re, che nessuna forza umana possa svincolarci. E così abbracciati, io poggerò il mio volto sul tuo cuore, e poi con fiducia bacerò le tue labbra, e tu mi darai il tuo bacio di amore. Così mi farai respirare il tuo alito dolcissi­mo, il tuo amore, il tuo Volere, le tue pene e tutta la tua vita divina.
Spalle santissime del mio Gesù, sempre forti e costanti nel patire per amor mio, date a me fortezza, costanza ed eroismo nel patire per amor suo. O Gesù, non permettere che io sia incostante nell’amore, anzi fammi parte della tua immutabilità.
Petto infiammato del mio Gesù, dammi le tue fiamme; tu non puoi più contenerle, ed il mio cuore con ansia le cerca attraverso quel sangue e quelle piaghe. Sono le fiamme del tuo amore, o Gesù, che più ti tormentano. O mio Bene, fammene parte. Non ti muove a compassione un’anima così fredda e povera del tuo amore?
Mani santissime del mio Gesù, voi che avete creato il cielo e la terra, già siete ridotte a non potervi più muovere. O mio Gesù, continua la tua creazione, la creazione dell’amore. Crea in tutto il mio essere vita nuova, vi­ta divina. Pronunzia le tue parole sul povero mio cuore e trasformalo tutto nel tuo.
Piedi santissimi del mio Gesù, non mi lasciate mai so­la, fate che io corra sempre con voi e che io non faccia un sol passo da voi lontano. Gesù, col mio amore e con le mie riparazioni, intendo ristorarti delle pene che tu soffri nei tuoi santissimi piedi.
O mio Gesù crocifisso, adoro il sangue tuo preziosissimo. Bacio una per una le tue piaghe, intendendo profondere in esse tutto il mio amore, le mie adorazioni, le riparazioni più sentite. Sia il tuo sangue per tutte le anime, luce nelle tenebre, conforto nelle pene, forza nella debolezza, perdono nella colpa, aiuto nelle tentazioni, difesa nei pericoli, sostegno in morte e ali per trasportarle da questa terra al cielo.
O Gesù, a te vengo, e nel tuo cuore faccio il mio nido e la mia dimora. Da dentro il tuo cuore, o mio dolce Amore, chiamerò tutti a te; e se qualcuno vorrà avvicinarsi per offenderti, io esporrò il mio petto e non permetterò che ti ferisca, anzi lo chiuderò nel tuo cuore, parlerò del tuo amore e farò convertire le offese in amore.
O Gesù, non permettere ch’io esca giammai dal tuo cuore, alimentami con le tue fiamme, dammi vita con la tua vita, per poterti amare come tu stesso brami essere amato.
Penante Gesù, mentre stretta al tuo cuore io mi sto abbandonata, numerando le tue pene, vedo che un tremito convulso invade la tua santissima umanità; le tue membra si dibattono come se uno si volesse distaccare dall’altro, e tra i contorcimenti per gli atroci spasimi, tu gridi forte:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
A questo grido tutti tremano, le tenebre si fanno più fitte, la impietrita Mamma impallidisce e sviene. Mia Vita, mio Tutto, mio Gesù, che vedo? Ah!, tu sei vicino a morire. Le stesse pene tanto a te fedeli, stanno per lasciarti. Ed intanto, dopo tanto patire, con immenso dolore, vedi le anime non tutte incorporate in te, anzi scorgi che molte andranno perdute, e senti la dolorosa separazione di esse che si distaccano dalle tue membra. E tu, dovendo soddisfare la divina giustizia anche per loro, senti la morte di ciascuna e le stesse pene che soffriranno nell’inferno, e gridi forte a tutti i cuori:
“Non mi abbandonate; se volete più pene sono pronto, ma non vi separate dalla mia umanità. Questo è il do­lore dei dolori, è la morte delle morti. Tutto il resto mi sarebbe nulla, se non subissi la vostra separazione da me. Deh! Pietà del mio sangue, delle mie piaghe, della mia morte. Questo grido sarà continuo ai vostri cuori: deh! Non mi abbandonate!”.
Amor mio, quanto mi dolgo insieme con te! Tu affanni, la tua santissima testa cade già sul tuo petto, la vita ti abbandona.
Mio Amore, mi sento morire. Anch’io voglio gridare con te, Anime! Anime! Non mi distaccherò da questa croce, da queste piaghe, per chiederti anime, e se tu vuoi, scenderò nei cuori delle creature, li circonderò del­le tue pene affinché non mi sfuggano. E se mi fosse possibile, mi vorrei mettere sulla porta dell’inferno, per fare indietreggiare le anime ivi destinate e condurle al tuo cuore.
Ma tu agonizzi e taci, ed io piango la tua vicina morte. O mio Gesù, ti compatisco, stringo il tuo cuore forte al mio, lo bacio e lo guardo con tutta la tenerezza di cui son capace. E per darti un sollievo maggiore, faccio mia la tenerezza divina, e con questa intendo compatirti, cambiare il mio cuore in fiume di dolcezza e versarlo nel tuo, per raddolcire l’amarezza che provi per la perdita delle anime. È doloroso purtroppo questo tuo grido, o mio Gesù; più che l’abbandono del Padre, è la perdita delle anime che si allontanano da te, che fa sfuggire dal tuo cuore questo doloroso lamento. O mio Gesù, aumen­ta in tutti la grazia, affinché nessuno si perda, e sia la mia riparazione a pro di quelle anime che si dovrebbero perdere, perché non vadano perdute.
Ti prego ancora, o mio Gesù, per questo estremo abbandono, di dare aiuto a tante anime amanti, che per averle compagne nel tuo abbandono, par che le privi di te, lasciandole nelle tenebre. Siano o Gesù, le pene di queste come preci che chiamino le anime a te vicino e ti sollevino nel tuo dolore.
Riflessioni e Pratiche
Gesù perdona il buon ladrone, e con tanto amore, che subito se lo porta con sé in paradiso. E noi, preghiamo sempre per le anime dei tanti morenti che hanno bisogno di una prece, perché si chiuda loro l’inferno e si aprano le porte del cielo?
Le pene di Gesù sulla croce crescono, ma, dimentico di sé stesso, prega sempre per noi. Non lascia nulla per sé e dà tutto a noi, fin la sua Santissima Madre, facendo­ne dono, il più caro che avesse il suo cuore. E noi, diamo tutto a Gesù?
In tutto ciò che facciamo, preghiere, azioni ed altro, mettiamo sempre l’intenzione di assorbire nuovo amore in noi, per poter poi ridare tutto a lui? Dobbiamo assorbirlo per darlo, affinché tutto ciò che facciamo porti l’impronta dell’operato di Gesù.
Quando il Signore ci dona fervore, luce, amore, ce ne serviamo a bene degli altri? Cerchiamo di rinchiudere le anime in questa luce e in questo fervore per premurare il cuore di Gesù a convertirle? Oppure, egoisti, ci teniamo per noi soli le sue grazie?
*
O mio Gesù, ogni piccola scintilla d’amore che sento nel mio cuore diventi un incendio che consumi tutti i cuori delle creature e le rinchiuda nel tuo cuore.
Che uso facciamo del gran dono che ci fece della sua Mamma? Facciamo nostro l’amore di Gesù, le tenerezze di Gesù e tutto ciò che faceva Gesù, per rendere conten­ta la Mamma sua? Possiamo dire che la nostra divina Madre trova in noi il contento che trovava in Gesù? Stiamo sempre a Lei vicini come figli fedeli, l’ubbidia­mo, imitiamo le sue virtù? Cerchiamo tutti i modi per non sfuggire al suo sguardo materno, affinché ci tenga sempre stretti a Gesù? In tutto ciò che facciamo, chiamiamo gli sguardi della Madre celeste a guidarci, per poter agire santamente, da veri figli, sotto il suo pietoso sguardo? E per poterle dare il contento come glielo dava il Figlio suo, chiediamo a Gesù tutto l’amore che portava alla sua santissima Madre, la gloria che le dava continuamente, la tenerezza e tutte le sue finezze d’amore. Tutto ciò, facciamolo nostro e diciamo alla celeste Mamma:
“Abbiamo in noi Gesù, e per renderti contenta e per poter trovare in noi ciò che trovavi in Gesù, diamo tutto a te. Inoltre Mamma bella, vogliamo ancor noi dare a Gesù tutti i contenti che trovava in te; perciò vogliamo entrare nel tuo cuore e prendere il tuo amore, tutti i tuoi contenti, tutte le tue tenerezze e premure materne, per darli tutti a lui”.
*
Mamma nostra, le tue mani materne siano le dolci ca­tene che ci tengano legati a te e a Gesù.
Gesù non si risparmia in nulla. Amandoci con amore sommo, vorrebbe salvarci tutti e, se fosse possibile, vorrebbe strappare dall’inferno tutte le anime, anche a subirne tutte le pene. Ciò non pertanto vede che a via di sforzi le anime vogliono svincolarsi dalle sue braccia e, non potendo contenere il suo dolore, esclama:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
E noi, possiamo dire che il nostro amore verso le ani­me è simile a quello di Gesù? Le nostre preghiere, le no­stre pene, tutti i nostri più piccoli atti sono uniti agli atti, alle preghiere di Gesù, per strappare anime dall’infer­no? Come compatiamo Gesù in questo suo immenso do­lore? Se la nostra vita si potesse consumare in olocau­sto continuo, non sarebbe bastante a compatire questo dolore. Ogni piccolo atto, pena, pensiero che facciamo uniti a Gesù, può servire a strappare anime perché non cadano nell’inferno. Uniti con Gesù avremo nelle nostre mani il suo stesso potere. Se invece non faremo i nostri atti uniti con lui, essi non serviranno a impedire che neppure un’anima sola vada all’inferno.
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Amor mio e mio tutto, tienimi stretta al tuo cuore, affinché senta subito quanto il peccatore ti addolora nel distaccarsi da te, e così poter far subito la mia parte.
O mio Gesù, il tuo amore leghi il mio cuore, affinché, bruciato dal tuo fuoco, possa sentire l’amore che tu stesso avesti per le anime.
Quando soffro dolori, pene, amarezze, allora, o Gesù, sfoga la tua giustizia su di me, e prendi la soddisfazione che vuoi, ma il peccatore, o Gesù, sia salvo, e le mie pe­ne siano vincolo che leghino te e il peccatore, e la mia anima abbia la consolazione di vedere la tua giustizia soddisfatta.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
O mio Crocifisso moribondo, abbracciata alla croce, sento il fuoco che brucia tutta la tua santissima persona; il cuore ti batte sì forte che, sollevandoti le costole, ti tormenta in modo sì straziante e orribile, che tutta la tua santissima umanità subisce una trasformazione da renderti irriconoscibile. L’amore da cui è avvampato il tuo cuore tutto ti dissecca e brucia; e tu, non potendo contenerlo, senti forte il tormento, non solo della sete corporale, per lo spargimento di tutto il tuo sangue, ma molto più della sete ardente della salute delle anime nostre. Tu, come acqua vorresti beverci per metterci tutti in salvo dentro di te. Perciò raccogliendo le tue affievolite forze, gridi:
“Ho sete!”.
Ah! Questa voce la ripeti ad ogni cuore:
“Ho sete della tua volontà, dei tuoi affetti, dei tuoi desideri, del tuo amore; acqua più fresca e dolce non puoi darmi che la tua anima. Deh, non farmi bruciare! Ho se­te ardente, per cui non solo mi sento bruciare la lingua e la gola, tanto che non posso più articolare parola, ma mi sento anche disseccare il cuore e le viscere. Pietà della mia sete, pietà!”. E come delirante per la gran sete, ti abbandoni alla Volontà del Padre.
Ah! Il mio cuore non può più vivere nel vedere l’em­pietà dei tuoi nemici che, invece di acqua, ti danno fiele e aceto, e tu non li rifiuti. Ah! Comprendo: è il fiele di tante colpe, è l’aceto delle nostre passioni non domate che vogliono darti e che, invece di ristorarti, ti bruciano di più.
O mio Gesù, ecco il mio cuore, i miei pensieri, i miei affetti, ecco tutto il mio essere, affinché ti disseti e dia un ristoro alla tua bocca arsa ed amareggiata. Tutto quello che ho, tutto quello che sono, tutto è per te, o mio Gesù. Se fossero necessarie le mie pene per poter salvare anche una sola anima, eccomi, io son pronta a tutto soffrire: a te io mi offro interamente, fa di me ciò che a te meglio piacerà.
Intendo riparare il dolore che tu soffri per tutte le ani­me che si perdono e la pena che ti danno quelle, alle quali, mentre tu permetti le tristezze, gli abbandoni, esse invece di offrirli a te, come ristoro alla cocente sete che ti divora, si abbandonano a se stesse e così ti fanno penare di più.
Morente mio Bene, il mare interminabile delle tue pe­ne, il fuoco che ti consuma e più che tutto il Volere Supremo del Padre, che vuole che tu muoia, non ci fanno più sperare che tu possa continuare a vivere. Ed io, come potrò vivere senza di te? Già le forze ti mancano, gli occhi si velano, il volto si trasforma e si copre di pallore mortale, la bocca è semiaperta, il respiro affannoso ed interrotto, tanto che non vi è più speranza che ti possa rianimare. Al fuoco che ti brucia, sottentra un gelo ed un sudore freddo che ti bagna la fronte. I muscoli e i nervi si contraggono sempre di più per l’acerbità dei dolori e per le trafitture dei chiodi, le piaghe si squarciano ancora; ed io tremo, mi sento morire. Ti guardo, o mio Bene, e vedo scendere dai tuoi occhi le ultime lacrime, foriere della vicina morte, mentre a stento fai sentire ancora una parola:
“Tutto è consumato!”.
O mio Gesù, già tutto hai esaurito, altro non ti resta, l’amore è giunto al suo termine. Ed io, mi son consuma­ta tutta del tuo amore? Qual ringraziamento non dovrò io renderti, qual non dovrà essere la mia gratitudine per te?
O mio Gesù, intendo riparare per tutti, riparare le incorrispondenze al tuo amore, e consolarti degli affronti che ricevi dalle creature mentre ti stai consumando d’amore sulla croce.
Mio Crocifisso spirante Gesù, già stai per dare gli ultimi aneliti della vita mortale, la tua santissima umanità è già irrigidita, il cuore sembra che più non ti batte.
Con la Maddalena mi abbraccio ai tuoi piedi, e vorrei, se fosse possibile, dare la mia vita per animare la tua.
Intanto, o Gesù, vedo che riapri i tuoi occhi moribondi e guardi intorno alla croce, come se volessi dare l’ul­timo addio a tutti. Guardi la tua morente Mamma che non ha più moto e voce, tante sono le pene che sente, e dici:
“Addio, Mamma, Io parto, ma ti terrò nel mio cuore; tu abbi cura dei miei e dei tuoi figli”.
Guardi la piangente Maddalena, il fido Giovanni, e con i tuoi sguardi dici loro:
“Addio”.
Con amore guardi gli stessi tuoi nemici, e con i tuoi sguardi dici loro:
“Io vi perdono, vi do il bacio di pace”.
Al tuo sguardo niente sfugge, da tutti ti licenzi e perdoni a tutti. Poi raccogli tutte le tue forze e con voce for­te e tonante gridi:
“Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!”.
E chinato il capo, spiri...
Mio Gesù, a questo grido la natura tutta si sconvolge e piange la tua morte, la morte del suo Creatore. La terra trema forte e, col suo tremito, par che pianga e voglia scuotere gli animi a riconoscerti per vero Dio. Il velo del tempio si squarcia, i morti risorgono, il sole, che fin ora ha pianto le tue pene, ha ritirata con orrore la sua luce. I tuoi nemici a questo grido s’inginocchiano, si percuotono il petto e dicono:
“Veramente costui è il Figlio di Dio!”.
E la tua Madre, impietrita e morente, soffre pene più dure della morte.
Morto mio Gesù, con questo grido tu metti anche noi tutti nelle mani del Padre, perché non ci rigetti. Perciò gridi forte non solo con la voce, ma con tutte le tue pene e con le voci del tuo sangue:
“Padre, nelle tue mani metto il mio spirito e tutte le anime!”.
Mio Gesù, anch’io mi abbandono in te; dammi grazia di morire tutta nel tuo amore, nel tuo Volere, e ti prego di non permettere mai, né in vita né in morte, ch’io esca dalla tua Santissima Volontà.
Intendo intanto riparare per tutti quelli che non si abbandonano perfettamente alla tua Santissima Volontà, perdendo così o menomando il prezioso frutto della tua redenzione. Qual non è il dolore del tuo cuore, o mio Gesù, nel vedere tante creature che sfuggono dalle tue braccia e si abbandonano a se stesse! Pietà per tutti, o mio Gesù, pietà per me!
Bacio la tua testa coronata di spine e ti chiedo perdono di tanti miei pensieri di superbia, di ambizione e di propria stima. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà un pensiero che non sia tutto per te, o Gesù, e mi troverò nelle occasioni di offenderti, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù, bacio i tuoi begli occhi, bagnati ancora di lacrime e coperti di sangue aggrumito, e ti chiedo perdono di quante volte ti offesi con gli sguardi cattivi e immodesti. Ti prometto che ogni qual volta i miei occhi saran­no portati a guardare cose di terra, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù mio, bacio le tue sacratissime orecchie, assordate fin negli ultimi momenti da insulti e orribili bestemmie, e ti chiedo perdono di quante volte ho ascolta­to o ho fatto ascoltare discorsi che ci allontanano da te, di tanti discorsi cattivi che si fanno dalle creature. Ti prometto che ogni qual volta mi troverò nell’occasione di udire discorsi che non convengono, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù mio, bacio il tuo santissimo volto, pallido, livido e sanguinante, e ti domando perdono dei tanti disprezzi, affronti e insulti che ricevi da noi, vilissime creature, coi nostri peccati. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà la tentazione di non dare a te tutta la gloria, l’amore e l’adorazione a te dovuta, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù mio, bacio la tua sacratissima bocca, arsa e amareggiata. Ti chiedo perdono di quante volte ti ho offeso coi miei discorsi cattivi, di quante volte ho concorso ad amareggiarti e ad accrescere la tua sete. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà il pensiero di far discorsi che potrebbero offenderti, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù mio, bacio il tuo santissimo collo, e vedo ancora i segni delle catene e delle funi che ti hanno oppresso. Ti domando perdono di tanti legami e di tanti at­taccamenti delle creature che hanno accresciuto funi e catene al tuo sacratissimo collo. E ti prometto che ogni qual volta mi sentirò turbata da attaccamenti, desideri e affetti che non saranno per te, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
Gesù mio, bacio le tue santissime spalle e ti chiedo perdono di tante illecite soddisfazioni, perdono di tanti peccati commessi con tutti i cinque sensi del nostro corpo. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà il pensiero di prendermi qualche piacere o soddisfazione che non sia per la tua gloria, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
Gesù mio, bacio il santissimo petto e ti chiedo perdono di tante freddezze, indifferenze, tiepidezze e ingratitudini orrende che ricevi dalle creature. Ti prometto che ogni qual volta mi sentirò raffreddare nel tuo amore, gri­derò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
Gesù mio, bacio le tue sacratissime mani. Ti chiedo perdono di tutte le opere cattive e indifferenti, di tanti atti malignati dall’amor proprio e dalla propria stima. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà il pensiero di non operare per il solo tuo amore, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O mio Gesù, bacio i tuoi santissimi piedi e ti domando perdono di tanti passi, di tante vie battute senza la retta intenzione, per tanti che si allontanano da te per an­dare in cerca dei piaceri della terra. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà il pensiero di scostarmi da te, griderò subito: “Gesù e Maria, vi raccomando l’anima mia”.
O Gesù, bacio il tuo sacratissimo cuore, ed in esso con l’anima mia intendo chiudervi tutte le anime da te redente, perché tutte siano salve, nessuna esclusa. O Ge­sù, serrami nel tuo cuore e chiudimi in modo le porte, che io non abbia a vedere altro che te. Ti prometto che ogni qual volta mi verrà il pensiero di voler uscire da questo cuore, io griderò subito: “Gesù e Maria, a voi do­no il cuore e l’anima mia”.
Riflessioni e Pratiche
Gesù brucia dalla sete. E noi, bruciamo d’amore per Gesù? I nostri pensieri, i nostri affetti hanno sempre il fine di ristorare la sua sete ardente?
L’assetato Gesù, non potendo sostenere la sete che lo brucia, soggiunge: “Tutto è consumato!”. Gesù dunque si è consumato tutto per noi. E noi, in ogni cosa, ci sforziamo di essere una continua consumazione d’amore per Gesù? Ogni atto, parola e pensiero portavano Gesù verso la consumazione; ed ogni nostro atto, parola, pensiero ci spingono a consumarci per amore di Gesù?
*
O Gesù, dolce mia vita, il tuo alito consumato soffi sempre nel mio povero cuore per poter ricevere l’im­pronta della tua consumazione.
Gesù sulla croce compie in tutto la Volontà del Padre e spira con un atto perfetto d’abbandono nella sua Santissima Volontà. E noi, compiamo in tutto la Volontà di Dio? Ci abbandoniamo perfettamente nel suo Volere, senza guardare se ci viene bene o male, contenti solo di trovarci abbandonati nelle sue braccia santissime? Il morire a noi stessi è continuo per amore di Gesù? Possiamo dire che pur vivendo non viviamo, che siamo morti a tutto per vivere solo non della nostra vita ma della vita di Gesù? Cioè tutto ciò che facciamo, che pen­siamo, che desideriamo, che amiamo, richiama in noi il vivere di Gesù, per far morire la nostra parola, il nostro passo, il nostro desiderio, il nostro pensiero, tutto, in Gesù?
*
O mio Gesù, la mia morte sia una morte continua per amor tuo, ed ogni morte che subisco sia una vita che intendo dare a tutte le anime.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
O mio Gesù, già sei morto. Ed io, stando nel tuo cuore, comincio già a godere i copiosi frutti della tua redenzione. I più increduli si piegano riverenti innanzi a te, percuotendosi il petto, e ciò che non fecero innanzi al tuo corpo vivente, lo fanno adesso innanzi al tuo corpo esanime. La natura si scuote, il sole si oscura, la terra freme, gli elementi si risentono e pare che prendono par­te alla tua morte dolorosissima. Gli angeli, presi da ammirazione e da amore, a mille a mille scendono dal cielo, ti adorano, ti rendono il tributo della riconoscenza e ti confermano vero nostro Dio. O mio Gesù, anch’io unisco le mie adorazioni alle loro, ti offro la mia gratitudine e tutto l’amore del mio povero cuore.
Vedo che il tuo amore non è ancora pago, e per darci un segno ancora più certo, permetti che un soldato si av­vicini a te e con una lanciata ti squarci il cuore, facen­doti versare le ultime stille di sangue ed acqua ivi ancora racchiuse. O mio Gesù, non permetterai che questa lancia ferisca anche il cuore mio? Ah, sì! Questa sia la lancia che ferisca i miei desideri, i miei pensieri, i miei palpiti, la mia volontà e che mi dia il tuo Volere, i tuoi pensieri e tutta la tua vita di amore e di immolazione.
Cuore del mio Gesù, squarciato da questa lancia, sii tu un lavacro per tutte le anime, un rifugio per tutti i cuori, un riposo per tutti gli affranti. È da questa ferita che tu fai uscire la Chiesa, tua diletta sposa, da qui i sacramenti, da qui la vita delle anime. Ed io, insieme alla tua Santissima Madre, crudelmente ferita nel cuore, intendo riparare le offese, gli abusi e le profanazioni che vengono fatte contro la tua Chiesa. In virtù di questa ferita e di Maria Santissima, nostra dolcissima Madre, ti prego di chiudere tutti nel tuo amabilissimo cuore, e di proteggere, difendere ed illuminare i reggitori della tua Chiesa.
O mio Gesù, dopo la tua morte straziante e dolorosissima, pare che io non dovrei più avere vita propria, ma la mia vita la devo ritrovare in questo cuore ferito. Sicché qualunque cosa starò per fare, l’attingerò sempre da questo cuore divino. Non darò più vita ai miei pensieri, ma se vita vorranno prenderò i tuoi. Non più avrà vita il mio volere, ma se vita vorrà prenderò la tua Santissima Volontà. Non più avrà vita il mio amore, ma se vita vorrà prenderò per vita il tuo amore. O mio Gesù, tutta la tua Volontà è mia; questa è Volontà tua, questo è il mio volere.
Mio Gesù, l’ultima prova del tuo amore ce l’hai data: il tuo cuore è squarciato. Altro non ti resta da fare per noi. Ed ecco che già si dispongono a deporti dalla croce. Ed io, dopo aver deposto tutto in te, esco fuori e, insieme ai tuoi cari discepoli, voglio togliere i chiodi dai tuoi santissimi piedi e [dalle tue santissime] mani, e mentre io schiodo te, tu inchiodami tutta in te.
Mio Gesù, la prima a riceverti nel suo grembo, dopo che sei stato deposto dalla croce, è la Madre tua addolorata, e fra le sue braccia il tuo capo trafitto dolcemente riposa. O dolce Mamma, non disdegnare di avermi in tua compagnia, affinché insieme a te anch’io possa prestare gli ultimi uffici al mio amato Gesù.
Madre mia dolcissima, è vero che tu mi superi nel­l’amore e nella delicatezza nel toccare il mio Gesù, ma io cercherò di imitarti nel miglior modo possibile, per compiacere in tutto l’adorabile Gesù.
Perciò metto insieme alle tue santissime mani le mie, ed estraggo tutte le spine che gli circondano la sua testa adorata, con l’intenzione di unire alle tue profonde adorazioni le mie.
Celeste Mamma, già avvicini le mani agli occhi del mio Gesù, che un giorno davano luce a tutto il mondo ed ora sono oscurati e spenti, per toglierne il sangue aggrumito. O Mamma, a te mi unisco; baciamoli insieme e profondamente adoriamoli.
Vedo le orecchie del mio Gesù intrise di sangue, peste dagli schiaffi e lacerate dalle spine. O Mamma, profondiamo le nostre adorazioni su quelle orecchie che più non odono e che pure hanno tanto sofferto per richiamare tante anime sorde ed ostinate alle voci della grazia.
O dolce Mamma, vedo il tuo volto doloroso e lacrimoso nel mirare il volto dell’adorato Gesù. Unisco il mio dolore al tuo. Togliamogli insieme il fango e gli sputi che l’hanno così deformato e adoriamo quel volto di maestà divina che innamorava cielo e terra e che ora non dà più segno di vita.
O dolce Mamma, baciamo insieme la sua bocca, quella bocca divina, che con la soavità della sua parola tante anime ha attirato al suo cuore. O Mamma, con la tua stessa bocca intendo baciare quelle labbra livide ed insanguinate, e profondamente le adoro.
O dolce Mamma mia, insieme a te voglio baciare e ri­baciare il corpo adorabile del mio Gesù, ridotto tutto una piaga. Metto le mie mani nelle tue per rinsaldare quei pezzi di carne pendenti da esso, e profondamente adoriamolo.
O Madre, baciamo quelle mani creatrici, che tanti prodigi hanno fatto per noi, quelle mani traforate, contorte, già irrigidite dalla morte. Racchiudiamo in queste sacrosante ferite la sorte di tutte le anime. Gesù, risorgendo, le troverà qui messe da te e nessuna andrà perduta. O Mamma, adoriamo insieme queste profonde ferite, a nome di tutti ed insieme con tutti.
O celeste Mamma, vedo che ti avvicini a baciare i piedi del povero Gesù. Quanto sono strazianti queste ferite! I chiodi hanno portato via parte della carne e della pelle, ed il peso del santissimo corpo li ha orribilmente squarciati. Baciamoli insieme, adoriamoli profondamen­te; rinchiudiamo in queste ferite tutti i passi dei peccatori, affinché camminando, sentano i passi di Gesù che li segue da vicino, e non ardiscano di offenderlo.
Vedo, o dolce Mamma, che volgi lo sguardo al cuore dell’adorato Gesù. Che faremo in questo cuore? Tu me lo insegnerai, Mamma; mi seppellirai in esso, mi chiuderai e mi suggellerai con la lapide e, depositando qui dentro, il mio cuore e la mia vita, rimarrò nascosta sino all’eternità. Dammi il tuo amore, o Mamma, per amare Gesù, dammi il tuo dolore per supplicare per tutti e per riparare qualsiasi offesa che si farà a questo cuore.
Ricordati, o Mamma, che, come seppellirai Gesù, con le tue stesse mani voglio essere seppellita anch’io con lui, per poter risorgere con lui e con tutto ciò che è suo.
E ora, una parola per te, dolce Mamma mia. Ti compatisco assai e con tutta l’effusione del mio povero cuore. Vorrei riunire tutti i palpiti, tutti i desideri, tutte le vite delle creature e prostrarle innanzi a te nell’atto più fervente di compassione e di amore. Ti compatisco nel­l’estremo dolore che hai sofferto nel vedere Gesù morto, coronato di spine, straziato dai flagelli e dai chiodi; nel vedere quegli occhi che più non ti guardano, quelle orecchie che non ascoltano più la tua voce, quella bocca che più non ti parla, quelle mani che più non ti abbracciano, quei piedi che mai ti lasciavano e che anche da lontano seguivano sempre i tuoi passi. Voglio offrirti il cuore dello stesso Gesù, traboccante d’amore, per compatirti come meriti e per dare un sollievo ai tuoi acerbissimi dolori.
Riflessioni e Pratiche
Gesù, dopo la sua morte, volle che per nostro amore fosse ferito da una lancia. E noi, ci facciamo ferire in tutto dall’amore di Gesù? Oppure ci facciamo ferire dal­l’amore delle creature, dai piaceri e dall’attaccamento a noi stessi? Anche le freddezze, le oscurità, le mortificazioni interne ed esterne sono ferite che il Signore fa al­l’anima. Se non le prendiamo dalle mani di Dio, ci feria­mo da noi stessi, e le nostre ferite accrescono le passioni, le debolezze, la propria stima e, in una parola, ogni male. Invece se le prendiamo come ferite fatte da Gesù, in queste ferite egli ci metterà il suo amore, le sue virtù, la sua somiglianza, che ci faranno meritare i suoi baci, le sue carezze e tutti gli stratagemmi d’un amore divino. Queste ferite saranno voci continue che lo chiameranno e lo costringeranno a dimorare con noi continuamente.
*
O mio Gesù, la tua lancia sia la mia guardia che mi difenda da qualunque ferita delle creature.
Gesù si fa deporre dalla croce nelle braccia della Mamma. E noi, deponiamo nelle mani della nostra Mamma tutti i nostri timori, i nostri dubbi, le nostre ansie? Gesù riposò nel grembo della divina Madre. E noi, facciamo riposare Gesù, allontanando i nostri timori, le nostre agitazioni?
*
Mamma mia, con le tue mani materne togli dal mio cuore tutto ciò che possa impedire che Gesù riposi in me.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)
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(Preghiera di Preparazione, pagina 19)
Dolente Mamma mia, vedo che ti disponi all’ultimo sacrificio di dover dare sepoltura al tuo morto Figlio Ge­sù. Rassegnatissima al Volere del cielo, lo accompagni e, con le tue stesse mani, lo deponi nel sepolcro. Ma, mentre componi quelle membra e fai per dargli l’ultimo addio e l’ultimo bacio, per il dolore ti senti strappare il cuore dal petto. L’amore t’inchioda su quelle membra, e per forza d’amore e di dolore la tua vita sta per spegnersi insieme col tuo estinto Figlio.
Povera Mamma, come farai senza Gesù? È la tua Vita, il tuo Tutto. Eppure è il Volere dell’Eterno che così vuole. Dovrai combattere con due potenze insormontabili: l’amore e il Volere Divino. L’amore ti inchioda, in modo da non poter separarti; il Volere Divino si impone e vuole il sacrificio. Povera Mamma, come farai? Quan­to ti compatisco! Deh! Angeli del cielo, venite a sollevarla dalle membra irrigidite di Gesù, altrimenti morirà.
Oh, portento! Mentre pareva estinta insieme con Gesù, sento la sua voce tremante ed interrotta dai singhiozzi, che dice:
“Figlio, amato Figlio, era questo l’unico sollievo che mi restava e che dimezzava le mie pene: la tua santissima umanità, sfogarmi su queste piaghe, adorarle, baciarle. Ora, anche questo mi viene tolto, perché il Voler Divino così vuole, ed io mi rassegno. Ma sappi, o Figlio, che lo voglio e non posso. Al solo pensiero di farlo mi mancano le forze e la vita mi sfugge. Deh! Permettimi, o Figlio, per poter avere vita e forza di separarmi, che rimanga sepolta tutta in te e che prenda per me la tua vita, le tue pene, le tue riparazioni e tutto ciò che sei tu. Ah! Solo uno scambio di vita tra te e me può darmi forza per compiere il sacrificio di separarmi da te”.
Così decisa, afflitta Mamma mia, vedo che di nuovo passi su quelle membra e deponi nella testa di Gesù la tua. Baciandola racchiudi in essa i tuoi pensieri e prendi per te le sue spine, i suoi afflitti ed offesi pensieri e tutto ciò che ha sofferto nella sua santissima testa. Oh, come vorresti animare l’intelligenza di Gesù con la tua, per poter dare vita per vita! Già ti senti incominciare a rivivere coll’aver preso nella tua mente i pensieri e le spine di Gesù.
Addolorata Mamma, ti vedo baciare gli occhi spenti di Gesù e mi sento trafitta nel vedere che Gesù più non ti guarda. Quante volte quegli sguardi divini, guardandoti, ti imparadisavano e ti facevano risorgere da morte a vita! Ed ora, non vedendoti guardata, ti senti morire. Perciò negli occhi di Gesù deponi i tuoi e prendi per te i suoi, le sue lacrime ed amarezze nel vedere le offese delle creature, i tanti insulti e disprezzi.
Ma vedo, trafitta Mamma mia, che baci le sue santissime orecchie, e lo chiami e richiami, dicendo:
“Figlio mio, possibile che più non mi ascolti, tu che ad ogni mio piccolo cenno mi sentivi? Ed ora piango, ti chiamo e non mi ascolti? Ah, l’amore è il più crudele tiranno! Tu eri per me più che la mia stessa vita, ed ora dovrò sopravvivere a tanto dolore? Perciò, o Figlio, lascio il mio udito nel tuo e prendo per me ciò che ha sofferto il tuo udito santissimo, l’eco di tutte le offese che in esso risuonavano. Solo questo mi può dare vita: le tue pene, i tuoi dolori”.
E mentre dici così, è tanto il dolore e le strette al cuore, che perdi la voce e resti senza moto. Povera Mamma mia, povera Mamma mia, quanto ti compatisco! Quante morti crudeli non subisci!
Dolente Mamma, il Volere Divino si impone e ti met­te in moto. Tu guardi il suo santissimo volto, lo baci ed esclami:
“Adorato Figlio, come sei sfigurato! Ah, se l’amore non mi dicesse che sei il Figlio mio, la mia Vita, il mio Tutto, non più ti riconoscerei, tanto sei irriconoscibile! La tua natia bellezza si è trasformata in deformità, le [tue] purpuree gote sono cambiate in lividure; la luce e la grazia che emanava il tuo bel volto, che vederti e rimanere beatificata era lo stesso, si è convertita in pallore di morte, o Figlio amato. Figlio, come sei ridotto! Che brutto lavorio ha fatto il peccato sulle tue santissime membra! Ah, come la tua indivisibile Mamma vorrebbe restituirti la tua primiera bellezza! Voglio fondere il mio volto nel tuo e prendere per me il tuo, e gli schiaffi, gli sputi, i disprezzi e tutto ciò che hai sofferto nel tuo volto santissimo. Ah, Figlio, se mi vuoi viva, dammi le tue pene, altrimenti io muoio!”.
Ed è tanto il tuo dolore, che ti soffoca, ti tronca la parola e resti come estinta sul volto di Gesù. Povera Mam­ma, quanto ti compatisco! Angeli miei, venite a sollevare la Mamma mia; il suo dolore è immenso, la inonda, la soffoca e non le resta più vita né forza. Ma il Volere Divino, infrangendo queste onde, le ridà la vita.
Già sei sulla sua bocca e, baciandola, ti senti amareggiare le labbra per l’amarezza del fiele, che tanto ha amareggiato la bocca di Gesù. Singhiozzando, continui:
“Figlio mio, dì un’ultima parola alla tua Mamma. Possibile che non dovrò più ascoltare la tua voce? Tutte le parole che mi hai detto in vita, come tante frecce, mi feriscono il cuore di dolore e di amore. Ed ora, vedendo­ti muto, si rimettono in moto nel mio lacerato cuore, dandomi innumerevoli morti. Ed a viva forza vorrebbero strappare un’ultima tua parola, ma non avendola, mi straziano e mi dicono:
“Sicché non più lo ascolterai, non sentirai più il suo dolce accento, la melodia della sua parola creatrice, che tanti paradisi creava in te per quante parole diceva”. Ah! Il mio paradiso è finito e non avrò altro che amarezze. Ah, Figlio! Voglio darti la mia lingua per animare la tua. Dammi ciò che tu hai sofferto nella tua santissima bocca: l’amarezza del fiele, la tua sete ardente, le tue ripara­zioni e preghiere. Così, sentendo la tua voce per mezzo di queste, il mio dolore sarà più sopportabile e la tua Mamma potrà vivere mediante le tue pene”.
Mamma straziata, vedo che ti affretti, perché quelli che ti stanno intorno vogliono chiudere il sepolcro e, quasi di volata, prendi le mani di Gesù fra le tue, le baci, te le stringi al cuore e, deponendo le tue mani nelle sue, prendi per te i dolori e le trafitture di quelle mani santissime. Poi sorvoli sui piedi di Gesù, guardando lo strazio crudele che i chiodi hanno fatto in essi; e mentre vi deponi i tuoi, prendi per te quelle piaghe e ti offri a correre al posto di Gesù presso i peccatori, per strapparli all’in­ferno.
Angosciata Mamma, ti vedo dare l’ultimo addio al cuore trafitto di Gesù. Qui fai sosta; è l’ultimo assalto al tuo cuore materno. Te lo senti strappare dal petto per la veemenza dell’amore e del dolore e, da solo, fugge a de­porsi nel cuore sacratissimo di Gesù. E tu, vedendoti senza cuore, ti affretti a prendere nel tuo il suo cuore sacratissimo, il suo amore respinto da tante creature, i tanti suoi desideri ardenti non compiuti per le loro ingratitudini e i dolori e le trafitture di quel cuore sacratissimo, che ti terranno crocifissa per tutta la vita. E guardando la larga ferita, la baci, ne lambisci il sangue e, sentendoti la vita di Gesù, senti la forza di fare l’amara separazione. Quindi lo abbracci e permetti che la pietra sepolcrale lo rinserri.
Dolente Mamma mia, piangendo, ti prego di non per­mettere per adesso che Gesù sia tolto al nostro sguardo; aspetta che prima mi chiuda in Gesù, per prendere in me la sua vita. Se tu, che sei la Senza Macchia, la Tutta Santa, la Piena di Grazia, non puoi vivere senza Gesù, molto meno io, che sono la debolezza, la miseria, la pie­na di peccati. Come posso vivere senza Gesù? Mamma dolente, non mi lasciare sola, portami con te, ma prima deponimi tutta in Gesù, svuotami di tutto per poter mettere tutto Gesù in me, come lo hai messo in te. Incomincia da me l’ufficio materno che Gesù ti ha dato sulla croce e, facendo breccia sul tuo cuore materno la mia povertà estrema, con le tue stesse mani chiudimi tutta, tutta in Gesù.
Chiudi nella mia mente i pensieri di Gesù, affinché nessun altro pensiero entri in me. Chiudi gli occhi di Gesù nei miei, affinché mai possa sfuggire dal mio sguardo; il suo udito nel mio, onde sempre lo ascolti ed in tutto compia il suo Santissimo Volere. Deponi il suo volto nel mio, affinché mirandolo così sfigurato per amor mio, lo ami, lo compatisca e ripari; la sua lingua nella mia, onde parli, preghi ed insegni con la lingua di Gesù; le sue mani nelle mie, affinché ogni movimento che faccio ed ogni opera che compio abbia vita dalle opere e dalle azioni di Gesù. Metti i suoi piedi nei miei, affinché ogni mio passo sia per le altre creature una vita di salvezza, di forza, di zelo.
Ed ora, afflitta Mamma mia, permettimi di baciare il suo cuore e di lambire il suo preziosissimo sangue e, chiudendo tu il suo cuore nel mio, [fa che io] possa vivere del suo amore, dei suoi desideri, delle sue pene. Ed ora, prendi la destra irrigidita di Gesù, affinché mi dia l’ultima benedizione.
Ora permetti che la pietra lo rinserri. E tu, straziata, baci il sepolcro e, piangendo, gli dai l’ultimo addio e parti dal sepolcro.
Ma è tanto il tuo dolore che ora resti impietrita e ora agghiacciata. Trafitta Mamma mia, insieme con te dico addio a Gesù e, piangendo, voglio compatirti ed accompagnarti nella tua amara desolazione. Voglio mettermi al tuo fianco, per darti ad ogni tuo sospiro, affanno e dolore, una parola di conforto, uno sguardo di compassione. Raccoglierò le tue lacrime e ti sosterrò nelle mie braccia, se ti vedrò venir meno.
Ma vedo che sei costretta a ritornare a Gerusalemme dalla via donde venisti. Appena pochi passi, e già ti si fa innanzi la croce, sulla quale Gesù tanto ha sofferto ed è poi morto. Tu corri, l’abbracci e, vedendola tinta di sangue, uno per uno, si rinnovano nel tuo cuore i dolori che Gesù ha sofferto su di essa. Ma non potendo contenere il dolore, singhiozzando, esclami:
“O croce, come?! Così crudele con mio Figlio? Ah, in nulla lo hai risparmiato! Che male ti aveva fatto? Non hai permesso a me, dolente mamma, di dargli neppure un sorso d’acqua mentre lo chiedeva, e alla bocca riarsa hai dato fiele ed aceto. Il mio cuore trafitto me lo son sentito liquefare ed avrei voluto apprestare a quelle labbra il mio cuore liquefatto per dissetarlo, ma ebbi il dolore di vedermi respinta. O croce, crudele sì, ma santa, perché divinizzata e santificata dal contatto del mio Figlio! Quella crudeltà che usasti con lui, ricambiala in compassione per i miseri mortali; e per le pene che ha sofferto su di te, impetra grazia e forza alle anime che soffrono, affinché nessuna si perda per causa di tribolazioni e croci. Troppo mi costano le anime, mi costano la vita d’un Figlio‑Dio; ed io, come Corredentrice e Madre, le lego a te, o croce”.
E baciandola e ribaciandola, parti. Povera Mamma, quanto ti compatisco! Ad ogni passo ed incontro sorgono nuovi dolori che, crescendo nella loro immensità e rendendosi più amari, t’inondano, ti affogano e ad ogni istante ti senti morire. Altri passi ancora e già sei a quel punto dove stamattina lo incontrasti sotto il peso enorme della croce, sfinito, grondante sangue, con un fascio di spine sulla testa, le quali, urtando con la croce, penetravano dentro dentro, dandogli ad ogni urto dolori di mor­te. Gli sguardi di Gesù, incrociandosi coi tuoi, cercavano pietà, ma i soldati, per impedirvi questo sollievo, lo spinsero e lo fecero cadere, facendogli versare nuovo sangue. Ora tu ne vedi il terreno inzuppato, ti getti a terra e, mentre baci quel sangue, ti sento dire: “Angeli miei, venite a mettervi a guardia di questo sangue, affinché non sia calpestata e profanata nessuna goccia”.
Dolente Mamma, lascia che ti dia la mano per alzarti e sollevarti, perché vedo che agonizzi sul sangue di Gesù. Come cammini, nuovi dolori trovi; dovunque vedi tracce di sangue, ricordi i dolori di Gesù, quindi affretti il passo e ti chiudi nel cenacolo. Anch’io mi chiudo nel cenacolo, ma il mio cenacolo è il Cuore Santissimo di Gesù, e da lì voglio venire da te per tenerti compagnia in quest’ora di amara desolazione. Non mi regge il cuore di lasciarti sola in tanto dolore.
Desolata Mamma, guarda questa piccola figlia tua; sono troppo piccina, da sola né posso, né voglio vivere. Perciò prendimi sulle tue ginocchia, stringimi fra le tue braccia e fammi da mamma, perché ho bisogno di guida, di aiuto, di sostegno. Guarda la mia miseria, versa una lacrima sulle mie piaghe e, quando mi vedrai distratta, stringimi al tuo cuore materno e richiama in me la vita di Gesù.
Ma mentre ti prego, sono costretta a fermarmi, per fare attenzione ai tuoi acerbi dolori. Mi sento trafiggere nel vedere che, come muovi la testa, ti senti penetrare le spine che hai preso da Gesù, le punture di tutti i nostri peccati di pensiero che, penetrandoti fin negli occhi, ti fanno piangere lacrime miste a sangue. Mentre piangi, avendo nei tuoi occhi la vista di Gesù, innanzi alla tua vista passano tutte le offese delle creature. Oh, come ne resti amareggiata! Come comprendi ciò che ha sofferto Gesù, avendo in te le sue stesse pene!
Ma un dolore non aspetta l’altro. Come tendi l’orec­chio, ti senti assordare dall’eco delle voci delle creature; ciascuna varietà di voce di creatura ti penetra dalle orecchie al cuore, trafiggendolo, e tu ripeti il tuo ritornello: “Figlio, come hai sofferto!”.
Desolata Mamma, quanto ti compatisco! Permettimi che ti rasciughi il volto bagnato di lacrime e di sangue. Ma mi sento indietreggiare nel vederlo tutto coperto di lividure, irriconoscibile e pallido, d’un pallore mortale. Comprendo: sono i maltrattamenti di Gesù che hai preso su di te, che ti fanno soffrire tanto che, come muovi le labbra per pregare o per emettere sospiri dal tuo infuocato petto, ti senti l’alito amaro e le labbra bruciate dalla sete di Gesù.
Povera Mamma mia, quanto ti compatisco! I tuoi dolori crescono sempre di più, e pare che si diano la mano fra di loro. Prendendo le tue mani nelle mie, le vedo trafitte dai chiodi. È in queste stesse mani che senti il dolore e vedi gli omicidi, i tradimenti, i sacrilegi e tutte le opere cattive che ripetono i colpi, allargando le piaghe ed inasprendole sempre più.
Quanto ti compatisco! Tu sei la vera Mamma crocifissa, tanto che nemmeno i piedi restano senza chiodi, anzi, non solo te li senti inchiodare, ma come strappare da tanti passi iniqui e dalle anime che vanno all’inferno, e tu corri appresso a loro, affinché non cadano nelle fiamme infernali.
Ma non è ancora tutto, trafitta Mamma. Tutte le tue pene, riunendosi insieme, fanno eco nel tuo cuore e te lo trafiggono, non con sette spade, ma con mille e mille spade, molto più che, avendo in te il cuore divino di Gesù, che contiene tutti i cuori e nel cui palpito ravvolge i palpiti di tutti, come palpita dice: Anime! Amore! E tu, dal palpito Anime!, nel tuo palpito ti senti scorrere tutti i peccati e ti senti dare morte, e nel palpito Amore!, ti senti dare vita; sicché stai in continuo atto di morte e di vita.
Mamma crocifissa, guardandoti, compatisco i tuoi do­lori, sono inenarrabili. Vorrei trasformare il mio essere in lingua e voce per compatirti, ma innanzi a tanto dolore il mio compatimento è nulla. Perciò chiamo gli angeli e la Trinità Sacrosanta, e prego loro che mettano intorno a te le loro armonie, i loro contenti e la loro bellezza, per raddolcire e compatire i tuoi intensi dolori; che ti sostengano fra le loro braccia e ti ricambino in amore tutte le tue pene.
Ed ora, desolata Mamma, grazie a nome di tutti, per tutto ciò che hai sofferto; e ti prego, per questa tua amara desolazione, di venirmi ad assistere nel momento del­la mia morte: quando la mia povera anima si troverà so­la ed abbandonata da tutti, in mezzo a mille ansie e timori, vieni tu allora a ridarmi la compagnia che tante volte ti ho fatto in vita. Vieni ad assistermi, mettiti al mio fianco e mettimi in fuga il nemico. Lava l’anima mia con le tue lacrime, coprimi col sangue di Gesù, vestimi coi suoi meriti, abbelliscimi e risanami coi tuoi do­lori e con tutte le pene e le opere di Gesù, ed in virtù di esse, fa scomparire tutti i miei peccati, dandomi il totale perdono. E nello spirare, ricevimi fra le tue braccia, met­timi sotto il tuo manto, nascondimi allo sguardo del nemico, portami di volata al cielo e mettimi nelle braccia di Gesù. Così restiamo intesi, cara Mamma mia!
Ed ora ti prego di ridare la compagnia che ti ho fatto oggi a tutti gli agonizzanti. Fa a tutti da mamma. Sono momenti estremi e ci vogliono grandi aiuti, perciò non negare a nessuno il tuo ufficio materno.
Un’ultima parola mentre ti lascio: ti prego di chiuder­mi nel Cuore Sacratissimo di Gesù; e tu, dolente Mamma mia, fammi da sentinella, affinché Gesù non mi met­ta fuori dal suo cuore ed io, anche a volerlo, non ne possa uscire. Ti bacio la mano materna e tu benedicimi.
Riflessioni e Pratiche
Gesù viene sepolto, una pietra lo rinserra ed impedisce alla Mamma che più rimiri il Figlio. E noi, ci nascondiamo agli sguardi delle creature? Siamo indifferen­ti se tutti ci dimenticano? Nelle cose sante, rimaniamo indifferenti, con quella santa indifferenza che non ci fa trasgredire nulla? Nell’abbandono totale di Gesù, vinciamo tutto con una santa indifferenza che ci porta continuamente a lui? E con la nostra costanza, gli formiamo dolce catena per attirarlo a noi? Il nostro sguardo è sepolto nello sguardo di Gesù, in modo che non guardiamo altro, se non ciò che vuole Gesù? La nostra voce è sepolta nella voce di Gesù, in modo che, se vogliamo parlare, non parliamo che con la lingua di Gesù? I nostri passi sono sepolti nei suoi, in modo che, come camminiamo, resti l’impronta non dei nostri, ma dei passi di Gesù? E il nostro cuore è sepolto nel suo, per poter amare e desiderare come ama e desidera il suo cuore?
*
Mamma mia, quando Gesù, per il bene della mia ani­ma, a me si nasconde, dammi la grazia che avesti tu nel­la privazione di lui, affinché io gli possa dare tutta la gloria che tu gli desti quando egli fu deposto nel sepolcro.
O Gesù, ti voglio pregare con la tua voce; e come la tua voce penetrava i cieli e si ripercuoteva nelle voci di tutti, così la mia, facendo onore alla tua stessa voce, penetri fin nei cieli per darti la gloria e l’amore della tua stessa parola.
Mio Gesù, il mio cuore palpita, ma non son contenta se non mi fai palpitare col tuo, e così, col tuo palpito amerò come ami tu. Ti darò l’amore di tutte le creature, ed uno sarà il grido: Amore! Amore!
O mio Gesù, fa onore a te stesso, e in tutto ciò che faccio, metti l’impronta del tuo stesso potere, del tuo amore e della tua gloria.
Nos cum Prole pia, benedicat Virgo Maria.
(Preghiera di Ringraziamento, pagina 20)






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La vera risurrezione
Dal Volume 36 del 20 aprile 1938  (3)
[Luisa dice:]
Dopo ciò, continuavo il mio giro in tutto ciò che fece Nostro Signore sulla terra e mi son fermata nell’atto della resurrezione. Che trionfo! Che gloria! Il cielo si riversò sulla terra per essere spettatore di una gloria sì grande, ed il mio amato Gesù ha ripreso il suo dire:
“Figlia mia, nella mia resurrezione, veniva costituito il diritto di risorgere in me a novella vita tutte le creature. Era la conferma, il suggello di tutta la mia vita, delle mie opere, delle mie parole; e se venni in terra fu per darmi a tutti ed a ciascuno come vita che loro appartenesse. La mia resurrezione era il trionfo di tutti e la nuova conquista che tutti facevano da colui che era morto per tutti, per dar loro vita e farli risorgere nella mia stessa resurrezione.
Ma vuoi sapere dove consiste la vera resurrezione della creatura? Non alla fine dei giorni, ma mentre vive ancora sulla terra. Chi vive nella mia volontà, essa risorge alla luce e può dire: “La mia notte è finita”. Risorge nell’amore del suo Creatore in modo che non esiste per lei più il freddo, le nevi, ma sente il  sorriso della primavera celeste. Risorge alla santità, la quale mette a precipitosa fuga le debolezze, le miserie, le passioni. Risorge a tutto ciò che è cielo; e se guarda la terra, il cielo, il sole, li guarda per trovare le opere del suo Creatore, per avere occasione di narrargli la sua gloria e la sua lunga storia d’amore.
Perciò chi vive nel mio Volere, può dire come disse l’angelo alle pie donne quando andavano al sepolcro: “È risorto, non è più qui”. Chi vive nel mio Volere può dire lo stesso: “La mia volontà non è più con me, è risorta nel Fiat”; e se le circostanze della vita, le occasioni, le pene circondano la creatura, come cercando la sua volontà, può rispondere: “La mia volontà è risorta, non l’ho più in mio potere, ho in cambio la Divina Volontà, e con la sua luce voglio investire tutto ciò che mi circonda: circostanze, pene, per formarne tante conquiste divine”.
Chi vive nel nostro Volere trova la vita negli atti del suo Gesù, e corre sempre in essa la nostra Volontà operante, conquistante e trionfante, e ci dà tale gloria che il cielo non può contenerla. Quindi vivi sempre nel nostro Volere, non uscirne giammai, se vuoi essere il nostro trionfo e la nostra gloria”.






[1] Qui Luisa si riferisce a se stessa, ad una intera esistenza di sessantaquattro anni, passata in un letto circondato da una tendina, come in una prigione, soffrendo nel suo ufficio di vittima insieme con Gesù, e come Gesù nel tabernacolo.
[2] Sia fatta la tua Volontà
[3] Amico, perché sei venuto?
[4] Figlia, perché sei venuta?
[5] Io Sono
[6] minare (tardo latino): spingere
[7] Ecco l’Uomo
[8] Toglilo, toglilo!
[9] Sia crocifisso!
[10] Ti tormenta
[11] Luisa premette a quest’Ora la seguente preghiera: “Gesù, Mamma mia, ve­nite insieme con me a scrivere, prestatemi le vostre santissime mani, affinché possa scrivere ciò che piace a voi e solo ciò che voi volete”.
[12] Dopo aver pubblicato la prima edizione di queste Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, Luisa scrisse all’ormai Beato Annibale Maria Di Francia (essendo lui il responsabile degli scritti), avvisandolo che si sentiva spinta ad aggiungere qualche altra cosa in mezzo alla detta Ora. Ed ecco come si esprime in una sua lettera:
“Nell’Ora della Crocifissione, quasi alla fine...dove si dice che Gesù, mentre stava sulla croce, la sua anima era nei cieli col suo divin Padre, io lo seguo col pensiero fin nel cielo e cerco insieme con lui di disarmare la divina giustizia in questi tempi tanto irritata; e in questo esercizio v’impiego una mezz’ora circa. Parmi che Gesù Signor mio mi spinga a scrivere un tale esercizio...”.
Ed ecco che essa spiega l’aggiunta in questi termini:
“In quest’Ora, Gesù sulla croce, riepiloga tutta la sua vita, dal primo istante del suo concepimento fino all’ultimo suo anelito, dà compimento a tutto, ringraziando il divin Padre per tutto il bene che ha fatto a tutte le creature e anche delle stesse sue sofferenze. Lo glorifica, implora, ripara, in una parola compie tutto insieme ciò che aveva fatto nella sua vita.
Ora l’anima, facendo eco a tutto ciò che fa Gesù, incomincia anch’essa, dal primo istante in cui Gesù fu concepito fino all’ultimo istante di vita, a ringraziarlo di ciò che ha fatto. E siccome l’ingratitudine della creatura generalmente è tanta, e più che mai si mostra ingrata nel ricever i benefici, e mai ringrazia il Signore, l’anima cerca anch’essa di fare un tutto completo. Ecco la ragione per cui si ripete in quest’Ora tutta la vita di Gesù Cristo e si cerca di riunire tutte le specie di riparazioni.
Fra tante anime, non vi potrà essere qualcuna che vorrà mostrare questo eroismo di amore a Gesù?”
[13]In un’altra lettera, del 7 ottobre 1915, seguita a dire:
“Lo scopo di tale Ora è quello di disarmare la divina giustizia. Se nelle altre Ore si ripara, si benedice e si chiede perdono ecc., con questa la si disarma e la si placa, e l’anima, elevandosi tra il cielo e la terra, proprio come fece Gesù Cristo, guarda cioè la divina giustizia e cerca di placarla, guarda la creatura e cerca di ricondurla al suo seno, mettendo proprio in atto ciò che fa Gesù. Ed è tanto il compiacimento divino che egli l’aspetta quasi con ansia, perché si sente come rinfrancato che una creatura, elevandosi dalla terra, ha tutto l’interesse di salvare i propri fratelli; e, mentre la sua giustizia si accende, cerca un rifugio, un riparo in quest’anima che, volendo far sue le sue pene e le stesse anime, lo invita e lo costringe a non distruggere la povera umanità”.

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